E’ evidente che il dato politico più rilevante sia stato rappresentato dal passaggio della maggioranza della Camera dei Rappresentanti dal Partito Repubblicano a quello Democratico e su questo punto si sono concentrate le attenzioni della maggior parte degli osservatori.
Risulta importante, però, analizzare i dati anche in proiezione delle presidenziali 2020, tra due anni, quindi un tempo non lunghissimo quello che rimane da trascorrere in attesa di un nuovo responso dalle urne.
Allo scopo di eseguire questa operazione di analisi del voto sono stati allora presi in considerazione i numeri in cifra assoluta e non in percentuale riguardanti i 36 stati nei quali si è proceduto al rinnovo della carica di Governatore. Si tratta, infatti, di dati disponibili nell’immediato e di facile lettura.
Si ritiene infatti che il tipo di elezione e la dimensione territoriale di riferimento, quella dello Stato, rappresentino al meglio la stessa dinamica dell’elezione presidenziale: preponderante bipartitismo pur in presenza di qualche candidato aggiuntivo e confine geografico del voto all’interno dello Stato.
Condizioni come abbiamo avuto occasione di verificare nel novembre 2016 assolutamente decisive, stante il sistema elettorale in vigore per l’elezione presidenziale, all’esito della quale non concorre la maggioranza del voto popolare su tutto il territorio della Nazione bensì la maggioranza acquisita attraverso i delegati dei diversi Stati.
Gli stati interessati all’elezione della carica di Governatore, in questa tornata, erano 36 su 50: in 20 di questi è prevalso il Partito Repubblicano , lo stesso numero di Stati nei quali aveva prevalso Trump nel 2016
Diverso sarebbe stato il discorso se si fossero esaminati i dati prendendo a riferimento le precedenti elezioni dei diversi Governatori.
L’esito delle elezioni del novembre 2018 dimostra come nella sostanza non sia mutata più di tanto la geografia del voto in vista delle elezioni presidenziali. Si conferma il colore rosso (quello del GOP) nell’area centrale del Paese, quella che risultò decisiva per il successo di Trump.
Il voto popolare invece si è, in una qualche misura, “spalmato” a favore dei repubblicani che nel computo finale hanno ridotto il distacco che a novembre 2016 si era determinato nei riguardi dei democratici affermatisi – appunto – nel voto popolare ma perdenti nell’elezione dei delegati alla Convenzione.
Addentriamoci allora nei meandri dei numeri.
Prima di tutto va segnalato che non si è verificato il presunto boom nella partecipazione al voto.
Nel novembre 2016 nei 36 stati presi in considerazione erano stati deposti nelle urne 106.452.641 voti, ridotti nel novembre 2018 a 84.204.287, quindi con una flessione di 22.248.354 voti. Evidentemente come da tradizione le elezioni governatorali attraggono meno elettrici ed elettori di quelle presidenziali.
Il Partito Democratico ha conservato la maggioranza del voto popolare con 41.558.159 voti rispetto ai 52.539.756 voti convenuti nel 2016 sul nome di Hillary Roadman Clinton. Il partito democratico quindi flette di 10.981.597 suffragi.
La diminuita partecipazione al voto ha fatto arretrare anche il Partito Repubblicano che scende da 48.046.227 (Trump 2016) a 40.652.420 voti: meno 7.393.807.
I voti assegnati ai cosiddetti “altri” scendono da 5.866.658 (2016) a 1.993.708 (2018) con una flessione di 3.972.950 suffragi.
In percentuale sul totale dei voti validi il Partito Democratico rimane stabile al 49,35%, il Partito Repubblicano sale dal 45,13% al 48,27% mentre gli “altri” scendono dal 5,52% al 2,38%.
Un commento assolutamente sintetico può indicare come, se si fosse pensato con il voto di midterm di minare le basi per una riconferma di Trump, questo risultato non è stato raggiunto.
Siamo di fronte ad un esito del voto fortemente contrastato che conferma la spaccatura verticale della società americana soprattutto vista sotto l’aspetto dell’espressione di valori fondativi:una situazione del tutto inedita per quel che riguarda i tempi più recenti,
Quello del novembre 2018 può essere considerato infatti una sorta di voto d’attesa, senza che si siano dimostrati slanci particolari: il GOP può aver perso in alcune situazione di vantaggio come dimostra il voto alla Camera dei Rappresentanti ma si è probabilmente rafforzato in situazione di sofferenza, attraverso appunto la già citata “spalmatura” del voto che ne ha dimostrato una certa capacità di uscire da un “recinto” predeterminato.
Infine l’elenco degli stati interessati per questa rilevazione suddivisi tra quelli a maggioranza democratica e quelli a maggioranza repubblicana.
Democratici: California, Colorado, Connecticut, Hawaii, Illinois, Kansas, Maine, Michigan, Minnesota, Nevada, New York, Nuovo Messico, Oregon, Pennsylvania, Rhode Island,. Wisconsin
Repubblicani: Alabama, Alaska, Arizona, Arkansas, South Carolina, South Dakota, Florida, Georgia, Idaho, Iowa, Maryland, Massachusetts, Nebraska, New Hampshire, Ohio, Oklahoma, Tennessee, Texas, Vermont, Wyoming.
FRANCO ASTENGO
10 novembre 2018
foto tratta da Pixabay