Ho avuto un déjà-vu. Lo speciale di Rai1 sul terremoto ha preso nettamente le distanze dal copione consolidato di tv del dolore che, vampirescamente, cerca di estrarre audience dall’esibizione oscena della sofferenza dei morti, dei feriti, dei superstiti. Lo speciale era declinato in tutt’altra chiave.
Un Bruno Vespa, carico e vitale, dirigeva il dibattito alternando didattica ed ottimismo. Il succo di tutto era il terremoto come opportunità. Opportunità economica di ricostruzione, volano dell’economia, possibile incremento del Pil.
Così come quella guerra che gli economisti raccomandano, in casi di crisi deflazionistica come l’attuale, come unica soluzione per la ripresa economica.
La disgrazia è, in sé, un’opportunità. Sempre. Perché, in una crisi di consumi dovuta alla svalutazione dei salari, sposta la produzione dal voluttuario al necessario. Dove c’è guerra o morti ci sono consumi coatti: armamenti, ricostruzione edilizia. Ma anche casse da morto, ospitalità e catering degli sfollati, edilizia pubblica.
Una per tutte. La scuola antisismica di Amatrice, la cui messa in sicurezza aveva già rappresentato risorse per l’edilizia è nuovamente crollata per creare, bontà sua, nuovi posti di lavoro. Ed infatti, anche l’interlocutore di Vespa, il ministro Delrio, sembrava consapevole di quanto un governo in crisi debba essere grato alle catastrofi che possono cancellare, in nome della solidarietà, il conflitto sociale e capovolgere, con lo sfruttamento delle industrie della morte, la morte dell’economia.
Tutto questo era un déjà-vu, perché mi ricordava il cinismo di una commedia all’italiana d’epoca, tutta costruita sul personaggio poliedrico di Alberto Sordi, «Finché c’è guerra c’è speranza» in cui, un trafficante d’armi, trae dalla guerra le sue opportunità. C’è però una differenza. Il film era la denuncia del cinismo di un singolo. Qui il ministro Delrio ha dato all’equazione terremoto = opportunità il suo imprinting istituzionale dichiarando: «Oggi l’Aquila è il più grande cantiere d’Europa».
E a ben vendere, in un’Italia che ha da tempo privatizzato le sue industrie pesanti, l’unica industria statale produttiva è stata, negli anni scorsi, la Protezione Civile di Bertolaso.
Le reazioni alla trasmissione si possono dividere in due gruppi.
Da un lato lo sdegno della rete che ha bollato Vespa di sciacallaggio. Dall’altro la reazione misurata della stampa che, se non ha ignorato l’evento, si è domandata invece dove risieda lo scandalo.
Vespa ha rivelato verità che qualsiasi economista potrebbe sottoscrivere. Anche Keynes. In una realtà economica ingessata da vincoli di bilancio sulla spesa pubblica, la spesa coatta che scaturisce dal terremoto, rappresenta comunque un’opportunità di lavoro.
Qual è la mia opinione in proposito? Non mi riconosco né nell’una, né nell’altra reazione.
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CARLO FRECCERO
consigliere di amministrazione della Rai
foto tratta da Pixabay