Il primo novembre Whirlpool chiude il sito produttivo di Napoli. La notizia ieri mattina è rimbalzata da Palazzo Chigi a via Argine, gli operai si sono riversati all’ingresso dell’autostrada in direzione Pompei bloccando la circolazione. La polizia ha provato a sbarrare la strada con le camionette senza risultato. La tensione era altissima. Hanno tenuto la posizione per circa due ore e poi sono rientrati in sede per un’assemblea. Erano tornati a lavorare lunedì, dopo dieci giorni di sciopero, come atto di distensione nei confronti dell’azienda che però non ne vuole sapere, per il management Napoli va dismessa e le lavatrici di lusso vanno fatte altrove.
Ci sono già tre fabbriche in Polonia, una in Slovacchia e una in Turchia, fino alla Cina, pronte ad assorbire la produzione: «Peccato che ai polacchi abbiamo insegnato noi come si fanno le lavatrici, venivano a via Argine per imparare», raccontano gli operai. In origine c’era l’ingegnere Giuseppe Borghi e la sua Ignis che, nel 1947, acquistò una fabbrica di cucine a Gianturco. Da quel primo nucleo, nel 1964, è nata la nuova fabbrica per la produzione gli elettrodomestici: nello stabilimento di Varese erano tanti i napoletani, così a Borghi venne l’idea di espandersi all’ombra del Vesuvio. Poi la Ignis è finita alla Philips e nel 1991 è subentrata la Whirlpool. Nel 2015 l’azienda Usa ha assorbito un altro marchio italiano, l’Indesit: l’allora premier Matteo Renzi la definì «un’operazione fantastica» costata subito, nel casertano, la chiusura di Teverola e la riduzione della manodopera a Carinaro da 815 a 320 operai. Il Piano sottoscritto nel 2015 prevedeva una moratoria sui licenziamenti fino al 2018. La moratoria è finita.
Va peggio per i circa mille operai dell’indotto, rimasti senza commesse e senza un altro mercato di sbocco. Non ci stanno a passare per quelli che non sanno fare le lavatrici: «Electrolux va bene – spiegano -, noi abbiamo quattro riconoscimenti per la nostra attività in linea. Se il mercato va male evidentemente è colpa di chi ha progettato il modello Omnia». Gli operai per adesso restano in presidio in attesa di altre notizie dal governo. Cgil, Cisl e Uil di Napoli hanno convocano per lunedì prossimo gli esecutivi unitari: «L’atteggiamento della multinazionale è inaccettabile e irresponsabile. La vertenza Whirlpool riguarda il futuro industriale di Napoli e dell’intero Mezzogiorno». La mobilitazione potrebbe quindi estendersi a tutte le categorie produttive per mettere sul tavolo del governo il tema della progressiva deindustrializzazione della terza città del paese e del Sud.
L’intenzione dell’azienda Usa è cedere il sito alla start up svizzera Passive refrigeration solutions, società con un capitale di appena 200mila franchi. «Ho chiesto un incontro con il presidente del Consiglio – il commento del sindaco, Luigi de Magistris -. Alcuni ministri su Whirlpool hanno fatto campagna elettorale». Anche il governatore Vincenzo De Luca ha chiesto un incontro a Conte per verificare i progetti sul tavolo.
ADRIANA POLLICE
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