Jean-Luc Mélenchon, candidato alle elezioni presidenziali francesi per il Front de Gauche, sta tallonando François Fillon, ex primo ministro ed esponente di spicco del centrodestra rappresentato da Les Républicains di Sarkozy. Entrambi sono al 19% nel gradimento dei francesi, secondo recenti sondaggi. Insomma, un uomo della sinistra che unisce comunisti e neogiacobini insieme ad ecologisti e libertari, può arrivare ad avere un ruolo nella corsa all’Eliseo e quindi portare la “gauche” a giocare un ruolo importantissimo in una di quelle che è tra le partite politiche più importanti per la Repubblique.
Dunque, in Francia, la sinistra di alternativa ottiene un riconoscimento che le proviene da un gradimento certamente fondato su una unità di intenti, su un programma chiaro per una Sesta Repubblica francese che non sia più quella “monarchia repubblicana” che oggi è un potere che non rappresenta veramente il popolo e, alla fine, su un consenso che le deriva dal confronto con un Partito socialista che è l’interprete dei voleri di Bruxelles e, quindi, come per il PD in Italia, è nella visione collettiva dei francesi l’esecutore della rigidità monetaria, del liberismo sfrenato e della compressione economica imposta dall’austerità tedesca.
La sinistra di alternativa francese trova spazio e si fa largo in un campo politico certamente non semplice: Marine Le Pen è lì ad insidiare il candidato favorito di En marche!, Emmanuel Macron: la destra estrema contro un intellettuale, liberale con una propensione per una “terza via” alternativa alle classificazioni tanto di “droite” quanto di “gauche”.
Il candidato dei socialisti, Benoît Hamon, difficilmente riuscirà a risalire la china e a diventare un competitor nella scena di un podio a tre. Per ora sono posizionati sopra i gradini più alti Macron e Le Pen; il terzo posto se lo giocheranno Fillon e, a quanto pare, il nostro Jean-Luc Mélenchon.
Questo lo scenario di una Francia che va al voto con problemi simili a quelli di ogni altro paese d’Europa e dove, nonostante ciò, la sinistra non socialista, quindi in discontinuità con l’europeismo di Hollande, in aperta ed evidente alternativa con una visione monetaria della società, fuori dagli schemi del compatibilismo a tutti i costi, del rientro nei parametri dei trattati europei, questa sinistra trova delle chances per poter agire, interpreta il malessere sociale che deriva soprattutto dallo scontento popolare per le controriforme sul lavoro che anche nel grande esagono d’Europa, in una delle nazioni degli antichi Fronti popolari, pesano sul destino di milioni di sfruttati e di senza lavoro, di precari e di incertezze di ogni tipo in materia di stato sociale.
In Italia questo processo di ricostruzione del consenso, attraverso una rappresentanza chiara e definibile senza eccezione alcuna, è tutto invece ancora in fase di elaborazione. Nemmeno in costruzione. Ed occorre essere più dinamici e veloci nel recuperare un valore aggiunto, politicamente e socialmente parlando, alla sinistra di alternativa. Possiamo e dobbiamo essere gli interpreti di un disagio che nessuno è riuscito a dirimere per impossibilità congenite di sistema fondamentalmente: le destre, anche quelle più agguerrite nel proclamare la difesa dei diritti dei più deboli, sono fino in fondo conservatrici e pronte al compromesso col potere economico; il centrosinistra (ciò che ne rimane, miseramente) è l’espressione stessa della ricerca di una pace sociale che non può attivare con politiche di aggressione ai diritti del lavoro, di tutela delle banche e di taglio della spesa pubblica nei settori strategici di ciò che un tempo avremmo chiamato “stato-sociale”; altri movimenti in stile “terza via” (alla Macron) alla prova della gestione amministrativa non intraprendono politiche di discontinuità con le precedenti amministrazioni se non, comunque su un piano molto importante, in tema di legalità.
Tutto si ferma sempre nei contorni di uno scenario dove la sinistra di alternativa non riesce ancora a trovare il pertugio in cui entrare e dal quale uscire rafforzata da una connessione rinnovata con un popolo che, nonostante non ne percepisca il bisogno, ne avrebbe molto bisogno.
Lavorare in questo senso vuol dire, in Italia, arrivare ad un collegamento di una sinistra continentale che punti sempre più su parole d’ordine e di programma semplici, immediate, perché semplici e terribilmente immediati e cogenti sono i problemi che i proletari moderni si trovano davanti.
La sopravvivenza è all’ordine del giorno, quasi dell’ora… E’ una lotta infinita che annulla la vera nobiltà della vita, la verità dei fatti e quindi la crescita delle coscienze critiche.
La Francia ci insegna molto. Proviamo ad imparare senza la necessità di imitare, ma di fare semplicemente tesoro di una acquisizione di strumenti ideologico-politico-sociali che ci permettano di avere, in un giorno non troppo lontano, una coalizione di comunisti, libertari ed ecologisti che punti a Palazzo Chigi e che sia percepita senza interpretazioni, senza se e senza ma, come alternativa a tutto il resto che si propone nell’agone politico dell’italica penisola.
MARCO SFERINI
redazionale
9 aprile 2017
foto tratta da Pixabay