Notizie d’agenzia
“Tra poco Maurizio Del Conte, amministratore dell’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), firmerà un atto molto importante da 730milioni di euro, che sono quelli della decontribuzione per il 2017. Gli incentivi del jobs act solo per il Mezzogiorno saranno confermati integralmente. Le aziende che scelgono di assumere al Sud hanno la decontribuzione totale come il primo anno del Jobs act. E’ un’importantissima scelta che abbiamo fatto per il 2017”.
Lo dice il premier Matteo Renzi a Caltanissetta. “Dicono che gli incentivi funzionano e pensano di criticarci…”, sottolinea il premier. La decontribuzione varrà solo per i giovani e i disoccupati. Lo precisa il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, spiegando che le decontribuzione sarà totale fino a 8.060 euro per 12 mesi per gli imprenditori delle regioni meridionali che, nel 2017, assumeranno a tempo indeterminato o in apprendistato giovani tra i 15 ed i 24 anni, e disoccupati con più di 24 anni privi di impiego da almeno sei mesi.
Questi i dati diramati dall’INPS
Inps: frena crescita posti lavoro, nuove assunzioni -7,7% Frena la crescita dei posti di lavoro nei primi 9 mesi dell’anno: dai dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, le assunzioni a tempo indeterminato sono calate del 32,3% (-442.580), così pure anche quelli stagionali (-7,3% e cioè 37.110 in meno) mentre aumentano le assunzioni a termine (91.460, +3,4%) e quelle in apprendistato (28.902, +20,8%). Complessivamente, i nuovi rapporti di lavoro e cioè le assunzioni sono in calo di 359.328 unità (-7,7%). In diminuzione anche le cessazioni, del 5,4%, e cioè 215.877 in meno.
Commento
Ancora una volta ci troviamo di fronte alla solita politica degli annunci e delle mistificazioni: i dati dell’INPS parlano chiaro rispetto al funzionamento del Job Act.
Soprattutto però, all’interno di una situazione finanziaria drammatica con alle viste crack bancari di notevole portata (MPS), non si affronta il nodo di fondo della creazione di lavoro vero attraverso una concreta politica industriale che manca in questo Paese da moltissimi anni, a partire dalla dismissione dell’IRI nei primi anni ’90 del XX secolo.
Stretta dell’UE e cavalli sbagliati (il modello piccola industria /distretti dei padroncini del Nord Est; made in Italy; terziarizzazione forzata, turismo e quant’altro di complementare se non di illusorio) , accompagnato dalla crescita smisurata del debito pubblico, alla corruzione, all’egemonia – in tante Regioni – delle organizzazioni criminali hanno combinato questo disastro.
L’Italia è in forte deficit nella siderurgia, è priva di chimica, è fortissimamente arretrata in elettronica e elettromeccanica, parte dell’industria cantieristica ripiega sulle demolizioni, l’agroalimentare è in buona parte in mano alle multinazionali dopo improvvide privatizzazioni o grandi crack provocati dai privati (Cragnotti, Tanzi).
Altro che riforme e spot da campagna elettorale: una strada pericolosa quella presa dal Governo, dopo la colossale frottola dello scontro in Europa.
Ricordarsene il 4 Dicembre per votare “NO”.
FRANCO ASTENGO
redazionale
17 novembre 2016
foto tratta da Pixabay