Nell’assistere a ciò che sta accadendo attorno alla vicenda della legge elettorale diventa difficile non usare il termine “partitocrazia”, inventato da Maranini sul finire degli anni’40 con intenzioni dispregiative per la classe politica di allora.
Un termine quello di partitocrazia che non si vorrebbe usare perché sicuramente dall’eccessivo sapore qualunquistico, ma temo non ci sia nulla da fare.
Ci troviamo, infatti, di fronte all’odioso esercizio di un potere usato, soprattutto con la complicità della cosiddetta “grande stampa” e della televisione, utilizzando argomenti del tutto mistificatori al fine di conservare l’incostituzionale potestà di “nominare” d’ufficio i membri del Parlamento anziché farli eleggere liberamente dal corpo elettorale come prevede la Costituzione: un diritto già leso con la legge maggioritario / proporzionale del 1993 e poi del tutto negato alle elettrici e agli elettori italiani almeno dalle elezioni legislative del 2006.
Questo potere, esercitato da gruppi ristretti che – per varie ragioni – si trovano in posizione dominante all’interno di partiti sempre più svuotati di partecipazione e di iniziativa politica, è la questione vera che si trova al centro di questa vicenda politica riguardante la modifica della legge elettorale: modifica, è sempre bene precisarlo, dovuta a ben due sentenze della Corte Costituzionale che hanno dichiarato illegittime le due leggi precedenti, una applicata in tre occasioni (2006, 2008, 2013) e l’altra (il meraviglioso “Italikum”, quello che doveva essere imitato da tutta Europa) mai pervenuto alla prova.
Il dibattito sulla governabilità, sul potere dei piccoli partiti, ecc, ecc, infatti, è del tutto finto.
Infatti, si contrabbanda per “tedesca” una formula elettorale che prima di tutto non c’entra nulla con la Germania e in secondo luogo, proprio rispetto al modello “made in Deutsch” omette i punti fondamentali:
- Il voto disgiunto tra parte proporzionale e collegi uninominali;
- La flessibilità nel numero dei parlamentari eletti, possibile in Germania ma impossibile in Italia senza una modifica della Costituzione. In questo modo, in Italia, restano irrisolte due questioni: la prima quella dei seggi eventualmente conquistati nella parte uninominale da partiti che in quella proporzionale non superano la soglia del 5% (in Germania si ha diritto a partecipare alla suddivisione dei seggi nella parte proporzionale non soltanto superando – appunto – il 5% ma anche conquistando tre seggi nella quota uninominale. Inoltre resta inevasa, sempre in Italia, la possibilità di candidature indipendenti nei collegi uninominali, non legate a liste presenti nella quota proporzionale;
- La scelta delle candidature nei collegi uninominali avviene, in Germania, attraverso il voto segreto degli iscritti ai partiti riuniti collegio per collegio in assemblea (non per le strade o nei gazebo con la partecipazione di chi passa come avviene nelle finte primarie italiane). Questo è un altro passaggio fondamentale perché accadrà nel “caso italiano” che le scelte dei candidati nei collegi uninominali arriverà da parte delle segreterie dei partiti attraverso il criterio del “paracadutare” i fedelissimi nei collegi sicuri: con il risultato che, in combinato disposto, con le liste bloccate nella parte proporzionale avremo nuovamente un Parlamento composto completamente di nominati dall’alto. Questo elemento rende del tutto di retroguardia la cosiddetta battaglia dei “vitalizi”. I vitalizi, infatti, ci saranno – eccome – per i “fedeli” secondo i criteri inscindibili del “bacio della pantofola” ai maggiorenti e capi bastone;
- Inoltre in Germania, con buona pace dei cultori della “governabilità” (del cui novero non facciamo parte) esiste, costituzionalizzato, l’istituto della sfiducia costruttiva. Insomma: non si può far cadere un governo se non ne è già pronto un altro.
Ci troviamo quindi di fronte ad una gigantesca mistificazione di massa, degna della propaganda degli anni’30 e corollario di un “regime” che andava denunciato per tempo e che invece è andato avanti con la complicità di molti.
Si tratta di uno snodo fondamentale di quello scontro tra “verticalizzazione del potere” e orizzontalità dell’agire sociale: un nervo scoperto lasciato dalla crisi verticale dei soggetti intermedi di sintesi e di mediazione aperta fin dagli anni’90 del XX secolo e che si pensava – appunto – di affrontare attraverso l’adozione di sistemi elettorali “escludenti” portati fino al paradosso del Parlamento dei nominati.
E’ questo il punto, quello dell’esclusione del corpo elettorale dalla scelta dei propri rappresentanti: un crinale molto scivoloso per quella che appare ormai, nonostante la conferma avuta dal corpo elettorale il 4 Dicembre, una ex-democrazia.
FRANCO ASTENGO
1° giugno 2017
foto tratta da Pixabay