Nel settembre del 1919 negli Stati Uniti d’America vennero fondati due partiti comunisti, da una parte il Communist Party of America formato prevalentemente dagli immigrati europei, dall’altra il Communist Labour Party costituito dagli americani della sinistra socialista. Gli iscritti complessivamente erano tra i 20.000 e i 40.000. Nel 1921 l’Internazionale Comunista ordinò l’unificazione e nacque così il Communist Party of the United States of America (Partito Comunista degli Stati Uniti d’America, CPUSA). Gli anni ’30 rappresentarono l’apice dell’influenza e del prestigio del Partito che, benché contasse “solo” 75.000 iscritti, con l’aggravarsi della crisi economica, organizzò le lotte degli operai, dei disoccupati e degli afroamericani. Nei primi anni ’40 l’importanza del CPUSA aumentò ancora, gli iscritti che superarono le 100.000 unità e crebbe l’influenza all’interno del sindacato Congress of Industrial Organizations (CIO). In quegli anni militò tra le fila comuniste anche l’attrice Karen Morley all’anagrafe Mildred Linton.
Adottata in giovane età Mildred Linton nacque il 12 dicembre 1909 ad Ottumwa nell’Iowa. Malata di tubercolosi, necessitava di un clima caldo e secco, per questo all’età di quattordici anni si trasferì con la famiglia in California. Fu così che si avvicinò al mondo della recitazione, studiando alla Hollywood High School per poi laurearsi all’Università della California (UCLA) a Los Angeles. Poco più che ventenne lavorò per la compagnia teatrale Pasadena Playhouse dove fu notata dal regista Clarence Brown, tra i pionieri dell’industria automobilistica passato al cinema come assistente di Maurice Tourneur (da segnalare lo struggente The Blue Bird del 1918 e Victory del 1919 con Lon Chaney). Brown diresse Rodolfo Valentino in L’aquila (The Eagle, 1925) per poi divenire il regista “preferito” di Greta Garbo. Mildred Linton inizialmente fu scelta proprio per sostituire la “Divina” in alcune scene di prova, ma la sua bravura la mise subito in mostra. Nel 1931 firmò un contratto per la MGM, nacque così Karen Morley.
La prima pellicola “ufficiale” fu La modella (Inspiration, 1931) di Clarence Brown al fianco di Greta Garbo, seguirono, sempre in ruoli secondari, La piccola amica (Daybreak, 1931) di Jacques Feyder, La voce del sangue (Never the Twain Shall Meet, 1931) di W.S. Van Dyke, Lo sciopero delle mogli (Politics, 1931) di Charles Reisner (che pochi anni prima diresse il grande Buster Keaton in Io… e il ciclone ovvero Steamboat Bill Jr.), Il fallo di Madelon Claudet (The Sin of Madelon Claudet, 1931) di Edgar Selwyn. Karen Morley alternava, con grande versatilità, ruoli comici a ruoli drammatici.
I successivi lavori furono successi mondiali. Sempre nel 1931 interpretò Carlotta nel celebre Mata Hari (1931) di George Fitzmaurice ancora una volta con Greta Garbo. Ispirato ad un fatto realmente accaduto, nel film la “Divina” fissò un modello di donna fatale imprescindibile per i decenni a seguire, anche se c’è più di un sospetto che la celebre e sensuale danza, con il velato spogliarello finale, sia stata eseguita proprio dalla “controfigura” Morley.
Nel 1932 arrivò il primo ruolo da protagonista nel film Arsenio Lupin (Arsène Lupin, 1932) di Jack Conway, al fianco di John e Lionel Barrymore, in una delle prime trasposizioni cinematografiche ispirate alla figura del ladro gentiluomo nato dalla penna di Maurice Leblanc.
Sempre nel 1932 uscì Scarface – Lo sfregiato di Howard Hawks. Ambientato nella Chicago del proibizionismo la pellicola narra l’ascesa e la caduta del gangster Tony Camonte (Paul Muni). Spietato e sanguinario, Camonte è il “braccio armato” di John “Johnny” Lovo (Osgood Perkins, futuro padre dell’attore Anthony Perkins) un debole boss locale che non vuole scontrarsi con le “famiglie” più importanti. Camonte, invece, non teme nessuno, sgomina le bande rivali, seduce l’amante di Lovo, l’attraente Poppy (Karen Morley) e, per raggiungere il potere, lo uccide. Infine elimina anche il suo braccio destro Gino Rinaldo (George Raft) colpevole di aver segretamente spostato la sorella Francesca “Cesca” Camonte (Ann Dvorak) per la quale nutre un’attrazione morbosa. Morirà sotto i colpi della polizia.
La pellicola venne girata nel 1930, ma la violenza e il taglio cupo mal si conciliavano con l’immagine pulita e scanzonata che il cinema hollywoodiano cercava di darsi. Il film era inoltre dichiaratamente ispirato alla figura di Al Capone, per cui la censura intervenne pesantemente, al punto che nessuno degli omicidi venne ripreso direttamente. Nonostante questi tagli Scarface, poi rifatto da Brian De Palma nel 1983 con Al Pacino nel ruolo del gangster e Michelle Pfeiffer nel ruolo che fu della Morley, diede avvio al genere noir in generale e a quello gangster in particolare rimanendo tuttora, per la caratterizzazione dei personaggi, il ritmo serrato, l’asciutto realismo, uno dei massimi esempi. Il film per il realismo e per la descrizione delle attività illegali perpetrate dagli italoamericani, fu proibito dal Fascismo e uscì in Italia solo nel 1947.
La carriera di Karen Morley era in costante ascesa. Nel 1932 sul set di Man About Town di John Francis Dillon, in cui era la protagonista, conobbe il regista Charles Vidor. I due si sposarono nello stesso anno e il 26 agosto 1933 nacque il piccolo Michael Karoly.
La vita personale, almeno quella sentimentale, non ostacolò il lavoro di Karen Morley. Nel 1932 uscì anche La maschera di Fu Manchu (The Mask of Fu Manchu) iniziato Charles Vidor, ma concluso da Charles Brabin, nel quale recitò al fianco di uno dei maestri del genere horror Boris Karloff. Nella pellicola Fu Manchu (Karloff), aiutato dalla sadica figlia Fah Lo See (Myrna Loy), cerca di impadronirsi della maschera e della spada di Gengis Khan per guidare i popoli asiatici contro la razza bianca. Per trovare la tomba del condottiero mongolo rapisce l’archeologo Lionel Barton (Lawrence Grant) e la figlia Sheila (Karen Morley), ma l’ispettore Denis Nayland Smith (Lewis Stone) riuscirà ad impedire il diabolico piano.
Karen Morley recitò successivamente ne Il lottatore o La carne (Flesh, 1932) diretto da John Ford. Un immigrato tedesco (Wallace Beery) diventa un campione di wrestling e si innamora di una giovane (Karen Morley) che tuttavia è legata al malvagio di turno. Uno dei primi film sul wrestling, sport spettacolo tutt’ora molto popolare negli Stati Uniti, dove trionfano muscoli e buoni sentimenti. Nel successivo Gabriel Over the White House (1933) opera controversa del regista Gregory La Cava, finanziata da William Randolph Hearst (il magnate che ispirò Orson Welles per Quarto potere), Karen Morley diventò l’amante del Presidente degli USA.
Nel 1933 uscì anche Pranzo alle otto (Dinner at Eight) diretto da George Cukor in cui dietro le vite degli invitati ad un fastoso pranzo si nascondono le storie di “falliti d’alto bordo o volgari arricchiti”. Un cast di stelle da Marie Dressler e Jean Harlow a John Barrymore, da Wallace Beery a Lionel Barrymore. Una commedia sofisticata, inserita tra le migliori 100 commedie americane di tutti i tempi, e al tempo stesso un film crudele e impietoso. Una puntuale satira sociale inedita per gli studi MGM.
Proprio con la Metro-Goldwyn-Mayer Karen Morley entrò in conflitto diventando, dal 1934, una “free agent”. Ma lontana dalle cosiddette “majors” la vita non era semplice. La giovane attrice, 25 anni, ottenne tuttavia un nuovo ruolo da protagonista nel film Nostro pane quotidiano (Our Daily Bread, 1934) di King Vidor (non parente del marito Charles). Negli anni della depressione Mary e John Sims (Karen Morley e Tom Keene) stanchi di non trovare lavoro in città, si trasferiscono in campagna dove, insieme ad altri, danno vita ad una cooperativa agricola che, nonostante siccità e speculatori, salverà un’intera comunità. Prodotto con i soldi del regista, che ipotecò casa e automobile, e uscito solo grazie all’intervento di Charlie Chaplin, il film segnò la vita della Morley che divenne molto popolare in Unione Sovietica.
Karen Morley iniziò a lottare per i diritti delle donne a partire dalla parità di retribuzione a parità di lavoro. Ma la carriera da “free agent” continuava a non essere semplice. Seguirono film mediocri utili solo per sbarcare il lunario: Straight Is the Way (1934) di Paul Sloane, Wednesday’s Child (1934) di John S. Robertson, Black Fury (1935) di Michael Curtiz ancora lontano dal successo di Casablanca (1942), $10 Raise (1935) di George Marshall, Missione sublime (The Healer, 1935) di Reginald Barker al fianco di Mickey Rooney, Thunder in the Night (1935) di George Archainbaud.
Poi un nuovo successo questa volta come “madre” di Shirley Temple ne La piccola ribelle (The Littlest Rebel, 1935) di David Butler. Essere semplicemente “la moglie del regista Charles Vidor” non le si addiceva, quindi continuò ad accettare ruoli in pellicole che non lasciarono certo un segno nella storia del cinema quali: Devil’s Squadron (1936) di Erle C. Kenton, Nemico amato (Beloved Enemy, 1936), di H.C. Potter, Outcast (1937) di Robert Florey, The Girl from Scotland Yard (1937) di Robert G. Vignola, The Last Train from Madrid (1937) di James P. Hogan, On Such a Night (1937) di Ewald André Dupont, Kentucky (1938) di David Butler. Seguì una bella apparizione in Orgoglio e pregiudizio (Pride and Prejudice, 1940) Robert Z. Leonard.
Nel 1943 Karen Morley divorziò da Charles Vidor e si innamorò dell’attore Leigh Gough (nato Michael Gough il 21 Settembre 1907) che stava combattendo nazisti e fascisti in Europa e per di più era comunista. Fu così, per amore, che l’attrice passò dall’impegno civile alla militanza politica nel PCUSA. “Sono diventata comunista perché mi sono innamorata di un comunista che si è preso cura dei fascisti” dirà anni dopo.
Mentre Gough era impegnato nell’esercito, prima in Europa poi di stanza in North Carolina, l’attrice organizzò gli scioperi dei lavoratori del tabacco. Quindi portò la sua esperienza e la sua energia a Hollywood rivitalizzando lo Screen Actors Guild, il sindacato di attori e operatori nel mondo del cinema che da dieci anni, dai tempi di Bela Lugosi, non organizzava più scioperi.
Nella “terra della libertà” un’attrice, o un attore, poteva scontrarsi con le “majors”, essere “free agent”, fare volontariato, ma non poteva essere comunista. Il tempo di recitare in un paio di altri film, Poi Jealousy (1945) di Gustav Machaty, The Unknown (1946) di Henry Levin, The Thirtheenth Hour (1947) di William Clemens, Il cerchio si chiude (Framed, 1947) di Richard Wallace e Karen Morley fu chiamata davanti alla Commissione per le attività antiamericane (House Committee on Un-American Activities, HCUA). A fare il suo nome fu Elia Kazan. Per questo l’attrice, l’anno dell’assegnazione dell’Oscar alla carriera al regista nel 1999, disse “So che è vecchio come me. Ma non sono nelle condizioni di perdonarlo. Era terribile. Tuttavia se vuole scusarsi con le persone che ha rovinato sarei felice di sentirlo. Se lo perdonano gli altri, potrei farlo anche io. Ma non prima”.
Di fronte ai membri dell”HCUA, l’attrice si rifiutò di rispondere in merito ai suoi legami con il Partito Comunista degli Stati Uniti d’America. Carriera quasi finita. Apparve, non accreditata, in Sansone e Dalila (Samson and Delilah, 1949) di Cecil B. DeMille. Il marito Leigh Gough ebbe, invece, il tempo di recitare, nella parte dell’agente del protagonista Joe Gillis in Viale del tramonto (Sunset Boulevard, 1950) di Billy Wilder al fianco di Gloria Swanson, William Holden e Erich von Stroheim.
Il 21 marzo del 1951 l’attore Larry Parks (1914-1975) fu letteralmente torchiato dai membri dell’HCUA. Provò a non rispondere alla domanda “Conosce Karen Morley? E’ iscritta al partito?” trincerandosi dietro un “Beh, signore, preferirei non fare nessun nome, se possibile. Non credo sia corretto nei loro confronti. Sono venuto qui dietro vostra richiesta, e sono pronto a dirvi qualunque cosa su di me […] Ma preferirei, se me lo consentite, non parlare di altre persone”. Non glielo consentirono. Fece così il nome di Karen e del marito. Il 10 aprile 1951 Sterling Hayden fece lo stesso. Karen Morley e Leigh Gough finirono ufficialmente nella “lista nera”. L’anticomunismo “made in USA” pose fine alle loro carriere.
Karen recitò solo più in altre due pellicole, nel 1951 in M del regista comunista Joseph Losey (remake di M – Il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang) e due anni dopo in Pistole infallibili (Born to the Saddle, 1953) di William Beaudine. Per Leigh da segnalare la “rivincita” avuta con la partecipazione ne Il prestanome (The front, 1976) diretto da Martin Ritt con Woody Allen e Zero Mostel (attore che come lui era finito nella “lista nera”) che descrive con ironia e sarcasmo gli anni della “caccia alle streghe”. Morirà, con al fianco la moglie, il 23 luglio 1984 a seguito di un aneurisma.
Se la carriera cinematografica era finita, non era certo finita la passione politica. Nel 1954 Karen Morley si candidò, tra le fila dell’American Labor Party, alla carica di vice Governatore (Lieutenant Governor) dello stato di New York in ticket col candidato Governatore John Thomas McManus giornalista e politico cofondatore del National Guardian giornale che prese, in piena Guerra fredda, le difese dei coniugi Rosemberg. La coppia McManus/Morley ottenne 46.886 voti non certo un successo, anche se in quegli anni era quasi reato votare a sinistra.
Karen Morley fece successivamente qualche apparizione in alcuni telefilm di successo negli anni ’70 e ’80: Kung Fu (1973), Kojak (1973) e Pepper Anderson agente speciale (1975). Nel 1993 partecipò alla realizzazione del documentario The Great Depression nel quale raccontò la lavorazione del film Nostro pane quotidiano, soffermandosi sui temi della povertà e del disagio sociale. Nel 1999, a novantanni, descrisse, in uno speciale del magazine Vanity Fair dedicato agli artisti viventi finiti nella “lista nera”, gli anni del “maccartismo”. Si spense, a seguito delle complicazioni di una polmonite, l’8 marzo del 2003 nella Motion Picture Country House a Woodland Hills.
Un’altra carriera, o meglio, un’altra vita distrutta dal “maccartismo”, dall’assurda aggressione verso le comuniste e i comunisti nella cosiddetta “terra delle libertà”. Dal 2004 all’attrice è dedicato il Karen Morley Award riconoscimento che viene assegnato dal Women Film Critics Circle, la prima associazione di critiche cinematografiche. Il premio dedicato all’attrice comunista è conferito a chi mette in risalto il ruolo della donna nella storia e nella società e la sua coraggiosa ricerca di un’identità. Per Karen Morley che disse di se “Sono una sporca comunista. Non rosa, ma rossa”, non poteva essere diversamente.
redazionale
Bibliografia
“Dizionario del comunismo del XX secolo” a cura di Silvio Pons e Robert Service – Einaudi
“Fuori i Rossi da Hollywood! Il maccartismo e il cinema americano” di Sciltian Gastaldi – Lindau
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi
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