La grande produzione artistica del cinema tedesco degli anni venti si andò spegnendo con l’avvento del sonoro, ma fu l’ascesa al potere di Adolf Hitler, tramite elezioni è bene ricordarlo, e Joseph Goebbels, potente Ministro del Reich per l’Istruzione pubblica e la Propaganda, a chiuderla definitivamente. In una prima fase, grazie all’opera di Leni Riefenstahl, venne valorizzata la “grandezza” del Reich, basti ricordare Il trionfo della volontà e Olympia, quindi il cinema si piegò definitivamente all’ideologia nazista e i successivi film servirono solo per seminare odio.
Le Germania nel settembre del 1939 aveva invaso la Polonia e la presenza di migliaia di ebrei “turbava” non poco Goebbels che avviò così una vasta produzione di film d’evasione, commedie, drammi storici e documentari esplicitamente antisemiti. Tra i documentari va ricordato Der ewige Jude (L’ebreo errante o L’eterno ebreo, 1940) diretto da Fritz Hippler (Berlino, 17 agosto 1909 – Berchtesgaden, 22 maggio 2002) che, mescolando immagini di repertorio, spezzoni di vecchi film e sequenze girate in alcuni ghetti polacchi, additò gli ebrei al disprezzo pubblico per le loro presunte infamità. In questo documentario dell’odio finirono anche figure ingombranti per il regime tra cui Charlie Chaplin, che ebreo non era, Albert Einstein, Rosa Luxemburg, il regista Ernst Lubitsch, gli attori Peter Lorre e Kurt Gerron. Hippler diresse anche alcuni documentari di guerra, ovviamente di propaganda, da segnalare Feldzug in Polen (La campagna di Polonia, 1940) e Sieg im Westen (Vittoria in Occidente, 1942). Ma il film tristemente simbolo del nazismo fu Jud Süß ovvero Süss l’ebreo.
Per dare forze alla propaganda antisemita, Goebbels nel novembre del 1939, dopo aver messo al bando La grande illusione di Jean Renoir, si concentrò su un film pseudo storico basato sulla vita di Joseph Süß Oppenheimer (Heidelberg, 12 febbraio 1692 – Stoccarda, 5 febbraio 1738), figlio del barone Samuel Conrad von Heydendorff e di una cantante ebrea di Francoforte, divenuto consigliere finanziario del Duca di Württemberg. Oppenheimer, alla morte del sovrano, venne processato e condannato a morte. Nel 1925 Lion Feuchtwanger, scrittore tedesco nel 1930 fondatore della rivista “Der Spiegel”, aveva tratto un libro da quella vicenda intitolato “Jud Süß” letteralmente “Süss l’ebreo” che aveva ispirato il film Jew Süss (1934) diretto, con un’ottica pro semita, da Lothar Mendes (Berlino, 19 maggio 1894 – Londra, 25 febbraio 1974) un regista tedesco emigrato negli anni venti negli Stati Uniti. Girato con capitali britannici la pellicola descrisse il protagonista come un uomo che voleva liberare il suo popolo. Il film di Mendes cercava di segnalare l’antisemitismo crescente in Europa, ma la censura inglese, che temeva l’incidente diplomatico visto l’esplicito attacco alle politiche di Hitler, bloccò di fatto la distribuzione della pellicola che ebbe qualche riscontro solo negli USA e in Austria. Film, ovviamente, vietato nella Germania del Terzo Reich.
La versione di Goebbels, invece, era incentrata sulle farneticazioni naziste e presentava gli ebrei come esseri profondamente infidi e corrotti, sporchi e dediti al malaffare, per i quali gli ariani non potevano che provare terrore e disgusto. Adolph Hitler in persona scelse come regista Veit Harlan. Quarto dei sei figli del commediografo Walter Harlan, nacque a Berlino il 22 settembre del 1899. Partito volontario per la Prima guerra mondiale, terminato il conflitto Veit si avvicinò al teatro dove venne notato da Max Reinhardt. Nel 1922 sposò l’attrice e cantante Dora Gerson, dalla quale si separò due anni dopo. Nata Dorothea Gerson il 23 marzo 1899 a Berlino, la donna era una delle attrici più note negli anni dieci, recitò tra gli altri al fianco di Marlene Dietrich e Bela Lugosi, ma con l’avvento di Hitler venne perseguitata per le sue origini ebraiche. Morì, insieme a tutta la sua famiglia, nel campo di concentramento di Auschwitz il 14 febbraio 1943.
Mentre continuava con successo la carriera di attore in teatro, Veit Harlan il 19 febbraio 1929 sposò l’attrice austriaca Hilde Körber (Vienna, 3 luglio 1906 – Berlino, 31 maggio 1969). La cerimonia si svolse nell’ospedale dove la donna era ricoverata in attesa del primo figlio. Lo stesso giorno nacque, infatti, Thomas Harlan (Berlino, 19 febbraio 1929 – Schönau am Königssee, 16 ottobre 2010). La coppia ebbe anche due figlie Maria Körber (Berlino, 23 giugno 1930 – Berlino, 14 maggio 2018) e Susanne Christa Körber-Harlan (Berlino, 17 giugno 1932 – 1989). Il matrimonio, tuttavia, durò solo nove anni poiché la crescente influenza che il nazionalsocialismo aveva sull’uomo, portò inevitabilmente alla separazione.
Tra teatro, vita sentimentale e nazionalsocialismo, Veit Harlan arrivò tardi al cinema. Debuttò dietro la macchina da presa nel 1935 con alcuni film di scarso valore tratti da opere teatrali. Nel 1937 realizzò Die Kreutzersonate (La sonata a Kreutzer) dal racconto di Lev Tolstoj e Der e Herrscher (Ingratidutine, 1937) tratto dal dramma “Prima dell’aurora” di Gerhart Hauptmann con Emil Jannings nei panni del protagonista. Nella pellicola, che ottenne in patria prestigiosi riconoscimenti, Harlan inserì slogan nazionalsocialisti e introdusse il culto nazista per i geni. I contenuti ideologici vennero veicolati grazie ad un’efficacia narrativa che colpì Hitler.
Seguirono, nella filmografia del regista, Jugend (Giovinezza, 1938) e Verwehte Spuren (La peste di Parigi, 1938) pellicole in cui Harlan diresse Kristina Söderbaum (Stoccolma, 5 settembre 1912 – Hitzacker, 12 febbraio 2001) che nel 1939 divenne la sua terza moglie. Ebbero due figli Kristian Veit Harlan (20 ottobre 1939) e Caspar Veit Harlan (1946) entrambi attori.
Nel 1939 Veit Harlan contattato da Goebbels accettò quindi l’incarico di girare Süss l’ebreo. Il Ministro della propaganda nazista seguì personalmente anche la scelta degli attori. Per il ruolo del protagonista obbligò Ferdinand Marian (Vienna, 14 agosto 1902) dopo il rifiuto di Gustaf Gründgens e dell’attore nazista per eccellenza Emil Jannings. Marian, che si era segnalato nel film La Habanera (Habanera, 1937) diretto da Douglas Sirk, aveva sposato prima la pianista ebrea Irene Saager (1907 – 2001) dalla quale aveva avuto una figlia e in seconde nozze l’attrice Maria Byk (Monaco di Baviera, 12 febbraio 1904) pseudonimo di Annemarie Albertine Böck, sposata in precedenza con il regista teatrale ebreo Julius Gellner. Marian e la moglie nascosero in casa proprio Gellner, per proteggerlo dalle rappresaglie delle SS. Per Goebbels fu pertanto facile ricattare l’attore e costringerlo a recitare la parte di Süss.
Obbligato fu anche l’attore che interpretò il Duca di Württemberg ovvero Heinrich George (Stettino, 9 ottobre 1893). Noto per aver messo in crisi Bertolt Brecht alla sua prima regia teatrale, l’attore passò al cinema recitando in film di Lupu Pick, Robert Wiene e nel celeberrimo Metropolis (1926) di Fritz Lang. Iscritto al Partito Comunista di Germania (Kommunistische Partei Deutschlands, KPD) di Rosa Luxemburg, con l’avvento del Nazismo fu costretto a recitare in film di propaganda per avere salva la vita. Poche possibilità di scelta anche per Louis Brody nato Ludwig M’bebe Mpessa, attore camerunese (Douala, 15 febbraio 1892) che recitò in film di Paul Leni, Fritz Lang, Alfred Hitchcock, Ewald André Dupont prima di essere costretto alle pellicole naziste. In Süss l’ebreo divenne il servitore del Duca.
Non ebbe bisogno di pressioni, invece, Werner Krauss, attore simbolo del Nazismo, che nel film interpretò due ruoli: quello del vecchio rabbino e quello del perfido Levi, il segretario di Süss. Legati al regime anche Theodor Loos (Zwingenberg, 18 maggio 1883 – Stoccarda, 27 giugno 1954) attore dichiarato da Goebbels indispensabile per il cinema tedesco, che nella pellicola nazista per eccellenza divenne Franz Joseph Freiherr von Remchingen; Malte Jaeger (Hannover, 4 luglio 1911 – Ladelund, 10 gennaio 1991) che interpretò il giovane ariano Faber; Eugen Klöpfer (Talheim, 10 marzo 1886 – Wiesbaden, 3 marzo 1950) iscritto al Partito nazista dal 1937 e Albert Florath (Bielefeld, 7 dicembre 1888 – Gaildorf, 11 marzo 1957) rispettivamente Sturm e Röder. Per il ruolo della protagonista femminile, Dorothea Sturm, fu il regista Veit Harlan a coinvolgere personalmente la moglie Kristina Söderbaum.
Harlan scrisse la sceneggiatura insieme al poeta e drammaturgo nazista Eberhard Wolfgang Möller (Berlino, 6 gennaio 1906 – Bietigheim, 1 gennaio 1972). Le riprese iniziarono nel marzo del 1940. Il film fu girato tra Praga (Harlan costrinse ad esibirsi come comparse gli ebrei della città) e gli studi UFA di Berlino. Il 5 settembre del 1940 si tenne nella capitale tedesca l’anteprima di Jud Süß (Süss l’ebreo).
Nella Stoccarda nel 1737, il gioielliere Joseph Süss Oppenheimer (Ferdinand Marian) vende sottocosto una preziosa collana al Duca di Württemberg (Heinrich George), in cambio ottiene il lascia passare per gli ebrei, in allora banditi dalla città. In breve tempo, grazie alla sua subdola astuzia, Süss, aiutato dal losco Levy (Werner Krauss) e consigliato da rabbino Loew (sempre Werner Krauss), diventa il potentissimo consulente del Duca, conquista la gestione della riscossione dei tributi e viene nominato Ministro delle Finanze. Alla sua ascesa si oppongono i membri del Consiglio del Sacro romano Impero guidati dal Presidente Sturm (Eugen Klöpfer), sua figlia Dorothea Sturm (Kristina Söderbaum) e il suo giovane fidanzato Faber (Malte Jaeger). Ma le insidie di Süss non riguardano solo le finanze, mette infatti gli occhi su Dorothea. Per proteggere i due giovani dall’ebreo, il vecchio Sturm organizza il matrimonio, ma quando il ragazzo è imprigionato e brutalmente torturato con l’accusa di aver cospirato contro il Duca, la ragazza viene violentata da Oppenheimer. Faber viene liberato, ma Dorothea si suicida gettandosi nel fiume. La morte della ragazza porta il popolo a trovare la forza per ribellarsi, ad accusare il Duca, che muore di crepacuore, a condannare a morte Süss e a cacciare gli ebrei dalla contea.
Süss l’ebreo costò quasi due milioni di marchi, cifra record per l’epoca, ma ne incassò oltre sei nei tre anni successivi, riscattando l’insuccesso commerciale de L’ebreo errante. Il film di Harlan fu visto da 20 milioni di persone in Germania e altrettante nel resto d’Europa (a Marsiglia ci furono numerosi episodi di violenza antisemita dopo la proiezione). L’8 settembre del 1940 la pellicola venne presentata al Festival del Cinema di Venezia, a recensirlo anche un giovane critico del Corriere Padano che scrisse: “Non esitiamo a dire che se questa è propaganda, ben venga la propaganda” e ancora “Il film è potente, incisivo, efficacissimo, ripreso in maniera impeccabile, fin troppo. Quasi siamo tentati di accusare il film di eccessiva regolarità”. A dimostrare l’abilità estetica e manipolatrice con cui il regista aveva realizzato il film. Quel critico era il futuro regista Michelangelo Antonioni.
Ma il film piacque ancor più ai vertici nazisti. Per Adolf Hitler era IL capolavoro; Joseph Goebbels affermò: “Harlan ha brillantemente rielaborato la vicenda di Süss l’ebreo. Sarà il film antisemita per antonomasia”; Heinrich Himmler, il capo delle SS, il 30 settembre del 1940 scrisse: “È mio desiderio che si provveda affinchè tutti gli effettivi delle SS e i membri della polizia vedano Süss l’ebreo nel corso di quest’inverno”. Quel film divenne un’arma omicida.
Jud Süß condizionò la vita di tutti i protagonisti del film. Ferdinand Marian recitò in altre pellicole di regime, su tutte Ohm Kruger l’eroe dei Boeri, al fianco di Emil Jannings, ma il ruolo di Süss lo distrusse. Nonostante gli “impegni” di Goebbels, la moglie Maria Byk finì, infatti, in un campo di concentramento. L’attore divenne dipendente dall’alcol e morì il 9 agosto 1946 in un’incidente d’auto, su cui ci sono molti dubbi, a Monaco di Baviera. La moglie venne liberata a fine guerra, ma ormai sola si suicidò il 22 aprile 1949. I due riposano insieme nel cimitero di Monaco. La vita di Marian venne raccontata nel 2010 nel film Jud Süss – Film ohne Gewissen diretto da Oskar Roehler con Tobias Moretti (Gries am Brenner, 11 luglio 1959), conosciuto ai più per aver interpretato il commissario Richard Moser nel telefilm Kommissar Rex ovvero Il commissario Rex, nella parte del protagonista.
Triste fine anche per Heinrich George l’attore un tempo comunista che interpretò il Duca di Württemberg. Il 14 maggio 1945 fu arrestato da ufficiali sovietici e internato nel Campo speciale n°7 di Sachsenhausen. Morì il 25 settembre del 1946 e il suo corpo venne identificato solo nel 1994 grazie alla comparazione del suo DNA con quello del figlio, l’attore Götz George (Berlino, 23 luglio 1938 – Amburgo, 19 giugno 2016) molto popolare in Germania per aver preso parte alla serie TV Tatort. Il camerunese Louis Brody, continuò a “lavorare” nei film di regime, utile per rafforzare nei film gli stereotipi razzisti. Sopravvisse al Nazismo e morì a Berlino l’11 febbraio del 1952. Gli attori nazisti del film, a partire da Werner Krauss, terminata la guerra subirono il processo di “denazificazione” e di fatto conclusero la propria carriera.
Il regista Veit Harlan continuò a dirigere “i più fragorosi, colorati e costosi film della storia del Terzo Reich”, secondo la definizione del critico Karsten Witte. Realizzò, tra gli altri, Pedro soll hängen (Pedro sarà impiccato, 1941) film iniziato nel 1939, ma mutilato dalla censura per il suo soggetto umanitario, Der grosse König (Il grande re, 1942), una biografia di Federico II di Prussia, Die goldene Stadt (La città d’oro, 1942) e Kolberg (La cittadella degli eroi, 1945) un grandioso film storico voluto da Goebbels, codiretto con Wolfgang Liebeneiner.
Tra il 1948 e il 1949 Harlan fu processato due volte per “crimini contro l’umanità”, probabilmente l’unico artista a subire un simile processo. L’accusa era quella di aver fatto parte attiva nel movimento antisemita e di aver collaborato attivamente con i nazisti. Il 23 aprile del 1949 il regista fu definitivamente assolto per insufficienza di prove. Nella sua autobiografia tentò di giustificarsi scrivendo di essere stato costretto da Goebbels a fare tale film e che fu lo stesso Ministro della propaganda a modificare una prima versione di Süss l’ebreo giudicata poco antisemita, accusando il regista di essere “incapace di pensare in termini politici”.
Nell’aprile del 1954 Harlan chiese al tribunale di distruggere quella che risultava essere l’unica copia rimasta di Süss l’ebreo, ma pochi anni dopo ne spuntarono altre, probabilmente proveniente dalla Germania Est, “curiosamente” sottotitolate in arabo ad opera di Stasi e KGB al fine di suscitare l’antisemitismo di egiziani e palestinesi contro Israele. Veit Harlan morì per un tumore il 13 aprile del 1964 mentre era in vacanza a Capri.
La numerosa famiglia di Harlan si interroga e si divide tutt’ora sulle responsabilità del regista, da segnalare a tal proposito il documentario Harlan – In the Shadow of “Jew Süss” (Harlan: all’ombra di Suss l’ebreo, 2008) realizzato da Felix Moeller (trasmesso dalla Rai nella trasmissione “La storia siamo noi” di Gianni Minoli).
Due membri della famiglia vanno infine segnalati. Il primo è il già citato Thomas, il primogenito del regista, che fu uno scrittore, cineasta e militante comunista. Nel 1959 denunciò, al termine di una rappresentazione teatrale, i nazisti ancora al potere in Germania. La denuncia non fu generica, Thomas fece nomi e cognomi, e per questo fu costretto all’esilio e si trasferì in Polonia. Collaborò quindi con l’editore italiano Giangiacomo Feltrinelli, che sperava di riuscire a fargli pubblicare un dossier importante, impresa che non vide mai la luce. In seguito Thomas si unì a Lotta Continua e seguì i movimenti rivoluzionari di mezzo mondo, dall’opposizione al Cile di Pinochet alla rivoluzione dei garofani in Portogallo per la quale realizzò il documentario Torre Bela (1975), presentato sia al Festival di Cannes sia alla Mostra del cinema di Venezia. Morì dimenticato il 16 ottobre 2010 (il quotidiano comunista Il manifesto gli dedicò un bell’articolo).
La seconda partente “illustre” del regista di Süss l’ebreo è Christiane Susanne Harlan (Braunschweig, 10 maggio 1932) figlia del fratello Fritz Moritz Harlan (1901 – 1970). La nipote di Veit Harlan, ironia della sorte, nel 1958 sposò un regista ebreo che aveva conosciuto sul set del film Orizzonti di gloria. Quel regista ovviamente era Stanley Kubrick con quale collaborò a più riprese, nelle vesti di produttore, anche il cognato Jan Harlan (Karlsruhe, 5 maggio 1937).
A Süss l’ebreo, film tutt’ora vietato in Germania, sono state dedicate mostre, documentari, film, ma la triste eredità, purtroppo ancora attuale, è rappresentata dal razzismo, dalla xenofobia, dall’antisemitismo (curiosando su Internet si trovano siti di estrema destra che inneggiano alla pellicola). In una parola dall’odio.
redazionale
Bibliografia
“Da Caligari a Hitler. Storia psicologica del cinema tedesco” di Siegfried Kracauer – Lindau
“Storia del cinema” di Gianni Rondolino – UTET
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2017” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi
Immagini tratte da: immagine in evidenza, foto 6, 10 Screenshot del film Süss l’ebreo, foto 1 Screenshot del film L’ebreo errante, foto 2, 14 da it.wikimedia.org, foto 3, 4, 5, 7, 8, 15 da pinterest.com, foto 11, 14 Screenshot del documentario Harlan: all’ombra di Suss l’ebreo, foto 12 foto Screenshot del film La cittadella degli eroi.