Perché Comunismo e postmodernismo non possono conciliarsi?

Premesse per l'avvento di una nuova teoria filosofica (pt.1)

Vi è uno specifico motivo per cui noi s’è deciso di fare un articolo introduttivo generale sulla questione del concetto e figura di Frattale. Una ragione dovuta alla necessità di permettere la comprensione di quel sistema che noi s’esporrà ivi in una successione di articoli composto sopra proprio il concetto di Frattale applicato nelle tematiche più disparate. La teoria che ne deriva è stata da noi definita Frattalismo e riafferma il bisogno di un Sistema Filosofico complesso, ossia di una teoria che abbracci tutte le dottrine filosofiche e post-filosofiche (Sociologia, Economia, Antropologia, Etnologia, etc.) e ne promulghi l’unione nel concetto sostanziale, di fatto cancellando quel che oggi ha promosso l’avvento di tre fattori:

  1. la visione atomistica dell’uomo e la conseguente distruzione del “Noi”, dell’Unità e dell’Umanità non in quanto specie biologicamente catalogata da Linneo, ma in quanto comunione di pensieri, azioni, desideri e sentimenti;
  2. l’eclissi di tutti i sistemi filosofici che, democraticamente, nacquero partendo dal Pensiero Forte e furono poi adottati nel mondo politico fornendo gli ideali teorici alla società,

  3. l’ascesa dei relativi pensieri deboli postmoderni incapaci di proporre una funzione dialogativa persino con loro stessi.

Il postmodernismo è flagellazione

Il Pensiero Forte, per i postmoderni, è concepito come il simbolo filosofico per un lato dell’Assolutismo e del Tradizionalismo ‒e quindi in una sorta di giustificazionismo del potere sacrale del re come vertice attrattore di tutta la società verso un unico punto‒ ed al contempo, nell’altro campo, del pensiero giudaico-cristiano della Modernità ‒ergo, da tutte le correnti evolutesi dal Razionalismo e dall’Idealismo, da Cartesio a Kant e da Hegel a Comte passando per Marx‒. Si salvano in quest’ottica due filosofi: Nietzsche e Heidegger. Ne viene che il postmodernismo si ponga come atteggiamento di vita ed aspiri ad una accettazione della vita come effimera, caduca ed infarcita di errori ed al placare la violenza della società moderna. Ciò che ci fa sorridere nel continuo sentimento di frustrazione che accompagna la lettura di questo non-sistema è che nei fini ricercati si sia trasposta una teleologia ed un determinismo i quali, pur sempre volontariamente trasformata in forma passiva di non vivere. Innanzitutto bisogna esporre un dato empirico: nella Storia quando si è fatto a meno dell’Io/Noi attivo sono nate le premesse per una ragion di stato al di sopra della legge e degli uomini, è successo con Augusto, con Napoleone, coi totalitarismi e col postmodernismo, il quale non è nient’altro che il puro e raffinatissimo oppio degli accademici, un’arma ben mirata a distruggere dall’interno la Collettività, ovvero il senso di appartenenza reciproco di tutti con tutti, partendo da coloro che ne fanno speculazione filosofica e che ci lascia in un pianto sommesso trasportandoci nel fiume Stige dell’alienazione.

Il Pensiero Forte, in ultima analisi il nome in questa sede per intendere i grandi sistemi di pensiero che nel trait d’union del tema fondante pongono in essere una verità parziale rispetto al proprio spazio politico, accademico, filosofico ed al proprio tempo storico, ma questa verità parziale non si concede alla relativizzazione totale e non permette il fondamento di una pratica eutanatica a stillicidio che invece questa depressione della postmodernità ha afflitto all’Umanità.

Il postmodernismo è decadenza
Prendendo le distanze da questa corrente, avendone in seguito riconosciuto il tratto fondamentale, non possiamo che chiederci il perché oggi, comunque vi siano tanti autori, tante persone, dietro questo cristo insanguinato portato in processione. Una ipotesi maliziosa ci sovviene: che non sia che la tanto decantata finalità del postmodernismo sia soltanto un puro vittimismo in salsa (post, come tanto piace a loro) cristiana? De iure, no, ma de facto sì. La teleologia, la “deriva destinale”, a cui si appella il postmodernismo non si differenzia dalla descrizione del processo di “delegittimazione” che Nietzsche denunciava del cristianesimo. Il metodo depauperativo dell’intellezione del mondo, della capacità di concepire la realtà come in primis ente relazionato ed agente su noi, ha compiuto il suo compito: eliminare la Filosofia, in quanto ricerca, la Verità (piena o parziale), in quanto punto centripeto delle proprie affermazioni, la Volontà, in quanto capacità emancipativa dal determinismo, e raggiungere un’estasi nirvanatica del compromesso non molto differente poi da quell’etica comportamentale della moderazione aggressiva che ben s’incarna nella figura di Giulio Andreotti. In fondo, è proprio ciò il vulnus. Postmoderno vuol dire isterica rassegnazione. Tale, nella misura attuale, viene mescolata perfettamente nella pratica politica dei rossobruni, ovverosia di coloro che accettano l’unione colle forze fasciste pur essendo di Sinistra. Tale, nei dati empirici rilevabili nella Storia del Novecento, ha avuto come figli Gentile e Rohm. Ci sembra indi ovvio che la condizione di decadenza a cui ci si espone non è semplicemente pericolosa per disaffezione al pensiero, ma un’idiozia oltre ogni umana comprensione.

Questo decandetismo, questa rinascita della social-confusione che deflagra le cagioni ed gli affronti fatti al movimento comunista, permea e può proliferare solo se non si emenda dall’antistoricismo e dalla volontà di oblivione che il mostro nietzscheano postmoderno si prefigge colla sua affranta farneticazione. Costoro, dunque, danneggiano la bontà d’intento della filosofia rivoluzionaria e pongono in un abisso di esoterismo ed oscurantismo le teorizzazioni atee ed anticlericali, pongono sullo stesso piano o sfregiano il Comunismo universale ed universalistico colla grottesca difesa della patria e delle antiantropologiche fisime nazionalistiche contro l’immigrazione. Chi, credendo, seppur a fin di bene, di rinnovare l’Ideale di Uguaglianza, ha infangato il nostro nome e devia gli oppressi dalla verità, circondando di falsi confini sacri la terra. Questa pazzia è la risultante di anni di sottomissione al postmodernismo, di distruzione della memoria storica e di flagellazione dell’intelletto. Lettori, permetteteci di chiosare con una declinazione del famoso titolo di Lenin: “Rossobrunismo, malattia infantile del postmodernismo”.

Nei prossimi articoli tratteremo di: Frattalismo, Storia, Cosmologia. A presto!

GIANMARCO MEREU

redazionale

14 febbraio 2017

foto tratta da Pixabay

categorie
Filosofia

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