“Il corteo sta per partire. Non abbiamo verità in tasca e non ne vogliamo. Chi vuole stare al nostro fianco è il benvenuto”. Il messaggio dell’assemblea permanente nata all’interno della Gkn viene raccolto da migliaia di persone, che fin dal primo mattino si stringono intorno allo stabilimento di via Fratelli Cervi. La manifestazione che segue lo sciopero generale di lunedì scorso, con piazza Santa Croce gremita, è un successo che salta agli occhi.
Non era scontato, anche se sui media tradizionali e sui social è evidente l’attenzione per una vertenza assurta a simbolo. Perché la storia della fabbrica di Campi Bisenzio chiusa con una mail, da un fondo di investimento disinteressato anche al confronto con le istituzioni, sta facendo capire che da una parte c’è la logica della finanza che deve acquistare, tagliare e rivendere, per far crescere i suoi titoli in borsa sulla pelle di 500 famiglie. Dall’altra la vita delle persone e i loro bisogni, con un’intera comunità che dà loro tutta la solidarietà possibile.
Alla fine si conteranno più di 5.000 persone in corteo, in una cittadina dell’area metropolitana fiorentina non facile da raggiungere per chi è arrivato qui, anche in treno, da ogni parte del Paese, sotto un sole che cuoce e un caldo che taglia il respiro. L’organizzazione inizia subito a distribuire bottigliette d’acqua, ancor prima della partenza ufficiale della manifestazione, con in testa lo striscione del Collettivo di Fabbrica ormai celebre: “Insorgiamo”.
Le lavoratrici e i lavoratori della Gkn chiariscono il senso della giornata, vogliono abbracciare chiunque si metta al loro fianco. Ma questa lotta la portano avanti loro. In testa gli operai e chi opera in appalto, dietro le organizzazioni sindacali, compatte, da quelle confederali alle sigle di base, poi le forze politiche e sociali. Tutte presenti. Spiccano le adesioni dell’Anpi e dell’Arci: la storia del territorio, che va dal mutualismo alla Resistenza, è visibile e dà il senso più profondo di una lotta che è anche diventata di popolo.
Ci sono delegazioni degli operai Fca di Melfi e di Pomigliano d’Arco, non mancano quelli della Sammontana di Empoli. Poi quelli della Texprint di Prato licenziati perché chiedevano il rispetto del contratto nazionale di lavoro, e quelli della Whirlpool di Napoli che stanno lottando da mesi e mesi chiedendo di poter avere un futuro. In questa zona industriale sono tanti i capannoni piccoli e grandi dove si lavora anche di sabato, e gli operai si affacciano dalle finestre per solidarizzare. “Perfino al centro commerciale i Gigli – osserva con ironia tutta toscana Lorenzo Ballerini, consigliere comunale di Campi a Sinistra – è stato esposto uno striscione di sostegno. Perché si dice abbiano paura che al posto della fabbrica sorga un centro commerciale rivale”.
Dopo gli striscioni sindacali ecco arrivare le bandiere delle forze politiche. Ce n’è qualcuna dei Giovani Democratici, ma quelle più numerose sono delle forze alla sinistra del Pd, da Rifondazione a Potere al Popolo, da Sinistra Italiana al Pci, e poi Firenze Città Aperta, Pcl, Pmli, Fronte della gioventù comunista, Carc e ancora altre. In corteo c’è la sardina Mattia Santori, così come naturalmente il sindaco di Campi Bisenzio, Emiliano Fossi, il presidente regionale Eugenio Giani e le assessore Nardini e Monni del Pd e Spinelli di Sinistra civica ecologista, insieme a tante altre figure istituzionali dei dem. A tutte e tutti arriva un messaggio chiaro dalle tute blu Gkn: “Noi abbiamo le nostre idee. Questa è la nostra battaglia. Le contraddizioni non sono le nostre e ognuno dovrà fare i conti con le proprie, ma ora è il momento di accogliere tutte le energie a favore della nostra lotta. È l’assemblea di chi lavora in Gkn, anche in appalto, che decide per questa lotta, ma serve benzina nel nostro motore, e non è il momento di levarsi sassolini dalle scarpe”.
La segretaria generale della Fiom Cgil, Francesca Re David, chiama in causa il governo chiedendo l’uso delle risorse del Pnrr per poter intervenire in casi come questo: “Si deve impedire che il Pnrr e le politiche industriali di questo Paese le facciano i fondi e le multinazionali. L’industria dell’automotive è il 27% della nostra bilancia commerciale, perderla e non difenderla significa che l’Italia rinuncia ad essere il secondo paese manifatturiero d’Europa. Il governo deve reagire subito”. “Solo il pubblico – osserva a sua volta Antonello Patta del Prc – può garantire il passaggio del settore alla transizione ecologica, di fronte ai ritardi del capitalismo, e alle assenze di politiche efficaci da parte dei governi”.
Alla fine della manifestazione Dario Salvetti, delegato Fiom, tira le somme della giornata: “Questa adesso è un’azienda di fatto in mano a chi lavora. Potremmo far ripartire la produzione in qualsiasi momento. Siamo ancora in piedi”. Per lui, e per tutti i suoi compagni licenziati, c’è già una vignetta di Zerocalcare.
DMITRIJ PALAGI
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