Tre sono i dati interessanti che circondano l’elezione del giovane Emmanuel Macron alla Presidenza della Repubblica francese.
La caduta degli dei
Il primo è lo scardinamento del sistema politico sino ad oggi alternatosi alla guida della Francia: socialismo e gollismo sono entrati in piena crisi con la discesa in campo di un difensore delle politiche liberiste di Bruxelles, per il rafforzamento di un asse franco-tedesco che certamente sarà il protagonista delle politiche estere d’Oltralpe nei prossimi mesi.
Il Partito Socialista di Hollande e Benoit non era più quell’interlocutore affidabile che si era dimostrato sino a poco tempo fa: si è logorato nell’azione di governo, si è consumato lentamente, come una candela, tra piccoli scandali di gossip e grandi scandali di governo, tra politiche che hanno attaccato il lavoro, le tutele per le fasce più indigenti della popolazione e non sono riusciti, al contempo, a rassicurare i mercati circa una stabilità economica francese all’interno del contesto europeo così fortemente compromesso dalla Brexit.
D’altro canto, Les Républicains, il vecchio partito di destra gollista, ultimamente guidato da Sarkozy e da Fillon, ha fallito nella prova di una rimonta elettorale dopo gli scandali che hanno investito il candidato all’Eliseo.
Qui la consunzione è avvenuta in modo differente, su altri versanti, rispetto a quella che ha colpito il PSF, ma sempre di caduta degli dei si tratta.
Lo spostamento a destra
Non è solo un rito delle presidenziali francesi quello di riuscire a portare al ballottaggio una forza di estrema destra e una di sinistra o di destra moderata. E’ una contrapposizione sociale che si determina nella scelta tra due opposti: oggi questi sono individuati dalla società francese in una forza non strutturata come partito, En Marche! di Emmanuel Macron, ma semmai come partito costituito a misura di persona e quindi oggi potentemente forte, in ascesa sicuramente anche alle politiche di giugno, ma incerto su un futuro di lungo periodo.
La possibilità di prestare il fianco ad una esasperazione del personalismo, potrebbe inficiare la solitaria guida unica di Macron. Il nuovo partito della stabilità europea in Francia, il nuovo soggetto politico difensore dei mercati e del liberismo, se vuole avere una prospettiva di più ampio corso dovrà farsi partito, dovrà avere delle figure che affianchino Macron. Ogni più piccolo inciampo del neo presidente eletto sul mantenimento degli impegni elettorali, sul riuscire a mantenere la “pace sociale” in Francia a tutto vantaggio delle borse e dei grandi capitalisti, sarà il termometro di verifica anche della sua leadership all’interno del movimento “liquido” che lo ha comunque portato all’Eliseo.
La forza di Macron sta in ciò: nell’aver dato ai francesi un volto nuovo a politiche vecchie, a politiche già sperimentate e che saranno inasprite con la legge su lavoro, con provvedimenti che all’Assemblea nazionale potrebbero essere presi dal suo futuro governo mediante l’uso di decreti-legge qualora non vi fossero ampi numeri di sostegno alla sua linea politica presidenziale.
In tutto questo quadro, dunque, l’elettorato francese sceglie di emarginare anche la sinistra moderata e liberista del PSF, e sceglie di scegliere tra due destre: una economicista e una autarchica, nazionalista, xenofoba, erede di quel Front National di Jean Marie Le Pen che consegna il suo cognome alla figlia che, a sua volta, rompe col padre, con la sua storia, con l’antisemitismo, con i riferimenti a Vichy, ma che si porta dietro comunque sempre il cognome e quindi quell’impronta.
Davanti alla sconfitta, che pure la fa arrivare a più di dieci milioni di voti, Marine Le Pen comprende che il balzo lo può fare soltanto se il suo Front National si “evolve” (virgolette d’obbligo: non c’è mai evoluzione per la destra, ma sempre e solo un interessato adattamento alle condizioni di disagio sociale da sfruttare quanto meglio possibile a fini elettorali) e magari si avvia a cambiare nome per aprirsi a tutti quei settori politici e sociali di destra moderata che vogliono mantenere il profilo nazionalista sotto un’altro mantello pur sempre di nero colorato.
Due destre in competizione. La sinistra socialista marginalizzata e, pertanto, il quadro che è uscito dal primo turno si rafforza nel secondo: 29 milioni di francesi, con opinioni differenti e intenti anche differenti e molteplicemente tali, hanno votato due candidati di destra.
La composizione del voto
Dalle prime analisi della strutturazione del consenso, si evince che i giovani hanno votato in larga maggioranza per Le Pen e Melenchon, mentre la parte più “matura”, diciamo – senza offesa – “anziana” della Francia ha preferito schierarsi con il giovane Macron. L’impeto della gioventù ha impedito a Macron di avere un consenso ancora più ampio del 66% con cui ha prevalso nel contesto generale del secondo turno.
Sempre secondo le analisi fatte da Le Figarò, da Le Parisien e da Le Monde, nonché da altri autorevoli quotidiani come Libération e L’Humanité per la parte più a sinistra dell’informazione francese, e che concordano, tra i lavoratori salariati Marine Le Pen purtroppo vince di larga misura, mentre Macron prevale tra i direttori di azienda, gli impiegati, quelli che noi un tempo avremmo chiamato spregiativamente “colletti bianchi” e che oggi sono sempre meno lontani dalle condizioni miserevoli del moderno proletariato di fabbrica, terzo settore o di piccola impresa.
Dunque, la Francia anziana e medio-borghese vota per l’europeismo, contro l’eccesso, sia esso di destra che di sinistra.
Tuttavia la sinistra francese, quella vera, quella che si batte contro liberismo, monetarismo, austerità a guida tedesca, ha oggi un consenso che può sfruttare e allargare a vasti settori popolari. Le potenzialità vi sono. Certamente molto di più in Francia rispetto alla nostra Italia dove il cataclisma della “gauche” sembra irreversibile, incontrovertibile, stagnante in un immobilismo demoralizzante.
Una nuova speranza
Nei prossimi anni, Macron, anche se lo volessimo animato dai più nobili istinti sociali (cosa che non è e non può non essere), darà vita a governi che imporranno sacrifici sempre alle classi più disagiate e deboli perché dovrà mantenere intatti e, anzi, aumentare i privilegi delle classi che lo hanno sostenuto e che sostengono tutto l’architrave dell’Europa bancaria e finanziaria. Non ci sarà posto per anche timide riforme sociali ma soltanto per riforme che colpiranno lavoro, pensioni e sanità, scuola e diritti elementari di chi non è disposto a dare (anche perché non saprebbe cosa altro dare) e che sarà costretto a dare dal potere, dal governo.
Se non sarà la sinistra a prendere in mano la leva della rabbia popolare che si alzerà contro Macron e contro il suo centrodestra liberista, allora lo farà Marine Le Pen e penetrerà dentro questo malcontento e ne farà la base per arrivare questa volta sì all’Eliseo, con un Front National rinnovato, imbellettato da un altro nome, depurato dalle tossine del passato neofascista e xenofobo che deve lasciarsi alle spalle se vuole fare il salto governativo e presidenziale.
Per essere rispettabili bisogna prima di tutto apparire d’esserlo. Esserlo veramente è secondario.
Il Front de Gauche, la France Insoumise sono l’unico partito e movimento popolare capace di mettere davvero in crisi i progetti tanto dei banchieri di Bruxelles quanto dei neofascisti travestiti da destra rispettabile.
Sarà una impresa enorme, ma la “gauche” può farcela. Deve farcela, dimostrando così che le speranze di rivalsa sull’autoritarismo di facciata (ma concreto) della destra estrema di oggi attraverso il “voto di salvezza nazionale” dato a Macron erano speranze fallaci e avrebbero aperto solo la strada a pericoli ancora maggiori.
Non c’è altra speranza se non quella del governo di un nuovo fronte popolare, di una nuova sinistra antiliberista e anticapitalista che apra la grande contraddizione di una Europa fatta solo di merci, scambi commerciali e borsistici, ricca per pochi e povera per il resto…
Ricca nella povertà soltanto di disperazione, di migrazioni che pensa di fermare con securitarismi e leggi speciali, con risposte di destra qui, oggi e con altre bombe in Medio Oriente.
Auguri, douce France…
MARCO SFERINI
9 maggio 2017
foto tratta da Pixabay