Ma davvero può esistere un “bombardamento giusto”? Vorrei evitare qualunque retorica, anche quella pacifista, eppure dalla pace non si può prescindere. Se lo si facesse, si creerebbe un precedente pericoloso, legittimando la guerra e consegnandole la patente di “giusta” o “ingiusta” a seconda delle situazioni.
Non è nemmeno il caso di trattare questo argomento dal punto di vista storico-politico: ogni guerra si porta dietro una scia di orrore che può anche trovare una legittimazione nella disperazione di trovarsi a combattere contro tiranni così dominanti, totalitari ed enormi da far apparire ogni altra opposizione come l’emblema altrettanto assoluto della giustizia.
Esistono lotte giuste. Esistono cause giuste. Ma non esistono mai guerre giuste. E quando una guerra si scatena contro un’altra guerra, di solito è una lotta di uomini e donne che imbracciano le armi per far finire la guerra più grande, quella che ha generato tutte le altre. Alla guerra, da sempre, si risponde con la guerra.
Chi propone la soluzione della mediazione diplomatica viene ridicolizzato e messo davanti alla tragica realtà che, in effetti, più che di tragico non sa: sento già l’obiezione che aleggia nell’aria… Ma come pensate di combattere e sconfiggere Daesh se non con le armi, con gli eserciti e i bombardieri?
E’ ragionevole. Vedo anche io molto complicato andare a Raqqa e chiedere di parlare con il califfo e trattare con lui una tregua per arrivare ad una pace. Per cosa, poi? Per legittimare gli orrori che ogni giorno gli uomini dell’Isis praticano a cavallo di Siria e Iraq?
E’ evidente che serve una strategia militare per battere questi mostri nazisti del nuovo millennio. Ma… c’è un ma…
E’ un “ma” che mi frulla nella mente da quando questa storia del califfato è emersa come minaccia globale.
Possiamo davvero essere così ingenui dal pensare che la volontà di Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania sia quella di spazzare via dalla faccia della Terra il califfato nero perché mossa da un universale aspirazione alla pace e alla democrazia?
Se siamo ingenui fino a questo punto, allora possiamo continuare ad esserlo e ritenere che Obama, Putin, Hollande, Cameron e Merkel siedano davvero nei loro posti di governo e di potere per un genuino senso di attaccamento al bene comune.
Così come dovrebbe finire l’ingenuità partigiana di chi, nel dividere le forze in campo tra più buone o meno buone a seconda del tiranno che scelgono di spalleggiare, pensa che sostenere Putin sia un antidoto contro l’imperialismo americano. E cosa altro sarebbe quello russo se non un contro-imperialismo che vuole stabilire nella regione mediorientale una base di appoggio per gli interessi del gigante orso bianco, ostacolando lo zio Sam?
Qualcuno ha parlato di una riedizione della “guerra fredda”. Non c’è analisi migliore di questa semplificazione: il califfato di Al Baghdadi è la pretestuosità che i grandi governi potenti speravano si creasse per avere un pretesto che consentisse loro di mettere le mani sulla Siria e su un Iraq devastato da lotte intestine fintamente religiose e veramente di scontri di potere quasi tribali.
L’unica lotta che si è fatta largo, in mezzo a questo insieme di interessi economici e politici, priva di qualunque altra motivazione se non quella di ridare al popolo la sua libertà, è stata quella dei combattenti curdi: Kobane è l’esempio di questa coscienza libera che, infatti, proprio perché tale viene attaccata da tutti e aiutata da pochissimi.
La Turchia a parole afferma di combattere l’Isis e nei fatti bombarda coloro che combattono il califfato nero.
La Russia e gli Stati Uniti si bombardano a vicenda: la prima colpisce i ribelli filo-americani, i secondi colpiscono i curdi e le truppe governative di Assad.
Poi accade che sotto le bombe resti un altro ospedale di Medici senza frontiere. Accade che muoiono bambini, donne e anziani. Sembra che gli aerei russi abbiano centrato due presidi medici causando nove morti.
Ma che importa… E’ la guerra giusta della Russia contro l’imperialismo americano.
E il primo cretino che interpreta queste parole come un sostegno diretto o indiretto agli Stati Uniti conferma di avere dei pregiudizi politici su una vicenda umana che è umana da sempre.
Anche nel fare la guerra ci può essere una coordinazione tra gli attori del teatro dell’orrore. Ma l’interesse nazionale, l’imperialismo ora di Mosca, ora di Washington, ora dell’Europa divisa e confusa, questo interesse strisciante che si insinua in ogni atto che viene lodato come “liberatorio” per il popolo siriano, per i curdi e per tutte le altre minoranze della regione mediorientale, ogni atto è in realtà un atto contro quei popoli.
Un sadico gioco sulla pelle di milioni di persone che fuggono e che muoiono. Un sadico gioco che va avanti dall’inizio della storia dell’uomo e che sembra non dover finire mai. Almeno fino a quando esisterà un interesse economico da difendere davanti al rispetto anche di una sola vita.
MARCO SFERINI
16 febbraio 2016
foto tratta da Pixabay