Nel Consiglio dei ministri gli ex del «Nuovo Centro destra» (Ncd), da ieri rinominatosi eufemisticamente «Alternativa popolare», non hanno fatto le barricate contro la decisione del presidente del consiglio Paolo Gentiloni di abrogare i voucher per evitare il referendum Cgil. Puntano sul secondo tempo della battaglia. Al posto dei voucher chiedono di introdurre un nuovo strumento di «flessibilità» sul quale al momento non c’è certezza. Salvo una: non reintrodurre gli elementi che hanno portato il lavoro a scontrino a crescere a dismisura negli ultimi due anni. In questo caso il referendum, che Gentiloni vuole evitare per «non dividere» il paese, si terrebbe comunque il prossimo 28 maggio. E la maggioranza potrebbe subire un nuovo rovescio paragonabile allo tsunami del 4 dicembre.
La strada sembra obbligata, ma non si escludono brutte sorprese. Le ipotesi sono diverse: modificare i limiti del lavoro a chiamata riservato oggi solo agli under 25 e agli over 50; introdurre il francese Chèque emploi service universel (Cesu) usato perlopiù per il lavoro di cura in famiglia, meno per le imprese; oppure i mini-jobs tedeschi. Questi ultimi rischiano di rappresentare un salto dalla padella alla brace. Il vastissimo mondo del lavoro irregolare e intermittente in Italia sarebbe costretto nella gabbia di un lavoro povero e sotto-salariato, per di più in mancanza di una legge sul salario minimo orario e del reale riconoscimento delle tutele per maternità, malattia o infortuni per il lavoro occasionale. Una forma ulteriore di precariato in un paese noto per essere il supermarket dei contratti atipici. Una dichiarazione di guerra che il governo Gentiloni non può permettersi.
Probabilmente la ricerca di uno strumento alternativo giungerà a una soluzione a metà tra voucher (per le famiglie) e contratto a chiamata (per le imprese). «Alternativa popolare» non fa una proposta precisa, chiede una soluzione subito, ma non precisa quali potrebbero essere le conseguenze per un governo che continuerà ad appoggiare.
…continua a leggere su il manifesto.it…
ROBERTO CICCARELLI
foto tratta da Pixabay