Forse dovremmo sviluppare anche noi una sorta di teologia della morte della sinistra: per farla rinascere su fondamenta più solide di quelle sviluppate sino ad oggi.
Si sono dimostrate fallaci nello svolgersi lungo degli avvenimenti del tempo: la dominazione del capitale ha saputo adattarsi alle crisi e, seppure rimangano cicliche, prendono la forma dell’acqua (mi perdoneranno i cinefili se involontariamente cito il titolo di un film attualmente nelle sale), gestendo quindi le fasi più acute con ristrutturazioni altrettanto acute sotto forma di “riforme per il futuro”, di aggiustamenti violenti contro i diritti dei lavoratori che sembrano essere (perché la grande comunicazione unilaterale così li propina) moderni sviluppi del mercato del lavoro reso “sostenibile” proprio contro le crisi che lo minacciano.
Non bisogna mentire: non si può più permettere lo scambio delle parole con concetti ne sono l’esatto opposto.
La teologia della morte della sinistra può sembrare anche un gioco divertente, ma invece è quanto di meno insopportabile oggi si può vivere se si vuole sopravvivere politicamente e rimettere ordine culturale, sociale e politico in un campo di valori che sono avversati pur reclamando per il popolo giustizia sociale, libertà civile e uguaglianza.
(m.s.)
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