Verso il “Conte bis”, il governo che piace a Trump e alla sinistra…

Un tempo esistevano la “politica del carciofo“, il “trasformismo“, i “giri di valzer“. Tutti modi per far evolvere in qualche maniera situazioni complesse, di difficile soluzione ma di alto...

Un tempo esistevano la “politica del carciofo“, il “trasformismo“, i “giri di valzer“. Tutti modi per far evolvere in qualche maniera situazioni complesse, di difficile soluzione ma di alto profilo sia sociale sia istituzionale: erano momenti veramente storici in cui prendevano corpo trasformazioni anche statali dentro contesti internazionali e larghe fette di settori borghesi si riposizionavano e così pure facevano i contrapposti ceti proletari.

Oggi, bontà dei tempi, è tutto davvero cambiato, persino dai corsi e trascorsi della cosiddetta fase della “prima repubblica” quando lo scossone pseudo-rivoluzionario di Tangentopoli provocò tante onde sismiche nell’agone politico da renderlo irriconoscibile nel giro di pochissimi mesi nei primi anni ’90.

Oggi, si diceva, sempre per la bontà dei tempi, tutto è davvero molto cambiato e le scosse telluriche sono autoindotte, quasi masochisticamente: il “caso Salvini” è emblematico. Il ministro dell’Interno leghista provoca una crisi di governo, ne resta fagocitato e vittima esso stesso. Qui è il figlio che divora sé stesso e non esiste nemmeno un Saturno pronto a farlo: non c’è una struttura rivoluzionaria, come in Francia, che ricercando una stabilità sociale borghese alla fine fa prevalere il punto di vista girondino e manda al patibolo i capi veri del capovolgimento innescatosi con la convocazione degli Stati Generali nel 1789 e poi l’assalto alla Bastiglia.

La politica italiana è mediocre e va accettata in questo senso: non ci si può attendere una unione di intenti tra aspetto formale di cortesia istituzionale, ad esempio, e mosse politiche interpartitiche in queste ore di febbrilissime trattative tra PD e Movimento 5 Stelle.

Ognuno segue il suo canovaccio e spera di essere più furbo dell’altro e di guadagnare una casella in più, forse nemmeno per voglia di potere singolo ma semmai per proteggere il ruolo dinamico del proprio partito, quindi la funzione che esso esercita nello scacchiere di tutela dei privilegi dei grandi poteri economici cui un governo deve guardare se vuole governare, se vuole conservare il suo posto plurale e unitario al tempo stesso dentro una contraddizione mai veramente digerita dal padronato: la repubblica parlamentare.

Per questo si ipotizzano riforme che destrutturino nuovamente le due Camere e che rendano la rappresentanza sempre più rarefatta: la diminuzione, o meglio dire il “dimezzamento“, del numero dei deputati e dei senatori è apparentemente un risparmio per la democrazia (francamente io in una democrazia investirei sempre maggiori risorse piuttosto che tagliarle…); in realtà si tratta di un ritorno più timido della controriforma già avanzata proprio da quel PD che oggi dice di volere essere argine contro il sovranismo neofascista, eversivo e sovvertitore della Repubblica.

Accettando il primo dei punti messi in fila dal Movimento di Luigi Di Maio, Zingaretti, Orlando e Renzi hanno preso la palla al balzo per costruire le condizioni che comunque, nonostante i propositi di sostituire l’attuale legge elettorale con una di tipo proporzionale, consentano al governo di avere una prevalenza sul Parlamento: similmente alla “controriforma” Renzi-Boschi, ma con un rinnovato aspetto tutto “democratico“, inserito nell’ambito della formulazione di un esecutivo nuovo, che vede il PD “recuperare” la parte non sovranista (ma che con i sovranisti ha condiviso qualunque atto di governo in più di anno di legislatura) e agganciarla ad una destra che rispetta i diritti civili ma che è saldamente ancorata ai princìpi più esigenti del moderno liberismo.

Una battuta sia consentita: con il sostegno atlantico di Trump a Conte, si può certamente affermare che il governo che nascerà avrà proprio un chiaro profilo “progressista”!

Non c’è dubbio che PD e Cinquestelle restino profondamente differenti nella concezione di protezione delle classi dominanti dalle crisi economiche: i secondi, infatti, qualche svolta timidamente “sociale” la hanno, se non altro perché non sovraordinano direttamente le esigenze fisiologiche del mercato capitalista a quelle, ad esempio, della sostenibilità ambientale. Salvo poi, una volta al governo con la Lega, fare retromarcia su molti provvedimenti di stampo ecologista (vedasi la questione delle trivelle pugliesi).

Ma non c’è altrettanto alcun dubbio sul fatto che queste due forze politiche sapranno compensarsi bene se individueranno i punti su cui costruire un programma di governo che disponga una nuova formula di “pace sociale” nel Paese, facendosi ovviamente chiamare “governo giallo-rosso” e dando l’impressione di aver ad un tempo salvato la nazione da Salvini e ridato alle istituzioni la loro dignità formale.

Qui l’inganno è tutto per quella sinistra di alternativa, per “il manifesto” e per tanti altri che in queste ore formulano appelli di scampare il pericolo del salvinismo se si andasse al voto. La democrazia non si salva sostenendo governi di questa natura, ma si preparano invece tutti i viatici per consentire proprio ai sovranisti di tornare trionfatori ben presto, appena il “Conte-bis” metterà mano al lavoro, alle pensioni e alla sanità (nonché alla scuola e alle infrastrutture…).

Occorrerebbe guardare la luna e non il dito e accorgersi del potenziale che opposizioni come Lega e Fratelli d’Italia, magari con una tenue schermatura moderata di ciò che resta di Forza Italia, hanno e scateneranno per convincere gli italiani (che sono già, purtroppo, ampiamente convinti) del fatto che la democrazia del PD e dei Cinquestelle non farà che peggiorare lo stato di sopravvivenza delle classi deboli e che “prima gli italiani” sarà sempre la parola d’ordine da declamare a pieni polmoni.

Magari metteranno da parte per un attimo la questione delle migrazioni per abbarbicarsi alla più conveniente litania sui conti pubblici e sul recupero della sovranità nei confronti dell’Europa liberista.

La sinistra di alternativa che sosterrà il probabile nascente governo sarà così intrappolata tra l’approvazione di misure comunque volte a penalizzare le fasce deboli del Paese e a difendere un proprio ruolo autonomo che, a quel punto, avrà definitivamente perso.

Chi rimane fuori dal Parlamento almeno non faccia questo errore e se ne tiri fuori per tempo. Sostenere un governo liberista guidato da Conte, con gli applausi di Trump e la benedizione dell’Europa di Ursula von der Leyen è davvero troppo, anche per chi come il sottoscritto ha passato le stagioni uliviste e unioniste che, come ogni tempo passato, sembrano sempre migliori dell’attualità del presente.

MARCO SFERINI

28 agosto 2019

foto: screenshot

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