Già dilaniato da una guerra civile che dura da quattro anni e da una grave crisi alimentare, il Myanmar è ora devastato da un potente terremoto. Alle 14.20 di ieri (le 7.20 in Italia) la terra ha tremato a 16 km dalla città di Sagaing, nella zona centrale del paese, facendo registrare una scossa di magnitudo 7,7 della scala Richter. Poco dopo ne è seguita un’altra di assestamento, magnitudo 6,4. Il sisma ha fatto tremare Mandalay, la seconda città più grande del paese con circa 1,5 milioni di abitanti, e la capitale Naypyidaw, situata a oltre 240 km di distanza dall’epicentro.
L’U.S. Geological Survey e il centro tedesco Gfz per le geoscienze spiegano che il sisma è stato superficiale: dieci km di profondità. I terremoti più superficiali tendono a causare più danni e più vittime. Min Aung Hlaing, il capo della giunta militare – al potere dal febbraio 2021 – ha parlato di 144 morti e oltre 700 feriti. Il generale ha anche ammesso di aspettarsi che il bilancio si aggravi.
Per questo ha dichiarato lo stato di emergenza nelle sei regioni più colpite e lanciato un appello a «ogni paese» e «ogni organizzazione» perché portino il loro aiuto alla popolazione birmana. Questa apertura ai paesi stranieri fa temere una catastrofe di grandi proporzioni. Serve sangue, ma anche acqua potabile e tutti quei beni per prevenire malattie e aiutare le persone sfollate, che sono già oltre tre milioni a causa della guerra civile.
Il terremoto ha distrutto edifici, ponti, templi e strade, intrappolando centinaia di persone sotto le macerie. Le operazioni di soccorso si scontrano con gravi difficoltà logistiche e comunicative. Nelle aree colpite le linee telefoniche sono interrotte o funzionano a singhiozzo, mentre migliaia di residenti si trovano senza elettricità e connessione a internet limitata. Un malfunzionamento delle reti che ostacola i soccorsi.
Le restrizioni alla libertà di stampa imposte dalla giunta militare, che impediscono l’ingresso dei giornalisti stranieri, rendono difficile verificare l’entità della tragedia: le ricostruzioni e le testimonianze sono arrivate prima che i siti web ufficiali controllati dalla giunta andassero offline. Filmati sui social media mostrano edifici distrutti in diverse città, come a Rangoon, l’ex capitale, e a Naypyidaw, dove è crollato il grande mercato di Thabyagygone, affollato al momento della scossa.
Lo storico ponte Ava di epoca coloniale, sul fiume Irrawaddy, è letteralmente affondato. Gli ospedali sono al collasso, incessante l’arrivo dei feriti, anche gravissimi. La giunta militare fatica a gestire l’emergenza. In risposta, il governo ombra di opposizione, National Unity Government (Nug), promette supporto attraverso le milizie anti-golpe, lanciando un appello alla società internazionale.
Il sisma è stato avvertito anche in Thailandia e nella provincia cinese dello Yunnan. A Bangkok, lontana mille km dall’epicentro, sono crollati molti edifici. Dieci persone sono morte e 16 sono rimaste ferite nella capitale thailandese dopo il crollo di tre palazzi in costruzione. Almeno cento i dispersi. Il premier thailandese Paetongtarn Shinawatra ha dichiarato lo stato di emergenza per Bangkok.
La Thailandia, eccetto che nella zona nord, non è abituata né preparata ai terremoti, non trovandosi su un’area ad alto rischio sismico. A differenza di paesi ad alta sismicità come Giappone e Taiwan, non dispone di normative antisismiche stringenti, lasciando edifici e infrastrutture vulnerabili. A Bangkok, la crescita urbana incontrollata e la costruzione di grattacieli privi di criteri antisismici espongono circa 17 milioni di abitanti a rischi elevati.





Il Myanmar, invece, è situato lungo la faglia di Sagaing ed è soggetto a terremoti relativamente frequenti, con sei scosse di magnitudo 7 o superiori registrate tra il 1930 e il 1956. Oggi, la combinazione di edifici insicuri, servizi sanitari carenti – specie nelle campagne – e crescita urbana disordinata moltiplica i rischi per la popolazione.
La comunità internazionale si è mossa immediatamente. L’Onu sta mobilitando aiuti, mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità ha attivato il proprio sistema di gestione delle emergenze e sta predisponendo l’invio di forniture mediche, tramite il suo hub logistico di Dubai per fornire materiali sanitari destinati al trattamento dei traumi. L’Unione europea si è detta pronta a fornire aiuti a Myanmar e Thailandia, mentre il presidente Trump ha detto che gli Usa aiuteranno il paese dopo il sisma.
GIULIA DE CAROLI
foto: screenshot tv