Con il reiterato attacco missilistico di Usa, Francia e Gran Bretagna è ragionevole chiedersi se la Siria sia stata colpita perché non ha fatto uso di armi chimiche piuttosto che per la motivazione dell’uso di armi chimiche.
Questa analisi può apparire paradossale, ma bisogna avere in mente la natura dei pesanti sospetti sollevati dai principali accusatori, specialmente ricordando il ruolo degli «Elmetti bianchi» dai legami di lunga data con il governo statunitense.
E se ciò non bastasse, ricordiamoci che l’Iraq venne selvaggiamente attaccato nel 2003 dalla coalizione occidentale, sempre a guida Usa e Gran Bretagna, in circostanze analoghe. Vale a dire in assenza di qualsiasi giustificazione del diritto internazionale o autorizzazione dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, uniche due circostanze che legittimano un intervento militare a livello internazionale.
Con il risultato che la motivazione politica usata come razionale motivazione per il ricorso all’aggressione militare nei confronti dell’Iraq – il sospetto del possesso di armi di distruzione di massa – era totalmente falsa, addirittura con le famose prove artatamente prefabbricate.
Per esser sinceri, questa ennesima sortita militare contro la Siria avrebbe potuto avere risultati ben peggiori. L’intero attacco missilistico è durato soltanto 3 minuti. Per fortuna, grazie ad un «negoziato d’intenti» effettuato precedentemente con la Russia, non si sono verificati rischi provocatori nei confronti dei militari russi e iraniani sul territorio; e neppure nei confronti del governo siriano, onde evitare la giustificata e temuta reazione di escalation ed allargamento del conflitto.
Ma in nessun altro momento storico come questo, dalla fine della Guerra fredda sono sorte preoccupazioni che uno scontro di volontà politiche o errori imprevedibili potesse provocare sovvertimenti geopolitici da culminare nella Terza guerra mondiale.
Questo ultimo attacco missilistico sembra una programmazione a tavolino, elaborata dal Pentagono, certamente non dalla Casa bianca. I «dottor Stranamore» hanno formulato un attacco missilistico con minimi rischi di estensione della guerra, un piano probabilmente accordato con i russi a porte chiuse. Perché così la «linea rossa» di Trump sulle armi chimiche, apparisse difesa e implementata all’Onu come un monito a Damasco.
Ma, siamo sicuri che questa mossa di aggressione militare riesca a convincerci che la Siria sia responsabile dell’attacco con «armi chimiche» sulla popolazione di Douma? Stavolta proprio no. Troppe volte siamo stati presi in giro in passato da motivazioni presentate dai servizi segreti al servizio di Washington e Londra che intanto inviavano missili in Siria.
Una corsa e un giudizio, pericolosi e avventati, malgrado opposte ma credibili voci di dissenso, incluse fonti dello stesso Onu. Così è emersa la più cinica delle motivazioni per l’attacco missilistico alla Siria oggi: per distruggere le prove che incriminerebbero altri governi piuttosto che la Siria. Seri sospetti sorgono peraltro per i tempi prescelti, rapidi e accelerati per esser sicuri che la commissione Onu (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) che ha iniziato la sua missione di verifica in Siria, non abbia nulla da verificare.
Il «Mission accomplished» di Trump ci ricorda George W.Bush che nel 2003 pronuncia il discorso della vittoria in Iraq dal ponte di una portaerei, con il sole alle sue spalle. Queste stesse parole le ha pagate care Bush e, se Trump fosse capace di un po’ di ironia, avrebbe potuto rendersi conto che molto probabilmente gli si preannuncia un destino ancor più nefasto.
RICHARD FALK
Ex inviato speciale dell’Onu per la crisi israelo-palestinese
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