Un altro passo avanti. E ora la proporzionale pura!

Ad perpetuam rei memoriam Appena dopo l’approvazione della legge elettorale denominata “Italicum” perché, spiegò l’allora presidente del consiglio, unica nel suo genere, quindi di marchio esclusivamente italiano, italico, per...

Ad perpetuam rei memoriam
Appena dopo l’approvazione della legge elettorale denominata “Italicum” perché, spiegò l’allora presidente del consiglio, unica nel suo genere, quindi di marchio esclusivamente italiano, italico, per la precisione, Matteo Renzi si espresse più o meno così in tv e sui giornali: “L’Italicum è la migliore legge del mondo. Vedrete che tra sei mesi ce la copieranno in molti.”.

La deicisione della Corte
Diciamo che non è andata proprio come Renzi prevedeva. Del resto, nemmeno il risultato del referendum l’avrebbe mai previsto per come s’è configurato dopo l’apertura delle urne…
Meglio di prima e di più forse la Consulta non poteva fare: del resto, la Corte Costituzionale non può fare le leggi ma può solo sforbiciare quelle pasticciate fatte da Parlamenti incostituzionali eletti con sistemi incostituzionali. Regole truccate cui i supremi giudici garanti del funzionamento della Costituzione fin nelle fondamenta del più piccolo regolamento approvato sul territorio nazionale devono far fronte con sentenze che consentano, comunque, un quadro di applicabilità di ciò che ne rimane. Ammesso che, a volte, ne rimanga qualcosa.
A darne una lettura esclusivamente “politicista”, parrebbe intravedere una facilitazione delle condizioni di sopravvivenza del carrozzone democratico, eliminando il passaggio obbligatorio al secondo turno e il confronto impietoso con i Cinquestelle (dati sempre vincenti) e anche con un centrodestra ipoteticamente compatto, mantenendo le soglie di sbarramento e conservando al primo turno il premio di maggioranza difficilmente raggiungibile da qualunque lista solitaria.
Nel caso dell’Italicum, la bocciatura del sistema di ballottaggio (quindi l’intero impianto del secondo turno) e la trasformazione delle pluricandidature in una sorta di sorteggio finale per il candidato che prevarrà in più collegi, scontenterà i teorici del maggioritario a tutti i costi, del voto utile come costrizione alla scelta del meno peggio per avere i voti anche di chi mai li avrebbe votati nel segreto dell’urna.
D’altro canto, la salvaguardia del premio di maggioranza per la forza politica che raggiunga il 40% dei voti può essere interprato come un modo per provare a dare sia un margine di applicazione immediata della legge elettorale e sia per lasciare al Paese un quadro di quella tanto agognata stabilità in assenza di un accordo tra le forze politiche attualmente in fibrillazione per la riscrittura delle regole della delega parlamentare da parte popolare.

Scenari
Si aprono, dunque, vari scenari: quello preferibile sarebbe la convergenza della maggioranza delle Camere su un testo proporzionale puro che costringa ogni singola forza politica al ritorno al confronto in Aula, senza nemmeno quel premio di maggioranza che sembra molto difficile poter essere raggiunto oggi sia da un PD che non arriva nemmeno al 32%, sia dai Cinquestelle che sono sotto il 30% in tutte le rilevazioni sondaggistiche e, tanto meno, da un centrodestra litigioso, diviso e orientato ad una presentazione duplice di liste o coalizioni.
Tralascio per umana pietà il discorso a sinistra, visto che ciò che oggi possiamo augurarci è la costruzione di una forza di alternativa, di un polo di sinistra antiliberista (e anticapitalista…) che inizi a farsi largo tra questa omologazione mercantilista che attraversa tutte e tre i grandi concentramenti politici con grande evidenza.
Quindi, in questa prima ipotesi, una legge proporzionale pura ridarebbe fiato ad una democrazia in affanno, mortificata da decenni di santificazione del sistema maggioritario come unico metodo di costruzione della “governabilità” che, come si può evincere anche senza aver studiato storia contemporanea o letto trattati di costituzionalismo, è smentita dai fatti: Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni.
La governabilità la vogliamo ricercare, e forse possiamo trovarla, solo nella non soluzione di continuità che dal governo Berlusconi a quello attuale ha attraversato le politiche di impostazione antisociale e filo-europee tutte dedite al sacrificio dei ceti più deboli in nome della ripresa industriale da una crisi extraeuropea che è calata finanziariamente su una Italia priva ormai di garanzie e tutele previste un tempo e smantellate con le leggi di compatibilità, il rispetto dei pareggi di bilancio e, colpo finale, il Jobs act renziano.
Il proporzionale scompaginerebbe le coalizioni e costringerebbe i singoli partiti a ripensarsi anche in chiave di radicamento nella società, di dialogo con le persone, di ascolto soprattutto dei veri bisogni sociali, per qualunque tendenza politica si tratti: sia di centro, di destra o di sinistra.
In Parlamento si arriverebbe singolarmente, senza alleanze, e ponendo lì le basi di una vera consultazione dei presidenti del consiglio incaricati dal Quirinale nel ricercarsi le maggioranze non prima del voto ma dopo lo spoglio delle schede e la proclamazione degli eletti, la formazione dei gruppi parlamentari.
Un secondo scenario potrebbe invece essere quello dipinto dalla stessa Consulta: andare al voto con la legge elettorale disegnata dal Palazzaccio che, per sua stessa dichiarazione nel dispositivo letto, «a seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità… [la legge elettorale] è suscettibile di immediata applicazione»; senza il raggiungimento del 40% da parte di una lista, l’elezione dei rami del Parlamento avverrebbe praticamente con un metodo proporzionale, con capilista comunque sempre bloccati.
Rispetto al passato, ci troveremmo in una situazione molto più democratica in quanto ad equipollenza del voto singolo rispetto a qualunque altro voto. Ma ci troveremmo comunque sempre in presenza di due differenti modi di elezione per le due Camere.
Fino ad oggi chi sceglieva partiti capaci di attrarre maggiore consenso avrebbe beneficiato di premi di maggioranza che hanno avuto il solo scopo di ridimensionare la rappresentanza legittima della delega popolare ed escludere dal Parlamento forze politiche, ad esempio nel caso della coalizione di Rivoluzione Civile, arrivate anche a raccogliere più di 700.000 voti.
Milioni di cittadini sono stati, in questi lustri, mortificati dal principio maggioratario. La Corte oggi ripristina un livello di democrazia che può essere perfezionato dal Parlamento o accettato come tale.

Due leggi o una?
In ogni caso, dopo la grande vittoria del 4 dicembre scorso che ha salvato il bicameralismo perfetto, la Costituzione e ha sconfitto il tentativo di restringimento della partecipazione popolare alla vita della Repubblica, ad essere Repubblica essa stessa ancora una volta con grande ostinazione e con riferimento ad una nobile pagina storica del nostro Paese che risiede nella Resistenza antifascista, dopo tutto ciò, oggi facciamo un passo avanti sperando di non doverne fare presto due indietro…
Il Quirinale insisterà, giustamente, perché Consultellum al Senato della Repubblica e Italicum modificato alla Camera dei Deputati diventino una sola proposta di legge elettorale. Quindi il governo dovrà muoversi in uno scenario complesso, fatto di veti e controveti, prodotti dallo stesso partito di maggioranza e dalla sua residua coalizione.
Se si andasse al voto con due leggi elettorali simili eppure differenti, si negherebbe lo spirito del bicamerialismo perfetto salvato con il referendum del 4 dicembre. Su questo aspetto dobbiamo insistere con grande forza.
Molto dipenderà, in ogni caso, anche dall’atteggiamento delle opposizioni. Si apre, quindi, un periodo di dialettica forte, di incontro e scontro, di ritorno ad una politica che può anche portare alle “larghe intese” ma, del resto, PD e Forza Italia non sono già due facce della stessa medeglia liberista che governa il Paese? Si tratta, ormai, di sigle diverse ma di politiche uguali in campo economico, antisociale, tutto dedito alla soddisfazione degli interessi economici del grande capitale.
Intorno alla sentenza della Consulta ora bisogna costruire un grande movimento popolare di opinione e di azione per ridare alla Repubblica quell’aggettivo, “democratica”, che le spetta di diritto e di fatto, per una legge elettorale proporzionale pura, per il diritto di tutti i cittadini a scegliere i loro rappresentanti senza esclusioni fondate sui falsi, ipocriti miti della “stabilità”, della “governabilità”. Per i mercati, ma non di certo per i poveri, per i precari e i disoccupati.

MARCO SFERINI

26 gennaio 2017

foto tratta da Pixabay

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