Nel 2023 c’è stato il record storico delle famiglie in povertà assoluta in Italia: 5,7 milioni. Sono aumentate di 136 mila unità in particolare nel Nord. È uno dei risultati delle politiche sociali ed economiche adottate dal governo Meloni nel primo anno di mandato. Lo ha attestato ieri l’Istat nelle stime preliminari che hanno messo in luce un progressivo peggioramento di questa condizione rispetto al 2022.
Ad avere influito su questo risultato è stata l’inflazione e il caro vita che hanno colpito le famiglie e gli individui più poveri. La spesa media è cresciuta da 2.519 a 2.728 euro mensili. Questa è una conseguenza del taglio degli aiuti di una parte degli aiuti governativi stanziati ai tempi del Covid, decisi prima del passaggio al mercato «libero» di gas e elettricità.
Ed è la dimostrazione che iniziative di facciata come il «carrello tricolore anti-inflazione» sono state inutili nell’ultimo trimestre del 2023. Inoltre, la progressiva dismissione dello stato sociale, non provocata solo all’ultimo esecutivo, ha aggravato la povertà. Sono infatti aumentate anche le spese per trasporti (+8,7%) e per salute (+3,4%).
Per l’Istat, la presenza di figli minori continua a essere un fattore che espone maggiormente le famiglie alle povertà. Il caro prezzi ha inciso evidentemente in maniera più marcata sul tenore delle famiglie che hanno almeno un figlio minore (12%). Per quelle che vivono con persone anziane si è attestata al 6,4%. I minori che vivono nelle famiglie in povertà assoluta, nel 2023, erano pari a 1,3 milioni.
Una cifra inquietante in un paese europeo che conferma una delle caratteristiche del «regime della povertà» italiana. Le altre sono: povertà strutturale al Sud, i giovani sono i più colpiti perché privi di tutele, le famiglie dei cittadini extracomunitari sono più povere tra i poveri.
Alla luce di questi fattori è possibile che il 2024 segnerà un ulteriore peggioramento della condizione di povertà. A questo esito potrebbe portare la sostanziale inesistenza di politiche sociali, l’irrilevanza del «taglio del cuneo fiscale» propagandato dal governo e l’assenza degli investimenti ormai spostati nel Pnrr i cui effetti sono difficilmente quantificabili, a detta dello stesso commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni.
È in questo contesto che andranno valutati gli effetti della disastrosa politica anti-sociale del governo Meloni che, ancora ieri, ha rivendicato la drastica riduzione del «reddito di cittadinanza», ribattezzato «assegno di inclusione» e «supporto per la formazione e il lavoro».
Con il peggioramento delle condizioni socio-economiche questo taglio finirà per escludere ancora più persone da un sostegno del tutto insufficiente e malconcepito, oltre tutto identificato già dal 2019 con l’opposto di un’inconsistente «politica attiva del lavoro» che non ha dato, né darà mai, i risultati promessi.
Se Meloni ieri ha ribadito il ritornello per cui «la povertà non si cancella con un decreto» (la polemica è contro i cinque stelle), le opposizioni le hanno risposto che con il decreto che ha abolito il «reddito di cittadinanza» il primo maggio scorso il governo ha «creato i nuovi poveri».
Diciamo che potrà dargli un’altra spinta che sarà però attestata compiutamente il prossimo anno. Da più parti si chiede il ripristino di una «misura universale» del reddito, ci si augura meno condizionato e selettivo del precedente; il salario minimo, aumento degli stipendi, meno precarietà.
Quello che è certo è che il governo non ha fornito molti dati sullle nuove misure in vigore. Li ha ricordati ieri la Cgil secondo la quale le domande accolte di «assegno di inclusione» sono state 550 mila, al di sotto delle 737 mila attese, e poco meno della metà del milione 200 mila famiglie che un anno fa percepivano il «reddito di cittadinanza».
Sul «sostegno formazione e lavoro»: a fronte di 400 mila possibili beneficiari, a gennaio hanno percepito i 350 euro solo 24 mila. Il «governo risparmierà 4 miliardi di euro». Chissà se andranno alle imprese che, a dire di Meloni, sono quelle che creano «ricchezza». Quella dei proprietari.
ROBERTO CICCARELLI
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