Il cinema arrivò in Africa già alla fine del XIX secolo. Il continente era praticamente una grande colonia dell’Europa: Francia e Gran Bretagna si spartivano la maggior parte del “continente nero”, mentre in misura minore erano presenti Italia, Germania, Portogallo, Belgio e Spagna. Il cinema era pertanto di importazione e ad uso e consumo dei bianchi colonizzatori. La cinematografia africana subsahariana iniziò a svilupparsi solo dopo la Seconda guerra mondiale e aumentò con la progressiva decolonizzazione del continente (l’Africa del nord ha una tradizione a parte, più legata al Mediterraneo e al Medio Oriente).
Il primo regista africano fu Paulin Soumanou Vieyra, nato a Porto-Novo, la capitale del Benin, ma naturalizzato senegalese. Vieyra realizzò un filmato di nove minuti, C’était il y a quatre ans (1954), come tesi di laurea conseguita presso l’Institut des hautes études cinématographiques (IDHEC) oggi divenuta La Fémis (École Nationale Supérieure des Métiers de l’Image et du Son) la principale scuola di cinema francese, che anni dopo laureò, tra gli altri, Theo Angelopoulos, Jean-Jacques Annaud, Costa-Gavras. L’anno seguente Vieyra, insieme agli studenti Mamadou Sarr e Jacques Caristan, diresse a Parigi (gli africani non erano autorizzati a girare nelle colonie francesi) il primo film diretto da un regista africano Afrique-sur-Seine (1955). Il cortometraggio racconta la vita degli studenti africani nella capitale francese, i loro incontri e nostalgia che sentono verso la loro terra d’origine.
Per la realizzazione di un film in Africa si dovette attendere il 1963 quando il senegalese Ousmane Sembène realizzò Borom Sarret che descrive la giornata lavorativa di un povero carrettiere di Dakar. Il film, presentato al Festival Internazionale di Tours del 1963, aprì le porte ad una vera e propria produzione cinematografica africana. Di Sembène (1923-2007), scrittore e regista, da segnalare anche Le mandat (1968), Camp de Thiaroye (1987), Moolaadé (2003).
Ma una nazione investì più di altre nel cinema. Nel 1969 a Ouagadougou, la capitale dell’Alto Volta, venne fondato il Festival Panafricain du Cinéma de Ouagadougou (FES.PA.C.O), tutt’ora il principale festival cinematografico in Africa, ma l’impulso decisivo si ebbe nel 1983 quando Thomas Sankara divenne Presidente del Paese. Sankara, che cambiò nome alla nazione in Burkina Faso “la terra degli uomini integri”, fu una figura rivoluzionaria e carismatica per tutti i paesi dell’Africa. Ispirato da teorie marxiste, concentrò le sue energia su una politica antimperialista e anticolonialista che nel 1987 gli costò la vita. Tra i numerosi provvedimenti sostenne e promosse il cinema, fondando tra l’altro una importante scuola, l’Institut Africain d’Etudes Cinématographiques e rivitalizzò l’Institut d’Education Cinématographique de Ouagadougou (INAFEC). In queste strutture pubbliche si formarono numerosi registi: Moustapha Dao (A nous la rue, 1987; Le neveu du peintre, 1989; L’oeuf, 1995 presentati al Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina di Milano nel 2011), Boubacar Diallo (Coeur de lion, 2008), Dani Kouyate (Keïta! L’heritage du griot, 1995), Fanta Régina Nacro (Le Truc de Konaté, 2001).
Ma due registi burkinabè lasciarono, e stanno lasciando, più di altri il segno: Gaston Kaboré autore di Wend Kuuni (1982) il secondo film prodotto in Burkina Faso che ottenne nel 1985 il Premio César per il miglior film in lingua francese e Idrissa Ouedraogo che realizzò la prima pellicola prodotta nel Paese affermandosi come uno dei più importanti registi africani di sempre.
Nato del dipartimento di Banfora il 21 gennaio 1954, Ouedraogo debuttò dietro la macchina da presa nel 1981 con Pourquoi? film muto in cui un uomo sogna di uccidere la moglie. Sempre nel 1981 girò Poko che descrive la carenza di strutture sanitarie nel suo Paese (Sankara non è ancora Presidente). La pellicola si aggiudicò il premio come Miglior cortometraggio al FES.PA.C.O. Ouedraogo continuò a raccontare il suo Paese anche nei successivi cortometraggi: Les Écuelles (1983) è incentrato sulla lavorazione delle scodelle di legno, Les Funérailles du Larle Naba (1984), diretto insieme a Pierre Rouamba, descrive le cerimonie funebri tradizionali dei “Mossi”, antico popolo del Burkina.
Dopo essersi specializzato prima alla “scuola di cinema” di Ouagadougou e poi a Kiev, Idrissa si diplomò presso il prestigioso l’IDHEC di Parigi nel 1985. Nello stesso anno realizzò Ouagadougou, Ouaga deux roues (1985) che affronta i problemi della circolazione nella capitale del Burkina Faso e Issa le tisserand (1985) in cui il tessitore richiamato nel titolo vede il proprio mestiere messo in crisi dal commercio di prodotti più scadenti.
Nel 1986 Ouedraogo continuò a raccontare l’Africa, ma con un taglio più politico. In quell’anno uscì Tenga un nuovo cortometraggio senza commento o dialoghi che descrive l’esodo rurale nel Sahel. Sullo stesso argomento realizzò il suo primo lungometraggio Yam daabo/Le Choix (La scelta, 1986) che racconta la storia di una famiglia costretta ad abbandonare il proprio villaggio a causa della siccità. Nel film Ouedraogo omaggiò la rivoluzione di Thomas Sankara e sottolineò la necessità dell’indipendenza dell’Africa dagli aiuti economici internazionali. La pellicola si aggiudicò il Prix du 7e art e il Premio come miglior musica al FES.PA.C.O.
Il cinema di Ouedraogo puntava alla modernità senza rinnegare le proprie radici culturali e lo dimostrò anche nel successivo Yaaba (1989) che narra il rapporto tra due ragazzini, Bila e Nopoko, e la vecchia Sana emarginata dagli abitanti del suo villaggio perché considerata una strega. Quando la piccola Nopoko contrae il tetano la colpa ricade ingiustamente sull’anziana che riuscirà, tuttavia, a salvare la bambina. “Una storia tribale tipicamente africana, ma valida anche per il mondo occidentale dilaniato dall’intolleranza e spesso sospettoso nei confronti degli anziani” (Mereghetti). Il film ebbe il merito di aprire la strada al cinema africano su scala internazionale.
La definitiva affermazione di Idrissa Ouedraogo avvenne con Tilaï (1990) che si aggiudicò, oltre al Grand prix del natio FES.PA.C.O, il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes nel 1990, presieduta dall’italiano Bernardo Bertolucci. La pellicola diretta “con semplicità rigorosa e cristallina” (Mereghetti) racconta la storia di Saga che, tornato al villaggio dopo due anni di assenza, trova la fidanzata Nogma sposata con il padre. L’amore si riaccende e per questo viene condannato a morte, ma il fratello Kougri, che dovrebbe eseguire la sentenza, lo lascia scappare. Tornato al villaggio per assistere la madre morente, Saga sarà giustiziato. Una tragedia africana che descrive come l’affetto fraterno e l’amore debbano sottostare alla dura legge della tradizione, non è pertanto un caso che nella lingua mooré “tilai” voglia dire “legge”.
Ad inizio anni ’90 realizzò Obi (1991) mediometraggio su una donna che lavora in miniera per mantenere i figli, A Karim na Sala (1991) in cui Ouedraogo racconta, con l’uso della commedia, l’amore di due adolescenti divisi tra campagna e città e soprattutto Samba Traoré (1993). Il protagonista richiamato nel titolo del film, grazie a una rapina ad un distributore di benzina, torna al paese di origine e si innamora della bella Tamarou divorziata e con un figlio. Il film si aggiudicò l’Orso d’argento a Berlino nel 1993.
Idrissa Ouedraogo, sempre più internazionale, l’anno seguente realizzò la sua prima opera girata prevalentemente in Europa, a Lione per la precisione, ovvero Le cri du cœur (Il grido del cuore, 1994) che descrive le difficoltà di un ragazzino di undici anni che lascia il Mali per raggiungere il padre in Francia. Il regista più che soffermarsi sul tema del razzismo, appena sfiorato, si concentra sull’odissea interiore del piccolo protagonista. La musica venne curata dal jazzista Henri Texier. Del 1994 fu anche Gorki, un cortometraggio che racconta il viaggio di un giovane dalla campagna al Festival di Ouagadougou. Il viaggio dalla campagna alla città, tema ricorrente nella filmografia del grande regista africano.
Seguirono Afrique, mon Afrique (1994) pellicola sulla piaga dell’AIDS e il film collettivo Lumière and company (1995) in cui quaranta registi omaggiano gli inventori del cinema in occasione del centenario della nascita della settima arte. L’episodio di Ouedraogo, tra i più riusciti, è “una burla irresistibile” (Mereghetti).
Nel 1997 raccontò un’amicizia maschile in Kini & Adams, quindi, Les parias du cinéma (1997) in cui con un piano fisso sul suo volto, Ouedraogo descrive il proprio percorso nel mondo del cinema. Successivamente si dedicò alla realizzazione di cortometraggi didattici destinati agli spettatori del Burkina Faso su temi che spaziano dall’AIDS alla escissione passando per la vita a Ouagadougou: Le guerrier (1997), La boutique (1997), Pour une fois (1997), Pleurs de femmes (1997), la serie televisiva Kadi jolie (1999-2001), la serie video 100 jours pour convaincre (2002).
Nel 2002 un nuovo successo internazionale. Il produttore francese Alain Brigand contattò, infatti, undici registi di nazionalità diverse per realizzare undici filmati da 11 minuti, 9 secondi e un fotogramma per registrare le diverse reazioni, all’attentato dell’11 settembre 2001. A fianco, tra gli altri, di Kean Loach e Sean Penn venne scelto Idrissa Ouedraogo. Nel suo racconto un gruppo di ragazzini di Ouagadougou vuole intascare la taglia per la cattura di Bin Laden che pensano di aver riconosciuto per le vie della città, ma la polizia non crede alle loro segnalazioni. 11 settembre 2001 (2002) era un film rischioso, il tema era tabù (in Italia è stato osteggiato) senza considerare il fatto che nessuno dei registi sapeva quello che stava girando l’altro, ma alla fine risultò essere un film bello, importante e utile per capire, come nel caso di Ouedraogo, come reagirono popoli lontani da noi, geograficamente e culturalmente.
L’anno successivo Idrissa Ouedraogo tornò al lungometraggio raccontando la lotta contro le truppe coloniali francesi dell’ultimo re indipendente del Burkina in La colère des dieux (2003). Seguirono Kato Kato (2006), l’episodio “La Mangue” del film collettivo Stories on Human Rights (2008), il cortometraggio The Birthday (2008) e Rien ne se jette (2010) che rimarrà il suo ultimo film.
Nel pomeriggio del 18 febbraio 2018, infatti, uno scarno comunicato dell’Unione nazionale dei cineasti del Burkina Faso ha annunciato la sua morte in una clinica Ouagadougou, capitale del Burkina Faso a seguito della malattia che lo aveva colpito.
Idrissa Ouedraogo, tra i primi africani ad essere nominato in Francia “Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere” (Ordre des arts et des lettres), in quasi quarant’anni di carriera ha raccontato l’Africa come mai nessuno aveva fatto, lontana dagli stereotipi di noi occidentali, lontana da quelle “immagini da cartolina” dei registi europei. Non poteva essere altrimenti per un regista formatosi negli anni di Thomas Sankara.
redazionale
Bibliografia
“Idrissa Ouedraogo réalisateur” di Olivier Barlet e Sally Laruelle (INEDITO IN ITALIA)
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi