In Italia l’industria cinematografica nacque tra il 1904 e il 1907 intorno a tre importanti case di produzione: l’Ambrosio Film, fondata a Torino nel 1904 per iniziativa di Arturo Ambrosio, la Cines Film, nata a Roma nel 1906 per volontà di Filoteo Alberini e l’Itala Film, creata nel 1907 a Torino da Giovanni Pastrone, Guglielmo Remmert e Carlo Sciamengo. Dopo aver realizzato documentari e film d’arte ispirati alla letteratura francese, a ridosso nel primo conflitto mondiale, l’industria cinematografica in Italia conquistò il primato specializzandosi in film storici: da La caduta di Troia (1911) di Giovanni Pastrone e Luigi Romano Borgnetto a Quo Vadis (1913) di Enrico Guazzoni, da Gli ultimi giorni di Pompei (1913) e Nerone e Agrippina (1913) di Mario Caserini al celeberrimo Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone, cui collaborò anche Gabriele D’Annunzio, le cui innovazioni ispirarono David Wark Griffith per il suo Intolerance (1916).
In quegli anni nacque il divismo, soprattutto al femminile, con attrici quali Francesca Bertini, Lyda e Alda Borelli, Pina Menichelli, Hesperia, Italia Almirante Manzini (zia di Giorgio Almirante), Diana Karenne, Soava Gallone, Maria Jacobini, Leda Gys, Rina De Liguoro. Il centro della produzione cinematografica italiana era Torino (proprio per questo la Mole Antonelliana ospita il Museo Nazionale del Cinema), ma anche Napoli si distingueva per importanza.
Nel capoluogo campano il cinema era arrivato già a fine Ottocento. Il 30 marzo 1896, infatti, vennero proiettati al Salone Margherita le pellicole dei fratelli Lumière. Napoli fu tra le prime realtà ad aprire locali per la proiezione dei film ed a produrre brevi cortometraggi legati alla cultura popolare.
Nacquero le prime case di distribuzione e di produzione: Gustavo Lombardo fondò nel 1904 la Lombardo Film (oggi Titanus) prima come casa di distribuzione, rendendo così noti in Italia i primi cortometraggi girati da Charlie Chaplin, poi come casa di produzione dal 1916. Nel 1909 nacque, invece, la Partenope Film diretta da Roberto Troncone divenuto celebre qualche anno prima quando realizzò, per la Fratelli Troncone & C (società gestita insieme ai fratelli Guglielmo e Vincenzo), il documentario Eruzione del Vesuvio (1906) distribuito in tutto il mondo. Ma ci fu anche una terza casa di produzione, la Dora Film, guidata da un’antidiva: Elvira Notari.
Nata a Salerno il 10 febbraio del 1875 Maria Elvira Giuseppa Coda si trasferì con la famiglia a Napoli nel 1902. Nella città partenopea conobbe e sposò Nicola Notari un ex pittore specializzato nella coloritura di pellicole fotografiche, e ne assunse il cognome. I due ebbero tre figli Edoardo, Dora e Maria. Intuendo le potenzialità del mercato cinematografico locale i coniugi, in omaggio della secondogenita tra il 1906 e il 1909, fondarono la “Dora Film Fabbrica di film per cinematografi e films parlanti” con sede in via Roma 91 a Napoli.
Se inizialmente, grazie alle competenze tecniche di Nicola, la Dora Film si occupava di stampa, di titolatura, di coloritura e di montaggio di pellicole altrui, in breve tempo, grazie all’iniziativa di Elvira, la Dora Film divenne una casa produzione cinematografica. I primi ad essere realizzati furono una serie di cortometraggi, vedute di Napoli e di Capri, feste di paese, documentari di attualità. Erano i cosiddetti “Arrivederci” o “Gli augurali” girati tra il 1906 e il 1908. Alcuni Titoli: Tarantella, La campagnola, La ciociaretta, Ballo delle farfalle, Musica a ballo, Ballerina e Buffoncello, Colombi e birichino, Valzer d’amore, Colombi viaggiatori, Il cherubino, Folletto di fiamma, Cuoco Sansone, Coscritto, Alla Luigi XIV, Fotografia a sorpresa, Fra le stella, Bebè va a letto, La preghiera del bebè, Bebè in salotto, Bebè vi saluta, Scugnizzo napoletano, Sui fili telefonici. Queste pellicole erano dirette congiuntamente da Nicola ed Elvira. Questo fece della Notari la seconda regista donna della storia del cinema dopo a francese Alice Guy che debuttò dietro la macchina da presa con La Fée aux Choux nel 1896.
Ma ad Elvira Notari tutto questo non bastava: voleva dei film a soggetto, voleva dei lungometraggi. Cercava nelle strade, nei fatti di cronaca, nelle feste i soggetti per i propri film. Non solo la Notari acquistò i diritti di riproduzione cinematografica di tutte le canzoni in gara al Festival di Piedigrotta per poter sfruttare, come traino per la futura pellicola, l’onda del successo della canzone vincitrice. Soprannominata “la Marescialla” per il piglio decisionista, Elvira iniziò ad occuparsi in prima persona dell’intero ciclo creativo e del processo produttivo del film, in pratica scriveva, dirigeva e promuoveva le sue pellicole, lasciando al marito Nicola la sola parte tecnica.
Sceglieva attori non professionisti, a partire dal figlio Edoardo che diventò celebre col nome d’arte di Gennariello, dall’insegnante dei figlio Rosella Angioni (Rosé Angione) o anche dagli allora sconosciuti Tina Pica e Carlo Pisacane futuro Capannelle e sul finire della carriera magnifico interprete ne I soliti ignoti (1958) e ne L’armata Brancaleone (1966) entrambi di Mario Monicelli. Dalle attrici e dagli attori la regista pretendeva una recitazione senza gli eccessi che contraddistinguevano le produzioni del nord Italia, moderna rispetto ai gusti dell’epoca. Una recitazione realista. Come ricordò anni più tardi il nipote Armando “Come regista, mia zia Elvira era severissima, addirittura pignola. Non esitava a far ripetere le scene che non le erano piaciute […], esigeva lacrime vere […] e perciò prima di ingaggiare un attore, si informava sulle sue vicende familiari. […] era venuta a conoscenza, per esempio, che un attore era orfano? Ebbene, lei gli parlava del padre” (www.enciclopediadelledonne.it).
Fu così che il cinema napoletano scelse una propria via rispetto al resto della produzione nazionale. Se a Torino e a Roma la strada era quella dei film storici, a Napoli si virò verso i film realisti. Talmente reali e ben recitati che in occasione di una proiezione al cinema Vittoria di Napoli uno spettatore sparò allo schermo per uccidere il “cattivo” di turno!
Il mondo ritratto dalla Notari era quello della Napoli misera dei bassifondi, delle case dei pescatori, della vita degli scugnizzi. Il dramma di chi non ha niente. Nacquero così Guerra italo-turca tra scugnizzi napoletani (1912) ambientato nel quartiere Stella, primitivo esempio di film neorealista in cui per la prima volta sono protagonisti i ragazzi di strada. Seguirono Fenesta che lucive (1914) e come A Marechiaro nce sta ‘na fenesta (1914) tratte da celebri canzoni napoletane. Quindi Carmela la Sartina di Montesanto girato nel 1913, ma distribuito nel 1916, primo film di Tina Pica, in cui un giovane di famiglia agiata si innamora di una sartina che finirà per uccidere a colpi di forbici dopo una gravidanza illegittima. E ancora Ciccio il pizzaiuolo del Carmine sempre girato nel 1913, ma distribuito nel 1916 cui la censura giolittiana, a scanso di equivoci, fece modificare il titolo in Errore giudiziario ovvero: Ciccio il pizzaiuolo del Carmine.
Seguirono negli anni venti altre opere tratte da canzoni popolari: ‘A legge (1920) rimasto in sala per 32 giorni con punte di 6000 presenze giornaliere, ‘A Santanotte (1922) che ottenne un “successo delirante”, È piccerella (1922) il più famoso film della Dora Film nonché il più celebre film diretto da Elvira Notari.
Per conquistare l’avido cuore di Margaretella (Rosé Angione), il giovane Tore (Alberto Danza) dissipa i soldi del fratello Gennariello (Eduardo Notari) e ruba i gioielli della madre (Elisa Cava) per coprire di regali l’amata che tuttavia gli preferisce Carluccio (Antonio Palmieri). Tore accecato di gelosia ferisce il rivale e uccide Margaretella. Finito in carcere vivrà nell’ossessione della sua “piccerella”.
Tratta dall’omonima canzone di Libero Bovio e Nicola Valente vincitrice al Festival di Piedigrotta nel 1921, la pellicola mischiò abilmente il dramma al contesto popolare e coerentemente con questo le didascalie erano in dialetto napoletano. Un successo mondiale.
Nel 1925 la Notari fondò, a testimonianza del successo planetario, la Dora Film of America con sede a New York, 7a Avenue, che non si limitò a distribuire i film prodotti in Italia ma, con intraprendenza, raccolse commissioni dagli emigrati per la realizzazione di brevi documentari ambientati nei paesi di origine: prime comunioni, battesimi, piazze, case.
Una descrizione del paese reale che non poteva essere accettata dal fascismo. Il nuovo regime non poteva tollerare la circolazione anche all’estero di immagini che raccontavano un’Italia diversa da quella unanime e felice proposta da Mussolini. La censura fascista poteva accettare “la rappresentazione della povertà e degli aspetti più popolari sempre che venisse vista in maniera festosa, allegra, ottimistica”.
Se all’epoca di Giolitti la Notari fu vessata, ai tempi di Mussolini fu osteggiata apertamente. Il fascismo inasprì la censura cinematografica. Le pellicole della Dora Film furono considerate offensive semplicemente perché descrivevano quella miseria, sporcizia, e delinquenza che sotto Mussolini era ben più presente che in passato.
I Notari non si scoraggiarono ed andarono avanti per la loro strada. Il pubblico li seguì. Questo fece paura al regime. Il fascismo impose le didascalie in italiano al posto di quelle in dialetto, Carcere (1923) ancora tratto dalla canzone di Libero Bovio, venne ridotto da 1286 a 919 metri e il titolo divenne Sotto san Francesco, fu anche soppressa la scena in cui si vedeva un bersagliere di guardia alle carceri che dormiva. Stessa sorte subì Fantasia ‘e surdate (1927).
I film di Elvira Notari erano romanzi popolari che ottennero un enorme successo commerciale nelle città del Sud Italia e nella comunità italo americana, ma non furono mai molto amati dalla critica e dagli intellettuali dell’epoca. Anche la scrittrice e giornalista Matilde Serao non apprezzò il lavoro della Notari, nonostante fosse l’unica donna in un mondo di uomini. Ma soprattutto i Notari risultavano troppo insolenti per il Fascismo. Nel 1928 la Commissione della censura inviò ai cineasti una circolare che impose di fatto la chiusura dell’attività: “Considerato che siffatti film a base di posteggiatori, pezzenti, scugnizzi, di vicoli sporchi, di stracci e di gente dedita al dolce far niente, sono una calunnia per una popolazione che pur lavora e cerca di elevarsi nel tono di vita sociale e materiale che il regime imprime al paese; considerato per altro che siffatti film sono eseguiti con criteri privi di qualsivoglia senso artistico, indegni della bellezza che la natura ha prodigato alla terra di Napoli, è stato deciso di negarle in via di massima, l’approvazione dei film che persistono su circostanze che offendono la dignità di Napoli e l’intera regione”.
La Dora Film fu costretta ad abbandonare il filone realista e realizzò Napoli terra d’amore (1928), Napoli sirena della canzone (1929) ed infine Trionfo cristiano (1930). I vicoli di Napoli vennero sostituiti da costose scenografie. La negazione del cinema verista portò la Dora Film a chiudere i battenti nel 1930.
Il nome di Elvira comparve dodici anni dopo, nel 1942, tra gli sfollati di Napoli durante la Seconda Guerra Mondiale. Tornata a Cava dei Tirreni, nella casa paterna, la raggiunsero Nicola ed Edoardo. Elvira Notari morì 17 dicembre del 1946. Marito e figlio tornarono a Napoli dove rimasero fino al 1952 anno in cui si trasferirono a Roma. Nicola si spense il 15 ottobre 1955. Eduardo, il mitico Gennariello, dopo un’esperienza a Londra, morì nel 1986.
Di tutta la produzione di Elvira Notari, oltre 160 film (un centinaio tra cortometraggi e documentari e una sessantina di lungometraggi), rimangono solo tre pellicole conservate nella Cineteca Nazionale di Roma: ‘A Santanotte (1922), È piccerella (1922), Fantasia ‘e surdate (1927). Non esistono su Internet, salvo qualche frammento, non esistono DVD, solo qualche rara proiezione in rari festival.
Una pioniera del cinema poco conosciuta, quasi cancellata. Studiata all’estero, ignorata in Italia se si esclude il lavoro del regista e storico del cinema Mario Franco che inserì la filmografia della Notari all’interno della Festa nazionale dell’Unità tenutasi a Napoli nel 1976 (quando le feste di partito facevano cultura). Antesignana del cinema neorealista e del cinema popolare, una donna regista cui dobbiamo davvero molto.
redazionale
Bibliografia
“Elvira Notari pioniera del cinema napoletano” di Enza Troianelli – Euroma La Goliardica
“Rovine con vista. Alla ricerca del cinema perduto di Elvira Notari” di Giuliana Bruno – La Tartaruga
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi