Duellanti e bugiardi. Turchia e Stati Uniti sono da molto tempo alleati riluttanti, sull’orlo di una crisi di nervi perenne anche quando si tratta di raccontare menzogne che farebbero comodo a entrambi.
Erdogan aveva promesso al segretario di Stato Mike Pompeo e al consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton di proteggere curdi, dopo averli per altro massacrati a puntino nel cantone siriano di Afrin. Un’intenzione «santificata» anche da un ambiguo editoriale del presidente turco sul New York Times. Ma le bugie hanno le gambe corte. Erdogan, ignorando le condizioni poste dagli Usa e dal consigliere Bolton, ieri in visita ad Ankara, ha smentito tutto e tutti tornando a minacciare un’offensiva per cacciare l’Ypg dal nord della Siria e ribadendo di essere pronto a un eventuale attacco. Non solo: ha tenuto fuori dalla porta anche Bolton trattandolo come uno zerbino.
Le bugie, anche quelle effimere, a Trump sono necessarie per uscire dal pantano mediorientale. Come era già avvenuto nei giorni scorsi con la missione di Bolton in Israele: la dilazione del ritiro Usa dalla Siria è in funzione più anti-Iran che filo-curda, con l’obiettivo di garantire a Israele l’occupazione, in corso dal 1967, di un pezzo di Siria, il Golan, e delle terre arabe in generale. Il resto viene dopo, molto dopo. Altro che America First, Israele viene prima di tutto e Trump, dopo avere trasferito l’ambasciata Usa a Gerusalemme, si avvinghia al premier Netanyahu impegnato in campagna elettorale.
I curdi in realtà di protezione ne avrebbero pure bisogno visto che continuano a morire nella battaglie contro l’Isis come alleati degli americani: oltre 30 miliziani curdi sarebbero stati uccisi in una controffensiva dei jihadisti nella zona di Abukamal. Non solo la guerra di Siria non è finita ma continua su vari fronti. Il movimento jihadista Hayat Tahrir Al Sham ha conquistato posizioni già tenute da guerriglieri filo-turchi a ovest di Aleppo fino al confine con la Turchia. La fazione, che sul piano formale si è distanziata da Al Qaida, vuole diventare un interlocutore di primo piano nel caso di trattative.
I due bugiardi, Erdogan e Trump, in realtà continuano a ricattarsi a vicenda. La Turchia, in cambio di un allentamento della pressione sul Rojava curdo, ha chiesto agli Stati Uniti di consegnare all’esercito turco 16 delle 22 basi americane in Siria per non lasciarle ai curdi. Gli Usa per il momento hanno risposto negativamente mentre Bashar Assad guarda con interesse a questo duello tra alleati della Nato che un giorno, per raggiungere i loro obiettivi, potrebbero anche rivolgersi a Damasco, alleato storico di Teheran, per recitare il ruolo di terzo incomodo (per altro a casa sua). Sarebbe una sorta di nemesi dopo che per anni hanno detto che doveva andarsene.
La Russia di Putin osserva come entrare in gioco favorendo di volta in volta i siriani, i turchi e i curdi: la guerra di Siria non solo ha riportato Mosca nel cuore del Medio Oriente ma la stessa Turchia, storico membro dell’Alleanza Atlantica è diventata ormai una sorta di Jugoslavia alla Tito, una Paese non allineato che oscilla Est e Ovest, proponendosi come potenza egemone pur essendo uscita sconfitta dalla battaglia per abbattere il regime alauita di Assad.
Lo dimostra la vicenda dei missili. La Turchia ha acquistato i sistemi russi di difesa missilistica S-400 e gli Usa hanno chiesto ad Ankara di comprare i loro Patriot, che si aggiungono a quelli della joint venture franco-italiana Eurosam.
Una situazione imbarazzante e paradossale: in pratica con i missili russi il sistema tecnico di identificazione «amico-nemico» è diretto contro Washington e la Nato, con i Patriot Usa è puntato contro Mosca. Ankara teoricamente terrebbe sotto tiro entrambi. In primavera in Turchia, che partecipa al consorzio industriale, dovrebbero essere schierati i nuovi F-35 e i russi – temono gli americani – potrebbero studiare le contromisure dirette al caccia americano della categoria Stealth.
Altro che aereo invisibile: Erdogan può rovinare gli investimenti militari americani.
Di visibile e concreto c’è che Trump ha fatto una mossa sconsiderata annunciando il ritiro dalla Siria e che ora non sa come uscire dal groviglio in cui è cacciato, costretto a negoziare non con i nemici ma con i suoi stessi alleati o presunti tali. Un capolavoro.
ALBERTO NEGRI
foto tratta da Wikipedia