Il governo ha abolito per decreto i voucher e ristabilito la responsabilità sociale negli appalti: il provvedimento, varato ieri dal consiglio dei ministri, ricalca i due quesiti del referendum indetto dalla Cgil. Ci sono tutte le condizioni, quindi, perché il 28 maggio non si voti più: ma ovviamente la consultazione resta in piedi fino a quando lo stesso decreto non verrà convertito dal Parlamento. Il premier Paolo Gentiloni ha spiegato che «sarebbe stato un errore dividere il Paese nei prossimi due mesi», mentre la segretaria Cgil Susanna Camusso, incassando quello che ha definito «un grande successo», ha comunque chiarito che «finché non sarà approvata una legge, la campagna di mobilitazione va avanti». Inclusa, tra le altre iniziative, la manifestazione nazionale dell’8 aprile a Piazza del Popolo.
«Il Consiglio dei ministri – ha spiegato Gentiloni – ha approvato un decreto che abroga le norme sui voucher e sugli appalti, oggetto di referendum il prossimo 28 maggio. Lo abbiamo fatto nella consapevolezza che l’Italia non aveva certo bisogno nei prossimi mesi di una campagna elettorale su temi come questi e che questa decisione è coerente con l’orientamento maturato nelle ultime settimane in Parlamento». «Dividere nei prossimi mesi il Paese – ha proseguito il presidente del consiglio – sarebbe stato un grave errore per l’Italia. La nostra decisione azzera e in un certo senso apre una fase nuova».
Il governo starebbe già studiando uno strumento sostitutivo, o potremmo dire “compensativo” (se pensiamo alle proteste di parte della maggioranza, l’Ncd, e delle imprese): «Useremo le prossime settimane per rispondere a una esigenza che certamente l’eliminazione dei voucher non risolve – ha concluso Gentiloni – per una regolazione seria del lavoro saltuario e occasionale».
C’è chi parla di tradurre nel mercato italiano i mini-jobs tedeschi o i voucher alla francese, o chi pensa a un rafforzamento del lavoro a chiamata, rimuovendo le attuali limitazioni per fasce d’età. Sarà comunque essenziale non sovrapporre o confondere (come già si è fatto nelle ultime settimane) le esigenze delle famiglie con quelle delle imprese, e le tutele di cui dovrebbe essere dotato in ogni caso il prestatore.
La Cgil ha una sua idea per la regolamentazione del lavoro accessorio o occasionale: è contenuta negli articoli 80 e 81 della Carta dei diritti universali del lavoro: si chiama «lavoro subordinato occasionale» e prevede – accanto alla inevitabile flessibilità dello strumento – comunque l’esistenza di un contratto e le tutele e i diritti base del lavoro dipendente. La platea dei prestatori è molto limitata (studenti, inoccupati e disoccupati, pensionati) come sono contingentate le attività di applicazione (lavoretti domestici saltuari o piccoli eventi organizzati da privati).
Il decreto varato ieri dispone lo stop immediato della vendita dei tagliandi, mentre quelli che sono stati già acquistati potranno essere utilizzati fino al 31 dicembre 2017. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, dal canto suo, ha negato che la decisione possa rappresentare un cambio di passo rispetto al Jobs Act: «Non c’è stata nessuna gara con la Cgil – ha spiegato – e non è previsto un cambio di passo nelle politiche del governo sul lavoro perché i voucher non erano materia del Jobs Act». Ma è abbastanza evidente che la scelta è da attribuire tutta al Pd, azionista di maggioranza dell’esecutivo, e in particolare all’ex premier Matteo Renzi: ha voluto evitare una seconda batosta da referendum dopo quella del 4 dicembre, ma in questo modo tenta anche di recuperare consensi nel grande popolo della Cgil e delle persone che lavorano.
Il ministro Poletti ha annunciato che «per la messa a punto di un nuovo strumento che risponda alle necessità del lavoro occasionale, verrà aperto al più presto il confronto con le parti sociali». Un punto di vista coincidente con quello della Uil, che con Carmelo Barbagallo chiede «un accordo con il governo, dopo che l’abolizione dei voucher, risolvendo un problema, ha creato uno scompenso». La Cisl, polemicamente, nota invece che il l’esecutivo ha preso «una decisione tutta politica e incomprensibile».
Hanno ribadito la loro contrarietà tutte le associazioni di impresa: Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura, Coldiretti, Confapi.
Nel decreto è stato risolto, come detto, anche il nodo appalti: «Con riferimento alla disciplina in materia di appalti di opere e servizi- spiega la nota diffusa da Palazzo Chigi dopo il consiglio dei ministri – il provvedimento mira a ripristinare integralmente la responsabilità solidale del committente con l’appaltatore nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per garantire una miglior tutela in favore dei lavoratori impiegati».
ANTONIO SCIOTTO
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