A conti fatti – e rifatti e rifatti ancora per tutta la giornata di ieri – la maggioranza assoluta è ancora fuori portata. Al senato mancano almeno cinque o sei «responsabili», o «costruttori» come preferiscono farsi chiamare. Sulla carta non siamo ancora a 161 voti. Ma i responsabili, o costruttori, restano coperti fino all’ultimo, fino a quando la crisi sarà aperta – oggi – e potranno offrire il loro decisivo contributo. Anche per provare a richiuderla subito. «Queste forze al momento opportuno possano palesarsi», dice in serata Goffredo Bettini, che da giorni tiene i rapporti con Forza Italia spiegando a tutti che nel partito di Berlusconi «sono emerse posizioni di grande responsabilità».
Eppure, ufficialmente, Forza Italia e Berlusconi negano appoggi a Conte. Di conseguenza i conti ancora non tornano. Perché quasi tutti i senatori del gruppo misto e del gruppo delle autonomie che puntualmente entrano nel tabellino di quelli pronti a votare il Conte 3 sono già abituali sostenitori del Conte 2. I nomi sono i soliti. Non possono essere loro i sostituti dei 18 senatori renziani che – dopo un ultimo sì stamattina sulle comunicazioni del ministro Speranza – passeranno a votare no.
L’operazione recupero voti, che Conte ha fatto partire giorni fa, in principio soprattutto per spaventare Renzi e convincerlo a non aprire la crisi, sembra stia portando risultati soprattutto alla camera, dove però i numeri sono in partenza meno sfavorevoli per il Conte tre. A Montecitorio già da settimane si è formata la componente Centro democratico-italiani in Europa, al momento con quattro deputati. Il regista è Bruno Tabacci – ex sinistra Dc, come Mastella che pure annuncia «un’iniziativa» – che assicura di «registrare interesse» per la sua collocazione «coerentemente nel centrosinistra per il quale sono stato eletto nell’uninominale».
Indispensabile per presentare l’operazione, soprattutto al Colle, sarà riuscire a formare un nuovo gruppo. Che chiederà poi di sostituire qualche renziano nelle commissioni. Per cui la dote di Tabacci, quella del simbolo Centro democratico, sarebbe fondamentale al senato, dove dopo la riforma dello statuto nel 2017 ci sono regole più rigorose per la formazione dei nuovi gruppi. Non troppo rigorose visto che si è potuto costituire il gruppo dei renziani, approfittando del simbolo dei socialisti che era stato presentato sotto l’ombrello della lista Insieme. Il nuovo statuto prevede che per la formazione di un nuovo gruppo occorrono dieci senatori «corrispondenti a singoli partiti o movimenti politici che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati». Nel caso di Renzi è stato il senatore socialista Nencini a portare la dote. Anche nel caso dei responsabili anti Renzi non mancherebbero i contenitori. Alle elezioni si è presentata la lista Civica popolare di Beatrice Lorenzin in coalizione con il Pd. Al senato non ha avuto eletti, ma recentemente la senatrice ex 5 Stelle Tiziana Drago ha aderito ad Alternativa popolare, l’ex partito di Alfano il cui simbolo compariva all’interno del contrassegno di Lorenzin. Drago non ha potuto, essendo da sola, neanche costituire la componente di Ap nel misto. Altro simbolo accoppiato a Civica popolare era quello dei Centristi per l’Europa, con il quale è stato formalmente eletto il senatore Casini.
Ci sono delle alternative. La lista Maie, Movimento associativo italiani all’estero, che conta tre senatori di cui uno, Cario, eletto con quel simbolo. Gli altri due sono un ex 5S e l’ex di Forza Italia Fantetti, segnalato tra i più attivi reclutatori di responsabili. Infine ci sono i tre senatori dell’Udc, simbolo regolarmente presentato alle elezioni, eletti tutti e tre – Binetti, De Poli e Saccone – nell’uninominale e adesso nel gruppo con Berlusconi. Al quale bisogna tornare, perché se saranno proprio questi tre a soccorrere Conte sarà perché il cavaliere avrà dato loro il via libera. E magari non solo a loro.
ANDREA FABOZZI
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