Donald Trump ha falsificato la contabilità al fine di ingannare gli elettori nelle elezioni del 2016, ed è colpevole per tutti i 34 capi d’accusa.
Alle 16.20 ora di New York, quando il giudice Juan Merchant ha annunciato di aver ricevuto una nota dal presidente della giuria con l’avvertimento che il verdetto sulle accuse all’ex presidente era stato emesso, la notizia ha colto tutti di sorpresa. Nessuno si aspettava una decisione così velocemente: il parco di fronte al tribunale di New York stava iniziando a svuotarsi dei pochi e folkloristici supporter di Trump e della stampa.
Solo 10 minuti prima era stato annunciato che alle 16,30 la giornata sarebbe stata dichiarata chiusa e la giuria sarebbe tornata a riunirsi la mattina seguente.
Ma alla notizia dell’annuncio del verdetto in tutta la zona è piombato un silenzio irreale rotto solo dal rumore degli elicotteri. Le strade intorno al tribunale sono state chiuse al traffico, e il parco ha ricominciato a riempirsi, questa volta di cittadini anti Trump.
Dall’annuncio alla lettura del verdetto sono passati 30 minuti.
A quel punto dalle postazioni dei giornalisti televisivi che stavano dando la notizia in diretta, si è alzato lo stesso mormorio: primo capo d’accusa. Colpevole. Secondo capo d’accusa. Colpevole.
Così, per 34 volte.
Quando è stato chiaro che l’ex presidente e attuale candidato repubblicano alla Casa Bianca, il newyorkese Donald Trump, era stato giudicato colpevole di tutti i 34 capi d’accusa, dal parco si è alzato un grido di gioia.
All’interno del tribunale Trump non ha commentato ed è uscito livido dall’aula. Con i giornalisti ha tagliato corto e ha definito la decisione della giuria una “vergogna”, frutto di “un processo farsa, una disgrazia per il Paese. Sono un uomo innocente. Giudici corrotti. Continuerò a combattere”, e ha aggiunto che il “vero verdetto” arriverà con le elezioni presidenziali del 5 novembre. Su questo è d’accordo anche il presidente Joe Biden, che su X ha dichiarato che il suo rivale può essere sconfitto solo alle urne, ad ha invitato a sostenere la sua campagna.
Il giudice Merchan ha fissato la sentenza di Trump per l’11 luglio. Il tycoon potrebbe essere condannato a un massimo di 4 anni di galera o alla libertà vigilata, anche se questo non gli impedirebbe di candidarsi alla presidenza, in quanto non c’è alcun divieto legale che impedisca ai criminali di farlo. Nessuna disposizione costituzionale gli impedirebbe persino di prestare servizio come presidente dalla cella di una prigione, anche se questa eventualità scatenerebbe una crisi che i tribunali dovrebbero trovarsi a risolvere.
Di certo nell’immediato futuro il tycoon si troverà di fronte a una dinamica imbarazzante quando tornerà a fare campagna elettorale con una condanna penale. Per il momento non sono previsti comizi e la sentenza arriverebbe l’11 luglio, 4 giorni prima della Convention repubblicana di Milwaukee, dove i leader del Gop, che sembrano rimasti fermi nel loro sostegno a Trump nonostante il verdetto, dovrebbero nominarlo formalmente alla presidenza degli Stati uniti d’America.
Per un altro candidato, in un’altra epoca, una condanna penale avrebbe messo una pietra tombale sulle presidenziali, ma la carriera politica di Trump fino ad ora ha resistito a due impeachment, alle accuse di abusi sessuali, a indagini su tutto, dai potenziali legami con la Russia al complotto per rovesciare un’elezione, e a storie personali imbarazzanti, tra cui l’emergere di un video in cui si vantava di afferrare le donne per le parti intime.
Pochi minuti dopo la lettura del verdetto di colpevolezza, il sito della campagna di Trump ha reindirizzato a una pagina di raccolta fondi in cui si dichiara che il tycoon è un “prigioniero politico”, come ha affermato anche negli SMS e nella mail mandata alla sua base: “Sono stato appena condannato in un processo politico truccato da caccia alle streghe: non ho fatto niente di sbagliato! Hanno fatto irruzione in casa mia, mi hanno arrestato, mi hanno fatto la foto segnaletica, e ora mi hanno appena condannato. Sono un prigioniero politico”.
“Non sono sorpreso. I fatti parlano da sé. Oggi è un giorno importante per lo stato di diritto”, ha commentato da parte sua il testimone principale nel processo contro Trump ed ex avvocato di The Donald, Michael Cohen.
MARINA CATUCCI
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