Seppure a distanza, collegato via web, il presidente Zelensky ha cercato di toccare le corde care agli inglesi citando i passi del discorso di Churchill durante la seconda guerra mondiale- «Combatteremo nelle foreste, nei campi, sulle spiagge e per le strade» – per scagliarsi poi sulla eccessiva freddezza – dal suo punto di vista – della Nato, ribadendo ancora una volta la richiesta di una no fly zone (già scongiurata da un po’ tutto il mondo occidentale, in quanto significherebbe porsi su un crinale molto pericoloso).
Zelensky ha sottolineato di aver compreso che «alleanze» come la Nato «non funzionano» alla luce del rifiuto di imporre una no fly zone sull’Ucraina. Alcune ore prima, in un’intervista all’Abc, aveva dichiarato di «aver raffreddato molto tempo fa» il suo entusiasmo per un’adesione alla Nato «dopo aver capito che la Nato non è pronta ad accettare l’Ucraina, quest’alleanza ha paura delle controversie, ha paura di uno scontro con la Russia».
«Non abbiamo mai voluto essere un Paese che prega in ginocchio per qualcosa, non saremo quel Paese e non voglio essere quel presidente», ha dichiarato sottolineando però la sua disponibilità discutere con Mosca degli status di Crimea e Donbass. Un possibile viatico verso un nuovo round di trattative, magari mediato da Francia e Germania con l’ausilio della Cina, considerando che nel pomeriggio di ieri c’è stato un incontro virtuale tra Berlino Parigi e Pechino, durante il quale il presidente cinese Xi Jinping ha esplicitato che «La Cina apprezza gli sforzi di Francia e Germania per mediare ed è disposta a mantenere la comunicazione e il coordinamento con Francia Germania e Ue e a svolgere un ruolo attivo con la comunità internazionale secondo le esigenze di tutte le parti interessate. (…) La Cina ha presentato un’iniziativa in sei punti sulla situazione umanitaria in Ucraina ed è disposta a fornire ulteriori aiuti umanitari al paese».
Disponibilità cinese tutta da verificare ma che segna un lieve avanzamento di Pechino sulla crisi. A mettere in forse un’ipotesi di negoziato vero, però, è quanto accade sul territorio ucraino. I corridoi umanitari sono stati garantiti solo in alcune zone del paese (Sumy, Kiev) in mattinata mentre a Mariupol la denuncia di parte ucraina è la medesima dei giorni scorsi: i colpi di mortaio mettono a repentaglio l’evacuazione di una popolazione ormai stremata da giorni di combattimenti intensi.
Ma in generale – secondo il ministero degli esteri ucraino – i russi hanno violato il cessate il fuoco tra Zaporizhzhia, dove c’è la centrale nucleare più grande d’Europa, e Mariupol, bombardando i civili in fuga. Ci sarebbero almeno 300mila persone in «ostaggio» a Mariupol, dove ieri un bambino sarebbe morto di disidratazione.
A Sumy – come riporta l’agenzia ucraina Unian – l’evacuazione dei civili sarebbe stata interrotta «a causa dei bombardamenti dei carri armati nemici. Tutte le auto in uscita vengono rimandate indietro così come e le persone che tentavano di lasciare la città a piedi».
Sempre da fonti ucraine risulterebbe che a Sumy – prima dell’apertura del corridoio – sarebbero rimaste uccise almeno 21 persone, di cui due bambini. Evacuazioni erano previste anche da Chernihiv e Kharkiv. Da quest’ultima però il sindaco ha denunciato: «Siamo vittime di un genocidio, qui non c’è nessun corridoio umanitario».
Un nuovo allarme è arrivato dal dottor Hans Kluge, direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità in Europa, che ha descritto l’invasione dell’Ucraina come «una grave catastrofe umanitaria». Kluge a Bbc ha riferito che l’Oms ha attualmente tre priorità: ottenere forniture mediche salvavita nelle aree colpite – soprattutto ossigeno, ma anche kit per traumi e assistenza sanitaria essenziale come trattamenti per il diabete e le malattie cardiache -, rafforzare i sistemi sanitari nei paesi confinanti, dove il numero dei rifugiati continua a crescere, e aprire un centro operativo dell’Oms in Ucraina. Osserviamo un sistema sanitario, ha specificato, «sotto forte pressione, e oltre i suoi confini la crisi dei rifugiati in più rapida crescita in Europa da oltre 75 anni».
Nella serata di ieri, infine, il presidente Zelensky su Twitter ha scritto di essere «Grato nei confronti degli Stati uniti e della leadership del suo Presidente per voler colpire al cuore la macchina da guerra di Putin e per aver messo al bando il petrolio, il gas e il carbone dal mercato statunitense. Incoraggiamo altri paesi e gli altri leader a fare lo stesso».
SIMONE PIERANNI
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