Le notizie false, le cosiddette “fake news”, sarebbero un pericolo per la democrazia. Così dicono dalle parti del Partito democratico.
Non c’è dubbio sul fatto che se esiste un abboccamento generale a queste notizie palesemente rimaneggiate e quindi non vere, intrise di un revisionismo calcolato sulla base dell’inganno di massa, il problema non è tanto delle “fake news” quanto della incapacità culturale e politica della popolazione di saper distinguere il falso dal vero.
Come riconoscerlo?
Anzitutto prendendosi del tempo, verificando le fonti e non credendo a tutto ciò che circola in rete, sulle reti sociali anzitutto.
Magari prima di dare per morto un attore si può dare uno sguardo all’Ansa e vedere se l’agenzia di informazione batte la notizia. Questo almeno per quanto concerne la veridicità dei fatti.
Sull’interpretazione dei medesimi si potrebbe aprire un altro capitolo di discussione che riguarda la sensibilità personale mediata dal tipo di impostazione culturale del singolo calato nella realtà collettiva della vita quotidiana.
Quindi, le “fake news” sono un problema per la democrazia soltanto se un popolo privo di coscienza critica (e di classe) è incapace di distinguere una “bufala” da un ragionamento.
Immagini con sopra pochi slogan non fanno una notizia.
Aprire un giornale, leggere un libro, ascoltare più versioni della stessa storia fa, invece, l’inizio di un ragionamento su una notizia. Così si riconosce il falso dal vero. E viceversa.
(m.s.)
foto tratta da Pixabay