Il Partito Comunista di Gran Bretagna (CPGB) nacque nell’agosto del 1920 da diversi piccoli gruppi politici, di cui il più influente fu il Partito Socialista Britannico. Nella sua storia, terminata nel 1991 in concomitanza col crollo dell’Unione Sovietica, non raggiunse mai grandi successi elettorali, ma godette sempre delle simpatie di numerosi intellettuali, di studiosi, di scienziati, di artisti. Molti non lo sapranno, ma anche Tilda Swinton, premio Oscar nel 2008 per il film Michael Clayton era tra questi.
Nel 1942 il CPGB raggiunse i 56000 iscritti, il picco più alto mai raggiunto, e quaranta anni dopo, precisamente il 2 dicembre 1982, moriva uno dei suoi più celebri attivisti l’attore Marty Feldman.
I suoi genitori, ebrei immigrati da Kiev, si erano felicemente trasferiti a Londra dove Marty nacque l’8 luglio del 1934. “Ero un bel bambino, assomigliavo a Shirley Temple. Ero una specie di Shirley Temple gotica. Una Shirley Temple ebrea” disse in seguito. Ma Martin Alan Feldman era anche figlio di una contaminazione di culture e comportamenti che gli insegnarono il valore del denaro, la sofferenza per non averne abbastanza e il brivido per uno stile di vita colorato e cosmopolita.
Cresciuto con i genitori e la sorella minore Pamela nell’East End, durante la Seconda Guerra Mondiale Marty venne evacuato con la famiglia in campagna dove per la prima volta realizzò da dove proveniva veramente il cibo. “Un sandwich di carne di manzo era una cosa, ma quando hai accarezzato la testa di un’amichevole creatura dagli occhi umidi e poi, il giorno dopo ti siedi per mangiarla fatta a pezzi e ben cotta, la questione cambia radicalmente”. Divenne vegetariano quando “un bel giorno George il coniglio era diventato George, la cena”.
Dopo la guerra la condizione economica della famiglia Feldman migliorò, grazie a fortunati investimenti e, questo portò Marty a maturare un anticonformismo non di facciata. Lo status di “borghese” non gli si addiceva, così come la nuova casa a North Finchely. Il giovane Marty, infatti, preferiva dormire in tende improvvisate nei parchi con i barboni e suonare jazz con la sua tromba.
Dopo aver cambiato numerose scuole, talvolta perché espulso talvolta per abbandono, Marty lasciò gli studi definitivamente per inseguire il sogno di diventare un trombettista in Francia, ma scoprì e rafforzò il suo talento comico ispirato alle comiche di Buster Keaton, suo autentico idolo, e dei Fratelli Marx.
A venti anni, tornato in Gran Bretagna, lavorò allo show radiofonico “Round the Horne” insieme all’umorista Barry Took, cui fecero seguito “We’re in Business” e “The Army Game” che registrarono un incredibile successo in termini di ascolti. Un successo che portò queste produzioni dalla radio alla televisione.
Nel 1961 Feldman iniziò a soffrire di problemi alla tiroide, il Morbo di Basedow-Graves, che modificò il suo aspetto, ma contribuì in qualche modo al suo successo benché il comico dichiarò: “La mia faccia riflette in pieno il disastro totale della mia vita. I miei occhi sono il prodotto di una malattia della tiroide causata da un incidente quando, da ragazzo, qualcuno mi ficcò una penna in un occhio. Poi venni colpito da una palla da cricket e un po’ di ossa vennero sistemate in qualche modo”.
Gli anni seguenti segnarono la sua definitiva affermazione alla BBC, dove collaborò con i futuri Monty Pyton, Michael Palin, Terry Jones e John Cleese. Dal debutto con “The Frost Report” allo show “Marty” il successo fu costante in tutta la Gran Bretagna, dove si diffusero i suoi tormentoni. Feldman era più di un comico, era diventato un simbolo per il movimento per la libertà di espressione dei vivaci anni sessanta al pari dei Rolling Stones. Dava supporto ad ogni battaglia per i diritti civili, si iscrisse, come detto, al Partito Comunista di Gran Bretagna.
Sbarcato negli Stati Uniti, dove era un emerito sconosciuto, partecipò al “Dean Martin Show” e le sue apparizioni lo portarono ad avere uno spettacolo tutto suo, il “Marty Feldman’s Comedy Machine” programma impreziosito da una serie di animazioni del “Pyton” Terry Gilliam.
Nel 1968 Marty Feldman debuttò sul grande schermo nella parte di un infermiere di nome Arthur nel film Le mutazioni diretto da Richard Lester, l’ultimo ad aver diretto l’idolo Buster Keaton in Dolci vizi al foro nel 1966, in cui il regista “reagisce al fallimento del ’68 e alla guerra in Vietnam con una parabola cupa sulla sorte dell’umanità (Mereghetti)”. Il primo ruolo da protagonista lo ottenne, invece, in Ogni uomo dovrebbe averne due di Jim Clark, in cui un pubblicitario, interpretato da Feldman, crea una campagna a sfondo erotico per pubblicizzare una marca di cereali sfidando l’intransigente moralismo della società.
Ma il suo volto, la sua ironia, le sue smorfie sono indissolubilmente legate al Frankenstein Junior (1974) di Mel Brooks. Il ruolo dell’aiutante del “professore pazzo” era stato portato sugli schermi da Dwight Frye, col nome di Fritz, nel Frankenstein del 1931 di James Whale con Boris Karloff. Ma fu il grande Bela Lugosi, l’attore unghesere che impersonificò il primo Dracula della storia, quello del 1931 diretto da Tod Browning, a dare vita ad Igor nei film Il figlio di Frankenstein e nel successivo Il terrore di Frankenstein. Ma anche il Riff Raff di The Rocky Horror Picture Show interpretato da Richard O’Brien rientra nel filone. In tempi recenti è stato Daniel Radcliffe, ai più conosciuto come interprete protagonista della saga di Harry Potter, ad interpretare l’aiutante del professor Frankenstein.
Ma nessuno dei predecessori o dei successori di Marty Felmand è mai riuscito, e probabilmente riuscità mai, a caratterizzare Igor come l’attore inglese. Gene Wilder, protagonista di Frankenstein Junior, dichiarò “Ogni sabato sera guardavo The Marty Faldman Comedy Machine. Igor di Frankenstein Junior è stato creato per Marty: l’avevo sempre in mente, nessun altro avrebbe potuto interpretare quella parte”.
Ho scritto di Wilder come protagonista del film, ma in realtà Feldman rubò la scena a tutti da Wilder alias il Dr. Frederick Frankenstein a Peter Boyle che interpretava la creatura. Le sue battute, spesso improvvisate da “Quale gobba?” a “Potrebbe esser peggio… Potrebbe piovere!” passando per il proverbiale “No, Si pronuncia Aigor” lo consegnano nell’immaginario collettivo (scelta dal doppiaggio italiano l’altrettanto celebre “Lupo ululà e castello ululì”).
La trama del film, sceneggiato da Gene Wilder e Mel Brooks, è semplice. Il nipote del Barone Frankenstein, con l’aiuto del gobbo Igor e dell’assistente Inga, interpretata da Teri Garr premio Oscar per Tootsie, crea un uomo artificiale consegnandoci, tra inconvenienti e gag, la migliore e più divertente parodia dei classici dell’orrore.
Wilder e Brooks rimangono nella vita di Marty Feldam. Per il primo recita nel modesto Il fratello più furbo di Sherlock Holmes del 1975, per il secondo è Bellocchio ne L’ultima follia di Mel Brooks del 1976. Il film racconta la storia di un regista che, coadiuvato da due aiutanti, cerca di salvare una piccola casa di produzione indipendente dalla voracità delle multinazionali, ma, come recita il titolo originale Silent movie, è un film muto, parodia delle grandi comiche che avevano visto nell’idolo Buster Keaton uno dei maggiori interpreti. L’unica parola del film di Mel Brooks è un “No!” pronunciato curiosamente dal noto mimo Marcel Marceau. In mezzo ai due film lungometraggi americani Feldman partecipa al film italiano a episodi 40 gradi all’ombra del lenzuolo di Sergio Martino.
Feldman non si accontentò e sperimentò la regia con esiti non del tutto soddisfacenti. Debuttò dietro la macchina da presa con il film Io, Beau Geste e la legione straniera parodia del film Beau Geste del 1939 interpretato da Gary Cooper. Meno bello, ma più impegnato, Frate Ambrogio anche se dalla pessima titolazione italiana non si coglie l’aspra critica alla commercializzazione della religione presente nel titolo originale In God We Tru$t. Non a caso Feldman una volta affermò che “Gesù era ebreo, suppongo, ma non il tipo di ebreo che verrebbe accattato nei sobborghi di Hampstead Garden (quartiere borghese di Londra, nda). Non era un dottore o un avvocato… Non poteva avere la sua targhetta di metallo”.
Nel 1982 interpretò Comiche dell’altro mondo con Jerry Lewis e lavorò al film Barbagialla, il terrore dei sette mari e mezzo diretto da Mel Damski con gli amici Graham Chapman, Eric Idle e Peter Boyle. Durante la lavorazione del film, a Città del Messico, morì prematuramente per un attacco di cuore a soli quarantotto anni, privandoci di un artista dal talento unico.
Oggi riposa nel cimitero di Forest Lawn Memorial Park, a Los Angeles, finalmente accanto al suo idolo Buster Keaton.
redazionale
Bibliografia
“Dizionario del comunismo del XX secolo” a cura di Silvio Pons e Robert Service – Einaudi
“Marty Feldman. Vita di una leggenda” Robert Ross – Sagoma Editore
“Monty Pyton. La storia, gli spettacoli, i film” di Francesco Alò – Lindau
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi
Immagini tratte da
Immagine in evidenza Screenshot dal film Frankenstein Junior e dalla trasmissione Marty Feldman’s Comedy Machine, foto 1 da photobucket.com, foto 2 da it.wikipedia.org, foto 3 da www.sagoma.com, foto 4, 5, 6, 7 Screenshot del film riportato nella didascalia