A vent’anni dall’estate del 2003, quando per la prima volta ci si è resi conto che in Europa si poteva morire di caldo, è arrivata forse la stagione della consapevolezza climatica.
In poche settimane abbiamo infranto ben quattro record in questa caldissima estate del 2023, riportati anche sul manifesto: per alcuni giorni di seguito, c’è stato il giorno più caldo mai registrato, che a inizio luglio ha superato per la prima volta i 17 gradi; poi è arrivata la certificazione che l’ultimo mese di giugno è stato il più caldo mai registrato a livello globale, con una temperatura media di 1,47 gradi centigradi superiore rispetto alla media del periodo pre-industriale.
Infine, viviamo straordinarie ondate di caldo marino estreme, compresi i 30 gradi registrati nel Golfo di Taranto, Mar Ionio, brodo Mediterraneo. Infine, il ghiaccio marino antartico non era mai stato così poco.
Un paper pubblicato il 25 luglio dal World Weather Attribution, una collaborazione accademica che studia l’attribuzione di eventi estremi, i calcoli dell’impatto del cambiamento climatico su eventi meteorologici estremi come ondate di calore, siccità e tempeste, aiuta a sfatare qualche mito ancora propagato dai negazionisti climatici: «Il caldo estremo in Nord America, Europa e Cina nel luglio 2023 è stato reso molto più probabile da cambiamento climatico» è il titolo dello studio.
Il cambiamento climatico – spiega il brief – ha reso le ondate di caldo più calde, più lunghe e più frequenti. Gli scienziati hanno analizzato i dati meteorologici e i modelli di simulazione per provare a quantificare l’effetto del cambiamenti climatico sulle recenti alte temperature, arrivando a stabilire che le ondate di caldo che oggi viviamo in Nord America e in Europa «sono praticamente impossibili senza il cambiamento climatico».
«Le emissioni di gas serra hanno reso le ondate di caldo più calde di quanto sarebbero state altrimenti», senza se e senza ma: il riscaldamento globale è una delle conseguenza del climate change.
In particolare, l’ondata di caldo in Europa è stata di 2,5°C più calda, l’ondata di caldo in Nord America è stata di 2°C più calda e la l’ondata di caldo in Cina è stata di 1°C più calda a causa del cambiamento climatico.
Gli scienziati avvertono che ondate di calore come queste diventeranno ancora più frequenti ed estreme se le emissioni non verranno rapidamente arrestate e ridotto a zero netto. Se l’aumento della temperatura raggiungerà i 2°C, come accadrà tra circa 30 anni, a meno che ogni Paese che ha aderito all’Accordo di Parigi sulla riduzione delle emissioni non mantenga pienamente i propri attuali impegni di rapida riduzione, eventi come questo diventeranno ancora più frequenti e si verificheranno ogni 2-5 anni.
Chi studia questi fenomeni da tempo non è stupito. Friederike Otto, Senior Lecturer in Climate Science presso il Grantham Institute for Climate Change e l’ambiente, all’Imperial College di Londra, ha spiegato: «Il risultato di questo studio di attribuzione non è sorprendente. Il mondo non ha smesso di bruciare combustibili fossili, il il clima continua a riscaldarsi e le ondate di caldo continuano a diventare più estreme. È così semplice».
Secondo Otto c’è ancora tempo prima di parlare di «un “riscaldamento incontrollato” o di un “collasso climatico”», ma per mettere il freno dobbiamo «urgentemente smettere di bruciare combustibili fossili e investire in diminuzione della vulnerabilità. Se non lo facciamo, decine di migliaia di persone continueranno a morire per cause legate al caldo ogni anno».
Per questo, conclude, «è assolutamente fondamentale che i governi legiferano sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili al clima della Cop di quest’anno». Peccato che la Cop28 soi svolge a Dubai, presieduta da al-Jaber, che è anche amministratore delegato della compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti, uno dei colossi mondiali delle fossili.
LUCA MARTINELLI
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