Se i film venissero catalogati come i vini, il 1975 sarebbe sicuramente una grande annata. In quell’anno vennero presentati o realizzati Professione: reporter di Michelangelo Antonioni, Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman, The Rocky Horror Picture Show di Jim Sharman, Barry Lyndon di Stanley Kubrick, I tre giorni del Condor di Sydney Pollack, Lo squalo di Steven Spielberg, Sholay di Ramesh Sippy (pellicola che dirà poco ai più, ma che è il più importante film di Bollywood, il cinema popolare indiano), Nashville di Robert Altman, Adele H. – Una storia d’amore di François Truffaut, L’uomo che volle farsi re di John Huston.
L’Italia non fu da meno con Amici miei di Mario Monicelli, Profondo rosso di Dario Argento, Il sospetto di Francesco “Citto” Maselli, Yuppi du il più famoso film di Adriano Celentano, Salò o le 120 giornate di Sodoma ultimo film di Pier Paolo Pasolini (vorrei poter citare anche L’esorciccio di Ciccio Ingrassia, ma temo che questo spazio di cinema perderebbe la poca credibilità che comunque non ha!). Ma il 1975 fu anche l’anno di debutto sul grande schermo di Fantozzi il personaggio creato da Paolo Villaggio.
Fantozzi nacque nel 1968 durante “Quelli della domenica” la trasmissione televisiva che segnò l’esordio di Paolo Villaggio. Il comico genovese presentò, infatti, al fianco dell’aggressivo professor Kranz e dell’ipocrita Giandomenico Fracchia, il personaggio di un ragioniere goffo ed impacciato che raccontava le sue catastrofiche avventure di impiegato. Il personaggio, che inizialmente si chiamava Fantocci, perché fatto di stracci e perché trattato come uno straccio, diventò protagonista di una serie di racconti pubblicati su L’Europeo che ne definirono meglio il carattere e la comicità. Come disse lo stesso Villaggio “Fantozzi, come la maggioranza dell’umanità, non ha talento. E lo sa. Non si batte per vincere né per perdere, ma per sopravvivere. E questo gli permette di essere indistruttibile. La gente lo vede, ci si riconosce, ne ride, si sente meglio e continua a comportarsi come Fantozzi”.
Nel 1971 questi scritti vennero raccolti dalla Rizzoli nel libro “Fantozzi”, inserito recentemente tra i 150 libri che hanno segnato la storia dell’Italia, che vendette oltre un milione di copie. Nel libro si delinearono meglio anche i compagni delle disavventure del ragioniere: dalla moglie Pina alla figlia Mariangela, dal ragionier Filini alla signorina Silvani, dal geometra Calboni al “mega direttore” di turno. Ma, come scrisse il noto critico letterario Oreste Del Buono “Villaggio inventa soprattutto un nuovo tipo di comicità, basata sull’iperbole e sul paradosso” inventando un lessico particolarissimo “sospeso tra l’astrazione metaforica e le degenerazioni burocratiche”. I congiuntivi volutamente forzati e storpiati, e le espressioni “megagalattico”, “grand.uff.cav.lup.mann.”, “salivazione azzerata”, “dolori tipo parto”, “non da la mano”, “mi ripeta la domanda”, “ma se ne vadi”, “com’è umano lei” sono entrate nel patrimonio degli italiani. Questo nonostante Fantozzi sia un personaggio più visivo che verbale, che parla più in terza persona che direttamente raccontando “fuori campo” le sue disavventure.
Il libro, decine di racconti suddivisi in quattro parti (Fantozzi di primavera, Fantozzi d’estate, Fantozzi d’autunno, Fantozzi d’inverno), spinse Villaggio a pensare di portare sul grande schermo il suo personaggio, ma è solo col successo del secondo libro nel 1974 “Il secondo tragico libro di Fantozzi” che prese forza e forma la trasposizione cinematografica.
La regia fu affidata a Luciano Salce già attore in alcuni film di Totò e regista de Il federale (1961) con Ugo Tognazzi e Stefania Sandrelli. Fantozzi, dopo il rifiuto di Renato Pozzetto e del sopracitato Tognazzi, venne interpretato dallo stesso Villaggio che lo rese sgraziato, goffo, vestito in modo improbabile: dai pantaloni ascellari all’assurdo basco. Assolutamente geniale.
Impiegato della ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica, confinato a lavorare in un sottoscala, Fantozzi ha i tempi del risveglio contati, prende l’autobus al volo, corteggia senza successo la signorina Silvani, gioca la leggendaria partita a calcio tra “scapoli e ammogliati”, anche questa entrata nel linguaggio degli italiani, viene braccato dalla “nuvola dell’impiegato”, va in campeggio col collega Filini, ha visioni mistiche, festeggia il Natale aziendale e un capodanno indimenticabile organizzato da ragionier Filini e musicato da temibile maestro Canello, si allena e batte a biliardo il vanitosissimo capo del personale On. Cav. Conte Diego Catellani, gioca a tennis con un abbigliamento indimenticabile, cerca di dimagrire prima in una “clinica-lager” (scena tagliata nell’edizione del film recentemente restaurata) poi con un abito strettissimo che immancabilmente esplode al ristorante giapponese, finge di essere un campione olimpico di sci, ha un moto di ribellione, ma finisce nell’acquario del direttore galattico. Nelle disavventure ha sempre al suo fianco la mostruosa figlia Mariangela e la rassegnata moglie “signora Pina”.
“Fantozzi piomba nelle situazioni e negli ambienti come una contraddizione commovente ed esplosiva, il cui effetto comico nasce dall’immediato contrasto tra una serie di regole e comportamenti perfettamente codificati e l’incapacità congenita del personaggio di adeguarvisi o di rispettarli” come afferma Paolo Mereghetti.
Il successo del film, campione di incassi nella stagione 1974-1975 con circa sei miliardi di lire e circa 8 mesi in prima visione a Roma, convinse la Rizzoli film a produrre un seguito. Il secondo tragico Fantozzi (1976), come la prima pellicola, fu un misto degli episodi narrati nei due libri, ma risultò più compatto rispetto al lungometraggio dell’anno precedente.
Fantozzi, tartassato da colleghi e superiori, deve fare da portafortuna a duca-conte Semenzara a Montecarlo, partecipa ad una partita di caccia che degenera, forse non casualmente, in guerra, viene coinvolto nel disastroso varo di una nave, è umiliato alla cena promossa dalla Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare, già protagonista del varo. Ma la sua scena più celebre nasce dall’impossibilità del ragioniere di vedere la partita della nazionale (“chi ha fatto palo?”) perché il professor Guidobaldo Maria Riccardelli, superiore di Fantozzi, ha organizzato il cineforum aziendale. Qui viene inserita quella che doveva diventare la frase più famosa di tutta la carriera di Fantozzi (“Per me la Corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!”) disperato grido di ribellione di un impiegato costretto a vedere per l’ennesima volta il film di Ejzenstein (storpiato nel nome per un soprassalto di rispetto?) al cineforum aziendale e subito diventata la frase simbolo di chi si ribellava ai valori sclerotizzati imposti da una cultura ferma al passato. Per questo sarà punito e sarà costretto a rifare la scena della scalinata di Odessa, nella parte del neonato in carrozzina, per poi essere, dopo un vacanza con la signorina Silvani che gli preferisce il geometra Calboni e un mancato suicidio, riassunto dalla “megaditta” come parafulmine. Anche in questo secondo film il racconto si sviluppa senza una trama vera e propria, ma cresce grazie ad una serie di episodi separati e distinti.
I due film diedero vita ad una saga di successo, Fantozzi divenne fenomeno di costume, che si protrasse con altre otto pellicole fino alla fine degli anni novanta.
Il successivo fu Fantozzi contro tutti (1981) l’unica coregia di Paolo Villaggio insieme a Neri Parenti (poi regista della quasi totalità dei “cinepanettoni” da Vacanze di Natale ’95 all’ultimo Vacanze ai Caraibi del 2015). Qui è da segnalare la temibile coppa Cobram, la gara ciclistica voluta dal direttore di turno, la clinica-lager del professor Birkermaier e l’infatuazione della Pina per un giovane fornaio interpretato da un semi debuttante Diego Abatantuono. Seguì Fantozzi subisce ancora (1983) di Neri Parenti con la gita al mare, Franchino, Loris Batacchi interpretato da Andrea Roncato che mette incinta Mariangela fino ai giochi olimpici aziendali. SuperFantozzi (1986) di Neri Parenti vede il Nostro passare dal Paradiso terrestre al futuro in una serie di episodi non sempre riusciti (“via Crucis 8” e il fabbro Filinus meritano un cenno). Il filone sembra essersi inaridito e l’autore sembra a corto di idee, anche se rimane popolarissimo.
Il grande successo portò infatti il pubblico ad identificare Villaggio con Fantozzi e spinse l’attore a sfruttare in maniera eccessiva il suo personaggio e quel tipo di comicità che diede vita ad altre pellicole non “fantozziane”, come i due film Fracchia la belva umana (1981) e Fracchia contro Dracula (1985) entrambi di Neri Parenti.
Il 23 maggio del 1987 Villaggio/Fantozzi si presentò in RAI, per dire qualcosa di serio, in una tribuna elettorale. Se Gigi Reder, l’attore che diede il volto al Ragionier Filini, realizzò lo stesso anno uno spot per il PSDI, Villaggio si candidò, invece, per Democrazia Proletaria. Ai giornalisti che chiesero se avrebbe portato il suo personaggio in Parlamento l’attore rispose “No, perché lui ogni tanto è disonesto, DP mai. E’ un partito che ispira simpatia e fiducia. E’ il più debole, il più povero. L’unico partito però davvero cristiano in un paese che convive con la Chiesa da duemila anni”. Nel messaggio elettorale Villaggio definì DP “uno strano gruppo di proto-cristiani” e affermò che qualora fosse stato eletto non sarebbe andato a fare il deputato perché il suo mestiere era un altro, ma volle aiutare quel piccolo partito perché “se sei un handicappato, un tossico dipendente, uno sfruttato, hai una sola possibilità: il partito di Capanna”. Collegio Roma-Viterbo-Latina-Frosinone 8002 preferenze a Franco Russo, 7997 a Villaggio. Finì così, tra incomprensioni e seggi, una bella storia di stima reciproca “tra un piccolo, ma agguerrito partito e un artista all’apice del proprio successo” come scrisse anni dopo Matteo Pucciarelli nel suo libro “Gli ultimi mohicani”.
Dopo la parentesi politica, Villaggio tornò ad interpretare il ragioniere più famoso d’Italia. Nel 1988 uscì Fantozzi va in pensione di Neri Parenti che, gita di Filini a parte, suscita più tristezza che ilarità. Fantozzi alla riscossa (1990) di Neri Parenti fu il settimo film della serie che si ricorda quasi esclusivamente per la presenza nella pellicola di Pierfrancesco Villaggio, figlio di Paolo, nel ruolo di un hooligan che cerca di “educare” il povero Fantozzi. Ma questi film furono privi di quella critica corrosiva che aveva contraddistinto gli esordi.
Con Fantozzi in paradiso (1993) di Neri Parenti salirono ad otto le pellicole con il ragioniere più famoso d’Italia. Con questo film, “depurato dalla incrostazioni più autovittimistiche a favore di una comicità tornata essenziale e cinicamente crudele” (Mereghetti), il personaggio riprese forza. Dopo aver tentato di rapinare la banca della “megaditta” ed essere stato sfrattato da casa dalla figlia Mariangela, Fantozzi è sempre più depresso perché scopre che ha solo una settimana di vita. Per questo la moglie Pina vuole permettergli di realizzare il sogno di sempre: una notte d’amore con la signorina Silvani. Alla fine si ricongiunge con la moglie, muore festeggiando la diagnosi mortale sbagliata, ma mentre sta per andare in Paradiso, il “volo” viene dirottato da alcuni terroristi che lo portano al cospetto di Buddha, si reincarna in un “Fantozzino” e tutto ricomincia.
Ed è un peccato perché gli ultimi due film della serie, Fantozzi – Il ritorno (1996) di Neri Parenti e Fantozzi 2000 – La clonazione (1999) di Domenico Saverini sono, lasciatemelo scrivere, dimenticabili. Il personaggio che ieri era stato geniale oggi è bolso e patetico.
Paolo Villaggio il cui volto rimarrà legato per sempre a Ugo Fantozzi, tuttavia, non è stato e non è solo questo. Nato a Genova nel 1932, dopo aver recitato nella compagnia goliardica Mario Baistrocchi, si segnalò prima come autore di testi come “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” interpretato e musicato dall’amico fraterno Fabrizio De André, poi come attore di cabaret dove fu notato da Maurizio Costanzo che lo fece debuttare in televisione. Nel mondo della settima arte recitò per Marco Ferreri in Non toccare la donna bianca (1974) insieme a Marcello Mastroianni, Catherine Deneuve, Ugo Tognazzi, Michel Piccoli e Philippe Noiret; Mario Monicelli in Brancaleone alle crociate (1970) e Cari fottutissimi amici (1994); Lina Wertmüller in Io speriamo che me la cavo (1992); Federico Fellini ne La voce della Luna (1989) con Roberto Benigni; Ermanno Olmi ne Il segreto del bosco vecchio (1993). Queste ultime due interpretazioni lo portarono a ricevere nel 1990 il David di Donatello per il miglior attore protagonista e nel 1994 il Nastro d’argento al migliore attore protagonista.
Nel 1992, in occasione della 49ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ricevette il Leone d’oro alla carriera. A testimonianza delle sue qualità artistiche giova ricordare che Villaggio è l’unico attore comico, ad oggi, a ricevere tale riconoscimento insieme a Charlie Chaplin, Woody Allen e Jerry Lewis che tuttavia erano anche registi. Non solo. Il creatore di Fantozzi è, con Totò e Roberto Benigni, l’unico comico italiano che può vantare riconoscimenti di grande prestigio internazionale.
Ma insieme a Paolo Villaggio furono anche gli altri attori e le attrici a sancire il successo dei film. Il rag. geom. Renzo Silvio Arturo Filini, miope, imbranato, votato all’organizzazione di gite, eventi sportivi ed altre attività, fu splendidamente interpretato dal già citato Gigi Reder, vero nome Luigi Schroeder, che debuttò al cinema nel film 47 morto che parla (1950) con Totò, per proseguire con L’oro di Napoli (1954) di Vittorio De Sica. Lavorò anche con Federico Fellini nel film-documentario I clowns (1970). Ma fu al fianco di Villaggio che trovò la sua collocazione ideale al punto che, poco dopo la sua morte avvenuta per arresto cardiaco nel 1998, il comico genovese lo volle così ricordare “Muore una parte della mia vita. Era un grande attore che aveva recitato anche con Fellini, ma la gente ormai lo identificava col suo personaggio. Tutti quelli che mi hanno chiamato mi hanno detto: “è morto Filini”. Con me era come Peppino De Filippo con Totò: spesso faceva ridere più di me”.
La riccioluta ed eterna signorina Silvani, da sempre desiderata da Fantozzi, ebbe il volto dell’attrice teatrale e cinematografica Anna Mazzamauro che, con la sua interpretazione nel film Fantozzi in paradiso (1993), ottenne una nomination al Nastro d’Argento come miglior attrice non protagonista.
Due attrici prestarono il volto alla moglie di Fantozzi. La signora Pina fu interpretata da Liù Bosisio nei primi due episodi della serie e in SuperFantozzi, e da Milena Vukotic nelle restanti sette pellicole.
Straordinaria attrice teatrale, Liù Bosisio, nome d’arte di Luigia Bosisio Mauri, debuttò sul grande schermo con La marcia su Roma (1962) di Dino Risi al fianco di Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, quindi, dopo i primi Fantozzi, interpretò Nella Dalcò nel film Novecento di Bernando Bertolucci (1976) che vede tra i protagonisti Robert De Niro, Gérard Depardieu, Burt Lancaster e Donald Sutherland. I più giovani conosceranno la sua voce poiché per ventidue anni ha doppiato Marge nella fortunata serie animata “I Simpson”.
Altra grande attrice è Milena Vukotic che recitò, solo per citare qualche film, ne Il fascino discreto della borghesia (1972) di Luis Buñuel, in Max amore mio (1986) di Nagisa Oshima, in Amici miei (1975) e Amici miei – Atto II° (1982) di Mario Monicelli. Vinse il Nastro d’argento come Miglior attrice non protagonista per Fantozzi in paradiso. Ma anche in questo caso ai più il suo volto è familiare non per le grandi interpretazioni, ma per la serie tv Un medico in famiglia.
Mariangela, la figlia di Fantozzi, è talmente mostruosa che nei primi otto film fu fatta interpretare da un uomo, l’attore e oggi scultore di successo Plinio Fernando. Dopo l’abbandono del cinema da parte di Fernando il ruolo passò all’attrice Maria Cristina Maccà che può vantare un’unica interpretazione della serie nel film Fantozzi – Il ritorno.
L’arrivista e ruffiano geometra Calboni, indimenticabile e per certi versi sublime nella sequenza al locale notturno “L’ippopotamo” ne Il secondo tragico Fantozzi insieme a Fantozzi e Filini (“sono tutte signore dell’alta aristocrazia borghese”, “tre scotches”), fu prima interpretato da Giuseppe Anatrelli che debuttò con Sogno di una notte di mezza sbornia (1959) di Eduardo De Filippo. Alla sua morte, avvenuta nel 1981, il ruolo, per due film, venne interpretato da Riccardo Garrone attore più tristemente conosciuto per la pubblicità della Lavazza che per le interpretazioni in film di Federico Fellini, Pietro Germi, Mario Monicelli e Dino Risi. Ma non possiamo dimenticare il Rag. Fonelli interpretato da Pietro Zardini o l’altro collega di Fantozzi che ebbe il volto di Dino Emanuelli.
Ma una menzione particolare la devono avere gli attori e le attrici che hanno interpretato i superiori che vessavano il povero Fantozzi. L’On. Cav. Conte Diego Catellani, quello del primo Fantozzi e della sfida a biliardo, è interpretato da Umberto D’Orsi, un caratterista d’eccellenza nel cinema degli anni sessanta e settanta spesso antagonista di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nei loro film. Morì ad appena 47 anni.
Paolo Paoloni è invece il Megadirettore Galattico, poi Duca Conte Giovanni Maria Balabam, nei primi due e negli ultimi due film della serie, mentre in Fantozzi va in pensione interpreta il Duca Conte Maria Rita Vittorio Barambani. Anche in questo caso un po’ di filmografia per conoscere meglio l’attore: In nome del popolo italiano (1971) di Dino Risi, Un borghese piccolo piccolo (1977) di Mario Monicelli, Il marchese del Grillo (1981) di Mario Monicelli, E la nave va (1983) di Federico Fellini.
Antonino Faà di Bruno recitò in un solo film di Fantozzi, per la precisione ne Il secondo tragico Fantozzi, ma fu perfetto nel ruolo del Duca Conte Piercarlo Ing. Semenzara. Appartenente alla nobile dinastia dei Faà di Bruno fu membro dell’esercito, tenente dei granatieri in Africa Orientale Italiana dove, ad Asmara nel 1941, guadagnò una decorazione. Quando andò in pensione si dedicò al cinema per puro diletto, avviando una fortunata carriera cinematografica. Uomo di notevole statura, quasi due metri, dalla voce baritonale e ben impostata, dai lineamenti marcati e particolarmente aristocratici, Faà di Bruno fu un caratterista perfetto per ruoli di personaggi dell’alta nobiltà. Lasciò il segno in Porcile (1969) di Pier Paolo Pasolini, Vogliamo i colonnelli (1973) di Mario Monicelli e Amarcord (1973) di Federico Fellini. Morì nel 1981 per le complicazioni dovute ad un trauma cranico.
Il Direttore Conte Corrado Maria Lobbiam fu invece interpretato da Ugo Bologna ne Il secondo tragico Fantozzi e in Fantozzi subisce ancora. Mauro Vestri, morto lo scorso agosto, interpretò più ruoli nel corso della saga fantozziana, ma fu l’unico, inimitabile Prof. Guidobaldo Maria Riccardelli che costrinse Fantozzi e colleghi al cineforum aziendale ne Il secondo tragico Fantozzi. Nietta Zocchi, attrice teatrale e cinematografica dagli anni ’30, fu la Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare nel secondo film della serie. Il personaggio venne ripreso in Fantozzi 2000 – La clonazione dalla cantante lirica Irma Capece Minutolo, perdendo la surreale genialità del personaggio interpretato dalla Zocchi.
Il visconte Cobram, dell’omonima gara ciclistica, fu invece interpretato da Paul Müller che diede il volto anche al Duca Conte Francesco Maria Barambani in Fantozzi va in pensione e nel successivo Fantozzi alla riscossa. Ultima citazione per Mega Dir. Naturale Gran. Farabut. Rag. Fonelli Cobram II, quello delle olimpiadi aziendali, interpretato dal noto volto del piccolo schermo Michele Mirabella.
In chiusura lo confesso. Da bambino imitavo continuamente la voce goffa e impacciata di Fantozzi, al punto che mia sorella fu costretta a regalarmi i libri della serie per mettermi a tacere. Ma allora come oggi, per me, quella creata da Paolo Villaggio, rimane l’unica maschera cinematografica veramente originale nella comicità italiana degli ultimi trent’anni, nonché una delle più grandi del dopo guerra insieme a Totò, che tuttavia cambiava il nome al proprio personaggio di film in film, e a Monsieur Hulot creato ed interpretato da Jacques Tati in Le vacanze di Monsieur Hulot (1953), Mio zio (1958), Tempo di divertimento (1967) e Monsieur Hulot nel caos del traffico (1971).
“Il Rag. Fantozzi Ugo si è imposto immediatamente come il protagonista (al negativo) di un’Italia maldestra e ingorda, servile e ipocrita, disposta a tutto pur di non dispiacere ai propri superiori e disperatamente incapace di godere di quei simboli del benessere che insegue con altrettanta disperata determinazione (…) Fantozzi è servile come lo sa essere solo il piccolo borghese, terrorizzato dai suoi superiori, complessato, timido, vittima naturale dei mass media, del consumismo e della pubblicità televisiva, tragicamente incapace di adeguarsi ai modelli sociali che mitizza quotidianamente” come afferma Paolo Mereghetti.
Anche per questo, quando in tempi più recenti Villaggio ha pronunciato frasi che potevano sembrare folli e senza senso, sarebbe stato opportuno riflettere anziché insultare. Forse stava una volta di più deridendo i “ben pensanti” e “piccolo borghesi”.
L’attore è morto all’età di 84 anni il 3 luglio 2017 e come troppo spesso accade nel nostro Paese verrà rivalutato solo ora.
redazionale
Bibliografia
Fantozzi di Paolo Villaggio – Rizzoli
Il secondo tragico libro di Fantozzi di Paolo Villaggio – Rizzoli
Le lettere di Fantozzi di Paolo Villaggio – Rizzoli
Caro direttore, ci scrivo… : lettere del tragico ragioniere, raccolte da Paolo Villaggio – Mondadori
Gli ultimi mohicani. Una storia di Democrazia Proletaria di Matteo Pucciarelli – Alegre
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi