In un pianeta popolato per la maggioranza da donne ci sono campi in cui queste fanno fatica ad emergere più che in altri: la politica è il caso più eclatante, ma anche il mondo del cinema non è da meno. Un esempio? A torto o a ragione i cosiddetti Oscar sono considerati il più prestigioso riconoscimento cinematografico. Sapete quante sono state le donne candidate all’Oscar per la migliore regia? Quattro, e solo una è riuscita a vincere il prestigioso premio. Nel 2010, infatti, Kathryn Bigelow si aggiudicò la preziosa statuetta alla migliore regia per il film The Hurt Locker. Prima della Bigelow altre tre registe vennero candidate all’Oscar. Nel 2004 fu nominata Sofia Coppola, figlia del regista Francis Ford Coppola, per Lost in Translation, nel 1994 toccò alla neozelandese Jane Campion per Lezioni di piano. Ma la prima donna ad essere candidata all’Oscar per la migliore regia fu l’italiana Lina Wertmüller nel 1977 per il film Pasqualino Settebellezze.
Il cinema italiano al femminile fu spesso in anticipo sui tempi. La campana Elvira Notari fu tra le prime registe donne nella storia del cinema, seconda solo alla francese Alice Guy-Blaché, ma il segno che Lina Wertmüller ha lasciato e continua a lasciare nel mondo del cinema è ancor più indelebile.
Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich nacque a Roma il 14 agosto del 1928. A 17 anni si iscrisse all’Accademia Teatrale diretta da Pietro Sharoff, quindi collaborò con importanti registi teatrali passando successivamente alla radio ed alla televisione. Fu, tra l’altro, autrice e regista della prima edizione della celebre trasmissione Canzonissima e de Il giornalino di Gian Burrasca. Debuttò sul grande schermo come aiuto regista di Federico Fellini in La dolce vita (1960) e in 8½ (1962), ma esordì dietro la macchina col film I basilischi (1963) che narra le pigre abitudini di un gruppo di giovani incapaci di staccarsi dalla provincia meridionale. La pellicola valse alla Wertmüller la Vela d’argento al Festival di Locarno.
Seguirono, tra gli altri, Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972) dove un giovane meridionale, interpretato da Giancarlo Giannini, emigra al nord per lavoro, ma cade nella rete mafiosa. La pellicola ottenne la nomination per il miglior film al Festival di Cannes del 1972, premio che venne poi assegnato ex aequo a La classe operaia va in paradiso (1971) di Elio Petri e Il caso Mattei (1972) di Francesco Rosi.
Lina Wertmüller ottenne una nomination a Cannes anche l’anno successivo per Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” (1973) ancora interpretato da Giancarlo Giannini e Mariangela Melato che saranno i protagonisti anche del successivo Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974) rifatto nel 2002 dal regista Guy Ritchie col titolo Swept Away (Travolti dal destino) e interpretato da Madonna nel ruolo che fu della Melato e da Adriano Giannini nel ruolo un tempo del padre Giancarlo.
Un paio di anni dopo, sempre con Giancarlo Giannini, Lina Wertmüller iniziò a lavorare quasi per caso ad un nuovo film. A Cinecittà lavorava un acquaiolo (o acquarolo) di nome Pasquale, per tutti Pasqualino. L’acquaiolo, un venditore ambulante di acqua da bere, girava per i set tra taniche e bicchieri di plastica ed ebbe modo di conoscere Giannini che in quegli anni si stava affermando come attore dalla grande versatilità. Un giorno il napoletano Pasqualino, che fece anche la comparsa nel già citato Mimì metallurgico ferito nell’onore, raccontò all’attore e alla regista la sua storia, un racconto agghiacciante di oltre otto ore, un racconto sulla terribile esperienza della prigionia in un campo di concentramento in Germania, un racconto sulla sopravvivenza, un racconto che mise a confronto la napoletanità verace con gli orrori del nazismo. Giannini convinse la Wertmüller e scrivere la sceneggiatura. Nacque cosi Pasqualino Settebellezze (1975).
Pasqualino Frafuso, interpretato da Giancarlo Giannini, è un “guappo” napoletano cinico e conformista, soprannominato “Settebellezze” perché ha sette sorelle brutte e grasse (anche se nella pellicola Pasqualino confessa che il soprannome deriva dal fatto che la gente non capisca come uno brutto come lui possa tanto piacere alle donne). Per difendere una delle sorelle, viene umiliato in pubblico. Decide così di lavare col sangue l’umiliazione subita e uccide “per onore”. Viene arrestato, dopo una fuga sui tetti dei quartieri spagnoli, ma evita la pena di morte avvalendosi dell’insanità mentale. Pur di uscire dal manicomio Pasqualino, alla dichiarazione di guerra, si arruola per la spedizione in Russia. Riesce a scappare anche dall’esercito insieme all’amico Francesco (Piero Di Iorio) rubando le bende ad un soldato morto, ma viene catturato dai nazisti e portato in un campo di concentramento. Per sopravvivere nel lager seduce una grassa e sadica nazista (Shirley Stoler) che lo obbliga a scegliere sei detenuti da condannare a morte e ad uccidere il suo amico Francesco. Terminata la guerra, Pasqualino torna in una Napoli devastata dalle bombe, ritrova la sua famiglia e guardandosi allo specchio, dopo aver ucciso, stuprato, tradito e fatto ogni ignominia, esclama “Si, so viv”.
Bassifondi, carcere, manicomio e lager: la storia di Pasqualino è un manuale di sopravvivenza e resistenza umana. Una commedia nera, di morte. Un pugno nello stomaco. Un gran film grazie alla regia “senza tregua” di Lina Wertmüller, alla fotografia di Tonino Delli Colli, all’interpretazione superba di Giancarlo Giannini, alle apparizioni di Fernando Rey (l’anarchico Pedro), memorabile il suo tuffo negli escrementi per morire disgustato e di Roberto Herlitzka (il deportato socialista incontrato da Pasqualino alla stazione).
Indimenticabile anche la colonna sonora curata da Enzo Jannacci. Il film, un flash back in cui si alternano la Napoli degli anni trenta e le immagini del campo di concentramento, si apre con la celeberrima “Quelli che…” su immagini di repertorio della Seconda guerra mondiale (prevalentemente di Mussolini e Hitler) e si chiude con la struggente “Tira a campà” scritta da Jannacci insieme a Lina Wertmuller e Beppe Viola. In mezzo la “Cavalcata delle valchirie” di Richard Wagner che ci porta nell’orrore del campo di concentramento (in anticipo rispetto ad Apocalypse Now diretto nel 1979 da Francis Ford Coppola).
La carriera di Lina Wertmüller, celebre per i lunghi titoli dati alle pellicole, continuò e continua tutt’ora regalandoci grandi film: La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978) ancora con Giancarlo Giannini, Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici (1978) con Sophia Loren, Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini, Io speriamo che me la cavo (1992) con Paolo Villaggio, Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica (1996) con Veronica Pivetti, Tullio Solenghi e Gene Gnocchi. Ma quel Pasqualino campione senza valore di un’italianità che attraversa intatta epoche e mode, rappresenta l’apice della carriera della regista.
Pasqualino Settebellezze ebbe un buon successo in Italia, al diciottesimo posto per gli incassi nella stagione 1975-76, e conquistò gli Stati Uniti, ribattezzato Seven Beauties, dove ottenne numerose nomination: Miglior film straniero ai Golden Globe, Migliore regia al Directors Guild of America Award, Miglior film, Migliore regia e Migliore sceneggiatura originale al New York Film Critics Circle Awards e ben 4 nomination all’Oscar: Miglior film straniero, Migliore regia, Miglior attore protagonista, Migliore sceneggiatura originale. Ma nessuna delle nomination si trasformerà in premio.
Quegli Oscar vennero assegnati a Bianco e nero a colori (La Victoire en chantant Noirs et blancs en couleur, 1976) di Jean-Jacques Annaud, a Peter Finch per l’interpretazione in Quinto potere (Network, 1976) di Sidney Lumet e a Paddy Chayefsky per la sceneggiatura dello stesso film. L’Oscar alla Miglior regia venne consegnato a John Avildsen un mediocre regista che aveva avuto il privilegio di dirigere Rocky (1976). Hollywood era ed è ancora troppo maschilista.
redazionale
Bibliografia
“Tutto a posto e niente in ordine. Vita di una regista di buonumore” di Lina Wertmüller – Mondadori
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi