Alcuni libri meriterebbero una ristampa a prescindere dalle vendite e, generalmente, sono quelli che non propriamente godono di una diffusione enorme, veicolata dai più autorevoli critici di ogni tipologia di letteratura.
Altri libri, e qui si tratta di quelli che, altrettanto generalmente, sono invece nelle vette delle classifiche stilate dai più grandi quotidiani a tiratura nazionale, meriterebbero di sopravvivere soltanto per il rispetto che si deve ad ogni testo, ad ogni idea, ma niente di più. Né infamia ma nemmeno una stracciatissima lode.
E’ il destino di una mediocrità che si prende gioco non solo delle persone ma, come è possibile dimostrare, anche dei loro pensieri messi per iscritto e lasciati in eredità ai posteri.
Si potrà dire che, sovente, gli autori dei libri maggiormente in voga oggi, finiranno nel dimenticatoio del domani; mentre filosofi, economisti, scrittori e rivoluzionari come Karl Marx, tenuti in conto da grandi masse di persone e disprezzati da altrettanto pubblico, hanno oltrepassato i secoli, come giustamente profetizzato da Engels ad Highgate.
E’ tutto vero. E tuttavia, nonostante siano benedetti dalla fama del loro autore, certi libri meriterebbero comunque una seconda possibilità: soprattutto se si tratta di antologie di scritti, di elaborazioni che sono postume, create per accattivare i lettori ad un approfondimento dei temi trattati e, magari, far loro scoprire un interesse prima di allora inespresso, sottaciuto da una coscienza culturale che, nel bene e nel male, si può sempre ampliare.
Kaos edizioni ha, da questo punto di vista, fatto tante ristampe utili per conoscere testi che hanno rappresentato utilissime contestualizzazioni di fatti ignorati da una certa storiografia “ufficiale“, enfatizzati forse troppo da una certa sinistra un po’ settariamente rivolta al passato che non passa e, ìproprio per questo, valutati come eccessivamente caratterizzanti sul piano meramente politico, così da relegare in secondo piano l’importanza attualistico-storica che detengono e che ancora oggi incarnano.
Il coraggio di una casa editrice come Kaos andrebbe premiato scorrendo il loro lungo catalogo proprio di ristampe. L’editoria in crisi avrebbe scoraggiato chiunque nel tentare di aprire una breccia in un mondo di lettori sempre meno attenti alla storicità dei fatti e sempre più piegati al modaiolismo delle biografie petulanti e impiccione su case regnanti, presidenti immersi in clamorosi scandali o fatti di cronaca nera legati a malaffare, intrighi internazionali e spionaggi indegni di essere chiamati tali.
Invece Kaos ha provato a rimettere in circolo tutta una serie di titoli che offrono davvero un punto di vista alternativo su fatti raccontati dall’ufficialismo di quella narrazione comunemente accettata perché riprodotta nei salottini televisivi dove si sbraita più che discutere o tamburellata su Internet attraverso meme e altre forme di comunicazione velocissima che lasciano la scia della banalizzazione imperante dietro di sé e nulla di più.
Tutto questo lo pensi quando ti ricapita tra le mani un libro “scomparso“, che la stessa Kaos indica tra quelli “esauriti” o “fuori catalogo“. Chi volesse leggerlo e riuscisse a trovarlo, ebbene lo conservi come una rarità.
Per quanto non contenga nessuna opera inedita di Marx, ma sia una antologia di “frammenti tra ‘avere’ e ‘essere’ verso la realizzazione umana“, questo libro è una piccola chicca per le premesse, l’introduzione e la strutturazione con cui è stato concepito. Oscilla tra il manuale scolastico, per poter essere introdotti al Moro e al suo pensiero, e la piacevole guida al ripasso dei concetti fondamentali del materialismo storico, dialettico e scientifico.
“Tra i fiori non ce n’è alcuno che sia nero” (Kaos edizioni, 1989), è un innocentissimo approccio umanistico ad una filosofia e ad una pratica che troppe volte si sono viste rivolta l’accusa di non badare sufficientemente agli aspetti emozionali di uomini e donne per considerare invece prioritaria la struttura economica e la rivoluzione conseguente di un proletariato dittatoriale che, in quanto a consonanza di immagini, rimanda fin troppo alla deleteria esperienza secolare dei regimi totalitari capitanati dall’Unione Sovietica fino alla Cina ancora odierna e a ciò che rimane dei tentativi di “assalto al cielo“.
I curatori del libro, primo fra tutti Carlo Vismara, pongono come prologo dello stesso una straordinariamente giovane e innovativa concezione gramsciana del comunismo.
Una proposizione che i puristi e gli ortodossi di un marxismo alienato da sé stesso, ed incluso nel pantheon dei dogmatismi grazie all’ottundimento stalinista, giudicheranno più che giustamente “eretica“. Salvo rendersi conto che è stato proprio il più grande intellettuale italiano del Novecento, un comunista, a scriverla. Ne riproduciamo alcuni passi:
«Il comunismo è umanesimo integrale; studia, nella storia, tanto le forze economiche che le forze spirituali, le studia nelle interferenze reciproche, nella dialettica che si sprigiona dai cozzi inevitabili tra la classe capitalista, essenzialmente economica, e la classe proletaria, essenzialmente spirituale, tra la conservazione e la rivoluzione. […]
La proprietà privata capitalistica dissolve ogni rapporto di interesse generale, rende cieche e torbide le coscienze. Il lucro singolo finisce sempre col trionfare di ogni buon proposito, di ogni idealità superiore, di ogni programma morale. […]».
Gramsci viene citato così perché il Marx che si intende mostrare al lettore è anche il capo dell’Internazionale, il caparbio studioso e cocciuto rivoluzionario; ma, prima di tutto, è quell’uomo sempre in fuga, dipendente dalle finanze di Engels, poco propenso al compromesso, per nulla alla compromissione. E’ l’essere umano che viene restituito a sé stesso da una lettura arlecchineggiante di frammenti colti con un filo logico, accomunati da tematiche generali che spaziano dalla vita quotidiana dell’operaio in fabbrica agli scontri con la sinistra hegeliana.
L’appendice, tanto quanto la prefazione, proprio perché si tratta di un libro che esplora in superficie il Moro ma che va anche a fondo nei suoi rapporti personali, ci regala delle piccole chicche come il gioco della “confessione” che all’epoca si usava fare, e che Marx fa con le sue figlie, nonché persino il tema di tedesco che il diciassettenne Karl scrisse per l’esame di maturità.
La sua fu una preparazione scolastica eccellente che, come bene accennato nelle note, risente positivamente dell’influsso culturale e ideologico paterno: nel Marx giovinetto c’è una mescolanza di romanticismo, umanismo e anche liberalismo. Piccoli cenni, da alcuni dei quali si emanciperà ben presto, benché fossero apprezzabili terreni di crescita personale dentro un contesto non certo semplice come quello della Prussia renana del 1835.
Il titolo del libro richiama una frase che cerca di regalare un certo ottimismo, senza alcuna discriminazione verso il colore nero, ma mettendo a sottolineatura la naturalità delle differenze, la pregevolezza di ogni colore, la straordinarietà di ogni particolarissima esistenza presente su questa terra.
Per chi ha avuto modo di relazionarsi con l’umanesimo luxemburghiano, che è intriso di un amore per la natura libero, incondizionato e che fa sopportare a Rosa le peggiori prevaricazioni e ingiustizie umane, questa raccolta di frammenti sembrerà davvero degna di stare accanto alle lettere della dirigente comunista e rivoluzionaria tedesca.
Così come il marxismo non è riconducibile ad un mero assemblaggio di studi economici, statistici, matematici e politici, allo stesso modo il comunismo non è solo la liberazione dell’uomo dallo sfruttamento dell’uomo stesso. E’ molto di più, perché è considerazione della sofferenza e lotta per la sua progressiva diminuzione, per il suo superamento nella maggior parte dei casi.
L’utopismo, assegnato come caratteristica negativa, al movimento comunista e internazionalista, ancora di più dopo il fallimento plateale del burocraticismo stalinista e la torsione autoritaria dei regimi “popolari” nati per affrancare i proletari tanto dal capitalismo quanto dai monarchi che lo inveravano nei loro anacronistici castelli di potere, rivive con energia esattamente in quell’umanesimo richiamato da Gramsci come parte dell’eredità della critica dell’economia politica.
Che sia la coscienza degli uomini ad essere plasmata dai rapporti di classe, non toglie per Marx che «…le circostanze facciano gli uomini non meno di quanto gli uomini facciano le circostanze» (frammento 20, cap. “Rapporti e idee” da “L’ideologia tedesca“). La vita e le sue trasformazioni non dipendono da astrazioni di principi, da una estraneità alle azioni dei singoli.
Ogni persona ha un ruolo in questa grande opera collettiva che è la continuazione dell’esistenza sulla Terra. Se a prevalere sarà ancora per decenni e decenni il capitalismo, forse per secoli, si andrà – come ormai risulta sempre più evidente dai disastri innaturali cui obblighiamo la Natura a sottostare – progressivamente verso l’esaurimento delle risorse primarie, la devastazione ambientale e la fine di quelle ricchezze che sono essenziali per la preservazione della nostra e delle altre specie.
Siccome si tratta di un libro di frammenti, quindi di citazioni, una delle prime che vengono proposte, ad incipit di un capitolo, riguarda l’incapacità critica di accorgersi di ciò che ci sta intorno e di saperne leggere la natura di classe per poter avere un punto di osservazione più approfondito e meticoloso, oltre ogni superficialità, oltre ogni ingannevole apparenza. Scrive Marx: «Perseo usava un manto di nebbia per inseguire i mostri. Noi ci tiriamo la cappa di nebbia giù sugli occhi e le orecchie, per poter negare l’esistenza dei mostri».
Leggere il Moro nel 2022 ha questo significato: iniziare a far diradare la nebbia che ci avvolge e che ci serve da alibi per fuggire da una condizione troppo dolorosa, sofferente e inaccettabile della realtà.
TRA I FIORI NON CE N’È ALCUNO CHE SIA NERO
KARL MARX
KAOS EDIZIONI, 1989
FUORI CATALOGO
MARCO SFERINI
6 luglio 2022
foto: particolare della copertina del libro