The Rocky Horror Picture Show. Quel sogno sulla liberazione sessuale

Il musical rock che sconvolse borghesi, conformisti e conservatori

I musical al cinema approdarono, ovviamente, con l’avvento del sonoro. Quello che viene considerato il primo film “parlato” della storia, Il cantante di jazz (1927) diretto da Alan Crosland con Al Jolson come protagonista, fu di fatto un musical. Seguirono le opere di Ernst Lubitsch con Maurice Chevalier e Jeannette MacDonald, i balli Fred Astaire e Ginger Rogers, il tip tap di Shirley Temple, le coreografie di Bob Fosse, ma nessuno suscitò scandalo come fecero due pellicole realizzate negli anni settanta.

1. Jesus Christ Superstar (1973) di Norman Jewison

Nel 1973 uscì Jesus Christ Superstar, tratto dal musical omonimo di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, mentre la pellicola venne diretta da Norman Jewison, già autore de La calda notte dell’ispettore Tibbs (1967) e de Il violinista sul tetto (1971). Nel film un gruppo di hippy, col pullman fermo nel deserto, mette in scena, tra rovine e impalcature, alcuni eposodi della vita di Gesù (Ted Neeley) narrati dall’insolita prospettiva di Giuda (Carl Anderson). Una rilettura in chiave anticonformista e pacifista della figura di Cristo che trovò, pare, il plauso di Paolo VI, ma scatenò le ire degli integralisti per cui era inconcepibile mettere in scena il figlio di Dio tra hippy, canti e balli. Indimenticabile il tema principale che diede il titolo all’opera.

Ancor più scalpore suscitò la trasposizione cinematografica di un altro musical teatrale, “The Rocky Horror Show”, divenuto sul grande schermo The Rocky Horror Picture Show.

Tutto ebbe inizio nel West End, il cuore pulsante del teatro londinese. L’idea nacque da Richard O’Brien, nome d’arte di Richard Timothy Smith (Cheltenham, 25 marzo 1942), un attore britannico cresciuto in Nuova Zelanda e rientrato in patria nel 1964. Nel 1969 aveva debuttato sul palcoscenico e sbarcava il lunario recitando in diverse rappresentazioni, su tutte “Hair” un musical rock in cui conobbe un altro giovane attore, Timothy James Curry (Warrington, 19 aprile 1946), per tutti Tim. Nell’estate del 1972 O’Brien venne notato dal regista australiano Jim Sharman (Sydney, 12 marzo 1945), curatore della “versione londinese” di “Jesus Christ Superstar”, poi replicata 3358 volte in 8 anni, che lo scritturò per una piccola parte, quella di un lebbroso.

2. Richard O’Brien nel 2008

La vera passione di O’Brien, tuttavia, era la musica e, invitato ad esibirsi ad una festa della EMI, cantò un personale omaggio alla fantascienza e ai B-Movie che tanto amava, la canzone si intitolava “Science Fiction/Double Feature”. Il brano ebbe un buon successo al punto che O’Brien decise di farlo dventare la overture per il musical che stava scrivendo nelle lunghe serate di inattività invernali.

La bozza di quel soggetto, che univa elementi horror, humor, muscoli, libido e travestitismo, inizialmente intitolato “They Came From Denton High”, venne sottoposta all’amico Sharman che decise di mettere in scena quell’improbabile lavoro teatrale, in un piccolo spazio sperimentale situato al piano superiore del Royal Court Theatre, chiamato appunto “Upstairs”. Il team creativo era completato dalla costumista Sue Blane e dal direttore musicale Richard Hartley. La rappresentazione venne prodotta da Michael White (Glasgow, 16 gennaio 1936 – Ojai, California, 7 marzo 2016), che in seguito produrrà anche Monty Python e il Sacro Graal, il primo film a soggetto del gruppo comico inglese.

Il musical di O’Brien, che nel frattempo aveva cambiato nome e su suggerimento di Sharman era diventato “The Rocky Horror Show”, raccontava le disavventure di Janet Weiss e Brad Majors, una giovane e ingenua coppia alle prese con il diabolico transessuale Frank N. Furter, che, novello barone Frankenstein, aveva creato artificialmente Rocky, il suo muscoloso amante.

3. The Rocky Horror Show a teatro

Una meravigliosa follia. Nel cast il ruolo del protagonista venne dato all’amico Tim Curry, cui si affiancarono Patricia Quinn, Nell Campbell (annunciata come Little Nell), Julie Covington e lo stesso O’Brien. L’anteprima si tenne davanti ai 63 posti a sedere dell'”Upstairs”. Era il 16 giugno del 1973. Fu un successo. Il produttore discografico Jonathan King, che aveva seguito la seconda rappresentazione, scritturò tutti per la sua etichetta, la UK Records, e iniziò a promuovere personalmente il musical. Dopo un mese “The Rocky Horror Show” venne presentato al Chelsea Classic Cinema (230 posti) quindi al King Road Theatre (500 posti).

Anche il produttore discografico americano Lou Adler aveva assistito allo show e, trentasei ore dopo, si era assicurato i diritti per una rappresentazione negli Stati Uniti. “The Rocky Horror Show” debuttò al Roxy di Los Angeles nel marzo del 1974 a vederlo anche Elvis Presley, il batterista degli Woo Keith Moon e la cantante Carole King. Tra il pubblico anche due giovani attori Susan Abigail Tomalin e Barry Knapp Bostwick.

4. una giovane e sconosciuta Susan Sarandon venne scelta come protagonista femminile

Adler, indomito, convinse la 20th Century Fox a produrne il film. Vennero ingaggiati il regista, il team creativo, cui si saggiunse Pierre La Roche, il makeup artist personale di David Bowie che curò il look dei protagonisti, e quasi tutti gli attori. Mick Jagger, leader dei Rolling Stones che pochi anni andò vicino ad interpretare Alex in Arancia meccanica di Stanley Kubrick, espresse il suo interesse per dare corpo al protagonista Frank N. Furter, ma gli venne preferito Tim Curry alla prima esperienza cinematografica. Gli unici attori teatrali a non arrivare sul grande schermo furono così Rayner Bourton che aveva interpretato Rocky; Christopher Malcolm (Aberdeen, 19 agosto 1946 – Londra, 15 febbraio 2014) e Julie Covington (Londra, 11 settembre 1947) che, nei panni di Brad Majors e Janet Weiss, vennero sostituiti dai giovani attori che avevano seguito con entusiasmo le prime statunitensi del musical, ovvero Barry Bostwick (San Mateo, 24 febbraio 1945), che superò la concorrenza di Steve Martin, e Susan Abigail Tomalin (New York, 4 ottobre 1946) che aveva assunto il cognome del marito Chris ed era ormai nota come Susan Sarandon.

Le riprese terminarono nel marzo del 1975. Per favorire il lancio del film venne allestita una grande produzione teatrale al Belasco Theater di New York. Il 14 agosto del 1975, accompagnato dal messaggio “Abbandonati al piacere assoluto”, uscì The Rocky Horror Picture Show.

5. The Rocky Horror Picture Show (1975) di Richard O’Brian e Jim Sharman

Al termine del matrimonio di due amici, Brad Majors (Barry Bostwick) chiede alla fidanzata Janet Weiss (Susan Sarandon) di sposarlo. I due, impacciati e timidi, salgono in macchina, in una notte buia e tempestosa, per comunicare la buona notizia ad un loro vecchio professore cui sono molto legati, Everett Scott (Jonathan Adams). Una ruota bucata, tuttavia, li costringe a cercare aiuto e ad entrare “a loro rischio” in un sinistro castello. Ad accoglierli un maggiordomo deforme, Riff Raff (Richard O’Brien) coadiuvato da Magenta (Patricia Quinn) e Columbia (Little Nell). Brad e Janet si trovano catapultati nella convention annuale dei Transylvani, una festa a dir poco stravagante, guidata dall’eccentrico proprietario Frank N. Furter (Tim Curry), istrionico travestito, trasgressivo e irresistibile, una versione erotica di Frankenstein, che proprio quella notte vuole presentare agli invitati Rocky (Peter Hinwood) una “creatura” alta, bionda e muscolosa. La presentazione è, tuttavia, interrotta dall’uscita dalla cella frigorifera del biker Eddie (Meatloaf), suo malgrado sottoposto a espianto di organi per dare vita a Rocky, che trova subito la morte per mano di Frank nella disperazione di Columbia innamorata del rozzo motociclista. La notte i due fidanzati vengono ingannati dal padrone di casa e iniziati al sesso senza tabù. Janet, rabbiosa perché ha visto attraverso un monitor il tradimento del suo uomo, va a letto con Rocky, perseguitato nel frattempo da Riff Raff e Magenta. Giunge al castello anche il professor Scott alla ricerca di suo nipote Eddie. A cena la terribile verità. Per sedare l’ira crescente Frank fa pietrificare i commensali per poi rianimarli e farli partecipare ad una festa carnevalesca e orgistica. Fino al pirotecnico e amaro finale che vede rilevare le vere origini di Frank, Riff Raff e Magenta: sono alieni. Alla fine il criminologo (Charles Gray), che ha narrato le vicende di Brad e Janet, pone fine alla storia, nel suo ufficio, chiudendo il fascicolo che regge in mano.

6. Richard O’Brien, Michael White e Lou Adler sul set

La proiezione di prova a Santa Barbara fu un flop clamoroso. La pellicola venne, pertanto, rimontata e presentata nuovamente nel settembre del 1975, ma il risultato non cambiò. Fu allora che Tim Deegan, un responsabile della Fox, decise di promuovere The Rocky Horror Picture Show in altro modo, ovvero distribuendolo come “film per adulti” negli spettacoli della mezzanotte. Nel primo fine settimana dell’aprile 1976 venne proiettato al Waverly Theater di New York. Questa volta fu un trionfo.

“Il più bel musical rock della storia del cinema, un sublime concentrato di cultura camp, kitch, irriverente e genialmente pop” (Mereghetti). Un cult inossidabile che uscì in Italia il 31 agosto 1975, ma non fu mai doppiato.

7. Frank N. Furter e la sua creatura Rocky

Un successo planetario che prosegue ancora oggi nei cinema e nei teatri di tutto il mondo, che vede “la partecipazione attiva ed entusiastica di un pubblico che conosce ogni singola battuta, veste gli stessi panni dei personaggi e canta insieme a loro tutte le canzoni”. Da segnalare che il giovane Russel Crowe interpretò nel 1987 sia Eddie sia il dottor Scott nella versione australiana del musical.

Tuttavia non mancarono e non mancano gli attacchi e le critiche per le scene di travestitismo e per le smaccate allusioni sessuali (chissà cosa ne pensa il pessimo ministro Lorenzo Fontana). Rex Reed, affermato critico del “The New York Observer”, scrisse che The Rocky Horror Picture Show era “solo per omosessuali”. Ronald Reagan cercò si sbarazzarsi del film. Anche la stessa Fox, sempre più repubblicana, provò a disfarsene. Fortunatamente senza successo anche perché parallelamente altri critici avevano visto nel film “un serio documento sociale”.

8. Jim Sharman sul set con Peter Hinwood

The Rocky Horror Picture Show fu una fusione perfetta tra musical, fantascienza e B-movie, in cui l’arte, la cultura del novecento e la storia del cinema sono immerse in un trionfo del kitsch della camp art. Lo scenografo Brian Thomson (Sydney, 5 gennaio 1946) era da poco stato in Italia e riempì il set di riferimenti all’arte: dalla creazione di Michelangelo alla Gioconda di Leonardo passando per il David il cui fallo venne ricostruito e ingrandito. Ma ad arricchire il set della pellicola figurano anche la Venere di Milo con una candela sul capo, il Discobolo senza testa, “La madre” di James Whistler e “American Gothic” del pittore Grant Wood.

Diverse anche le citazioni cinematografiche: dal castello perfetto per qualunque Dracula (l’Oakley Court, già utilizzato per Le spose di Dracula) ai riferimenti a Frankenstein, inclusa la pettinatura di Magenta che rimanda ad Elsa Lanchester in La moglie di Frankenstein; dall’antenna della RKO al dottor Scott bloccato su una sedia a rotelle che nei momenti di rabbia impreca in tedesco proprio come Il dottor stranamore di Kubrick.

9. “The Time Warp”

Ma se le immagini sono importanti, le musiche in un musical lo sono anche di più, tutte scritte, parole e note, da Richard O’Brien. La prima è la già citata “Science Fiction/Double Feature” che accompagna i titoli di testa del film in cui si vedono le labbra di Patricia Quinn, ma a cantare è lo stesso autore. La canzone è piena di riferimenti horror e di fantascienza da L’uomo invisibile a King Kong, da Il pianeta proibito a Flash Gordon, tutti omaggiati dall’autore. Segue “Dammit, Janet!” con l’improbabile dichiarazione di Brad a Janet, da segnalare la giovane Susan Sarandon che recita e canta con una sensualità irresistibile. I due sono protagonisti anche della successiva “Over at the Frankenstein Place” che segna l’arrivo al castello, canzone attaccata per il riferimento di Riff Raff alla morfina. Il quarto brano è il più famoso del musical e dell’album omonimo, “The Time Warp” una ballo corale, trascinante, utilizzato ancora oggi nei flash mob di tutto il mondo. In parte ispirato al ballo dei gangster del film Tirate sul pianista di François Truffaut (che influenzò anche Tatantino per Pulp Fiction), in Italia venne rifatto da Elio e le storie tese come sigla della trasmissione “Mai dire gol”.

10 “Sweet Transvestite”

Tornando al musical sulla scena giunge quindi Frank N. Furter che si presenta sulle note di “Sweet Transvestite”, “I’m just a sweet transvestite from Tras-sexual, Transylvania” (“Sono solo un dolce travestito di Trans-sexual, Transylvania”), ed è tutto dire, ma il messaggio è ancora più chiaro “Don’t judge a book by its cover” (“Non giudicare un libro dalla sua copertina”). La canzone è stata rifatta anche da Mina nell’album “Italiana”. Non meno belle le successive “The Sword of Damocles” cantata da Rocky, “I Can Make You a Man” ancora Frank e la coinvolgente “Hot Patootie” interpretata da Eddie. Dopo aver fatto l’amore con da Frank, Brad canta solitario “Once in a While” (brano poi tagliato e disponibile solo su DVD), mentre Janet si concede a Rocky a ritmo di “Touch-a, Touch-a, Touch-a Touch Me”. E dopo che il dott. Scott e Columbia hanno cantato “Eddie”, Frank tormenta la ragazza con “Planet, Schmanet, Janet” fino alle struggenti “Rose Tint My World” e “Don’t Dream It, Be It”, non sognatelo, siatelo il messaggio cantato da Frank (brano utilizzato durante l’inaugurazione dei Campionati mondiali di nuoto FINA di Roma nel 2009), “Wild And Untamed Thing” e “I’m Going Home”. Tagliata nella versione statunitense “Superheroes” cantata da Brad e Janet. I titoli di coda sono accompagnati nuovamente da “Science Fiction/Double Feature”. Da vedere il film, da ascoltare la musica.

11. Tim Curry è Pennywise nella prima trasposizione di IT

Ma che fine hanno fatto i protagonisti di quell’unicum nella storia del cinema? Tim Curry, dopo l’istrionico debutto, ha continuato a recitare per il grande schermo, da segnalare Clue (Signori, il delitto è servito, 1985) di Jonathan Lynn, The Hunt for Red October (Caccia a Ottobre Rosso, 1990) di John McTiernan al fianco di Sean Connery, The Three Musketeers (I tre moschettieri, 1993) di Stephen Herek nella parte del cardinale Richelieu. Ma soprattutto ha spaventato milioni di bambimi, e non solo, dando volto e corpo al clown Pennywise nella prima trasposizione di IT di Stephen King. Nel 2013 un violento ictus lo ha colpito costringendolo su una sedia a rotelle.

Ha meno bisogno di presentazioni Susan Sarandon che, anche dopo il divorzio avvenuto nel 1979, ha tenuto il cognome dell’ex marito, diventato ormai il suo pseudonimo. L’attrice ha collezionato interpretazioni magistrali e cinque nomination all’Oscar per Atlantic City (1980) di Louis Malle, Thelma & Louise (1991) di Ridley Scott, Lorenzo’s Oil (L’olio di Lorenzo, 1992), The Client (Il cliente, 1993) di Joel Schumacher e Dead Man Walking (1995) di Tim Robbins per il quale si aggiudicò la prestigiosa statuetta.

12. Barry Bostwick e Susan Sarandon alias Brad e Janet

Pacifista, ecologista, femminista, politicamente impegnata a sinistra, Susan Sarandon continua a lottare negli Stati Uniti di Trump. Recentemente è stata arrestata, insieme ad altre donne, per aver manifestato contro la brutale separazione dei bambini messicani dai loro genitori.

Barry Bostwick ha recitato più per il piccolo che per il grande schermo, ricoprendo oltre cinquanta ruoli incluso quello del Sindaco Randall Winston nella serie televisiva Spin city (trasmessa anche in Italia). Vinse un Tony Award per la sua interpretazione teatrale in “The Robber Bridegroom”.

13. Richard O’Brian

L’inventore di The Rocky Horror Picture Show, Richard O’Brien continua a seguire la sua “creatura” in giro per i teatri del pianeta. Per il cinema ha realizzato il sequel del suo capolavoro intitolato Shock Treatment, uscito nel 1981 ancora per la regia di Jim Sharman… purtroppo una assai modesta rivisitazione.

Meatloaf (traducibile col nostro Polpettone) nome d’arte di Michael Lee Aday (Dallas, 27 settembre 1947) continua ad esibirsi col suo rock and roll e a vincere dischi di platino. Per il cinema ha recitato in una trentina di film tra cui Fight Club (1999) al fianco di Edward Norton e Brad Pitt.

Peter Hinwood (17 maggio 1946), la muscolosa creatura di Frank che nella per la parte cantata venne doppiato dal cantante australiano Trevor White, ha abbandonato il mondo dello spettacolo e attualmente gestisce un negozio di antiquariato in Inghilterra.

14. Charles Gray, il criminologo

Laura Elisabeth “Little Nell” Campbell (Sydney, 24 maggio 1953) dopo il film venne ingaggiata dalla A&M Records per la quale incise alcuni singoli. Apparve inoltre in Shock Treatment. Nel sequel di The Rocky Horror Picture Show recitò anche Patricia Quinn (Belfast, 28 maggio 1944) che si dedicò anche al cinema, da segnalare Monty Python’s The Meaning of Life (Monty Python – Il senso della vita, 1983) e The Lords of Salem (Le streghe di Salem, 2012).

Sono purtroppo mancati Jonathan Adams (Northampton, 14 febbraio 1931 – Londra, 13 giugno 2005), il dottor Scott, apparso in alcune serie TV e Charles Gray, nome d’arte di Donald Marshall Gray (Bournemouth, 28 agosto 1928 – 7 marzo 2000), il criminologo, che, prima di “narrare” il musical, aveva recitato in due film di James Bond: You Only Live Twice (Agente 007 – Si vive solo due volte, 1967) e Diamonds Are Forever (Agente 007 – Una cascata di diamanti, 1971).

15. abbandonatevi al piacere assoluto

Tornando alla pellicola, The Rocky Horror Picture Show nel 2005 è stato inserito nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America, insieme, tra gli altri, a The cameraman (1928) di Buster Keaton. Infine nel 2016 a Fox ha prodotto un remake diretto da Kenny Ortega, The Rocky Horror Picture Show: Let’s Do the Time Warp Again con Tim Curry nella parte del narratore. Imparagonabile.

The Rocky Horror Picture Show, ad oltre quarant’anni dalla sua uscita, continua a far discutere i benpensati. Visto come una minaccia o un invito, il capolavoro di O’Brian e Sharman rimane semplicemente un bellissimo sogno sulla liberazione sessuale.

MARCO RAVERA

redazionale


Bibliografia
“The Rocky Horror Picture Show. Non sognatelo, siatelo!” di Paolo Belluso, Flavio Merkel – Gammalibri
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2017” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi

Immagini tratte da: immagine in evidenza, foto 5, 7, 9, 10,12, 14, 15 Screenshot del film The Rocky Horror Picture Show, foto 1 Screenshot del film Jesus Christ Superstar, foto 2 da it.wikimedia.org, foto 3, 4, 6, 8, 13 da pinterest.com, foto 11 Screenshot del film IT

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