Un milione di poveri assoluti in più nel primo anno della pandemia: da 4,6 milioni nel 2019 a oltre 5,6 nel 2020. Le famiglie in povertà sono oltre due milioni. Senza un’evoluzione del cosiddetto «reddito di cittadinanza» verso un reddito di base l’anno prossimo ci ritroveremo a commentare l’aumento di un altro milione di poveri. Questa misura può essere creata innalzando i criteri di accesso come l’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) liberato da vincoli e condizionalità che oggi escludono i soggetti più colpiti: i lavoratori poveri che hanno perso il lavoro e i cittadini extracomunitari residenti da meno di dieci anni.
LE STIME comunicate ieri dall’Istat sono definitive. Mai questo livello era stato raggiunto dal 2005, anno in cui sono iniziate ad essere compilate le serie storiche. Rispetto alla crisi del 2007-2008, da cui l’Italia non si è ancora ripresa, quella innescata dal Covid si annuncia peggiore, mentre gli strumenti del Welfare restano inadeguati.
I senatori dei Cinque Stelle in commissione lavoro ancora ieri hanno rilanciato l’idea per cui il «reddito di cittadinanza» – in realtà un sussidio di ultima istanza collegato a politiche attive del lavoro particolarmente feroci sulla carta e mai ancora applicate – è stato «un fondamentale strumento di protezione sociale in questo anno drammatico». Più che una diga, questo «reddito» è stato un lenitivo che non ha raggiunto nemmeno tutta l’area della povertà assoluta preesistente al Covid. Secondo l’Istat nel 2019 gli individui in questa condizione erano poco più di 4,6 milioni, mentre l’anno prima erano poco superiori ai 5 milioni (un calo di poco più di 400 mila unità, dunque). Per l’Inps ad aprile 2021 il «reddito» (559 euro medi mensili) copriva 1,1 milioni famiglie, 2,6 milioni di persone, poco più della metà dei poveri assoluti nel 2019.
Come si spiega questo fenomeno? Per i limiti restrittivi concepiti per escludere e non includere. Per ottenere il beneficio bisogna avere, tra l’altro, un Isee inferiore a 9.360 euro; un patrimonio finanziario non superiore a 6 mila euro; un reddito familiare inferiore a 6 mila euro moltiplicato per una scala di equivalenza che penalizza le famiglie numerose (le più colpite oggi). Questi criteri, già oggi, impediscono di raggiungere potenzialmente tutti i poveri assoluti. Non solo: escludono tutti coloro che hanno perso il lavoro, quindi una fonte di reddito, e quelle che non hanno perso il lavoro ma il reddito con la cassa integrazione. Il problema è stato posto inutilmente già durante i mesi più drammatici dei lockdown. Invece di modificare questi problemi strutturali il governo «Conte 2» ha inventato un’altra misura, il «reddito di emergenza». Si tratta di un doppione del «reddito di emergenza» che risponde a criteri leggermente più ampi, ma pur sempre temporanei e occasionali, del tutto inadeguati per rispondere a un’emergenza strutturale che rischia di durare anni.
Nella sua analisi l’Istat segnala come il «reddito di cittadinanza», misure straordinarie come bonus erogati senza alcuna prospettiva e le casse integrazioni abbiano diluito «l’intensità della povertà assoluta», ma in tutta evidenza non hanno fermato il suo aumento in termini assoluti. Sono stati persi molti redditi principali nelle famiglie, ma anche molti secondi redditi, quelli ad esempio delle donne che di solito permettono di mantenere la famiglia al di sopra la soglia della povertà. Insieme ai giovani la crisi le ha colpite molto duramente. L’Istat dimostra che la nuova povertà riguarda anche le famiglie che, pur pagando un mutuo, sono povere e non riescono ad affrontare le spese fondamentali per il sostentamento. I criteri del «reddito di cittadinanza» escludono molte di queste persone che non erano povere in termini assolute, ma erano in condizioni critiche. La crisi ha peggiorato la loro condizione. Oggi però non possono dimostrare di essere povere perché il sussidio viene erogato in base alla situazione economica di due anni fa e non in base di quella corrente.
Altro dato fondamentale per capire la natura della crisi: sono colpite le famiglie con figli minori ed è aumentata la povertà assoluta dei bambini e degli adolescenti: 1,3 milioni di persone. Secondo l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Carla Garlatti tra il 2019 e il 2020 i minorenni in povertà assoluta sono aumentati di 200 mila unità. L’incidenza di povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti. E qui emerge il lato più inquietante, e meno discusso, della misura voluta da Lega e Cinque Stelle nel 2019: il suo razzismo. Per l’Istat le famiglie dei cittadini stranieri extracomunitari con figli sono le più colpite (29,3%). Tranne quelle residenti da più di dieci anni le altre sono escluse dal beneficio del «reddito» da una norma abnorme e incostituzionale.
ROBERTO CICCARELLI
foto: screenshot