Il clamoroso dietrofront deciso ieri dal consiglio dei ministri sul blocco immediato alle cessione dei crediti di tutti i bonus fiscali, a partire dal superbonus, ha scatenato il panico tra le associazioni dei costruttori Ance: «Per le imprese c’è il rischio di un tracollo». Per l’esecutivo il divieto dovrebbe servire a governare il caos in cui versa da mesi il mercato dei crediti fiscali legati ai lavori edilizi creato dal governo Conte 2.
Saranno inoltre bloccate le operazioni di acquisto dei crediti da parte delle Regioni e di altri enti pubblici. Il governo ha vietato in maniera decisa di acquistare crediti fiscali legati ai lavori di ristrutturazioni. Una spesa che avrebbe un impatto considerevole sul debito pubblico. In tempi di austerità di ritorno, mentre si discute in Europa il ritorno del «patto di stabilità», la sola ipotesi è esclusa.
La responsabilità del fornitore che ha applicato lo sconto in fattura in caso di condotta negligente sarà limitata. L’esclusione riguarderà anche chi ha comprato dalle banche. Resteranno comunque le forme di bonus, ma solo nella forma della detrazione di imposta. Sono esclusi da queste novità gli interventi già avviati.
Reazioni sia imbarazzate che crude quelle viste ieri in una conferenza stampa di inattesa importanza. La presidente del consiglio Giorgia Meloni era assente per un’influenza. È la seconda assenza nel giro di pochi giorni. La prima è stata quando la Lega ha presentato la «sua» autonomia differenziata. Un’altra spina per il governo, come oggi è la cessione dei crediti. «Voglio essere chiaro la lievitazione dei crediti è avvenuta per mancata pianificazione durante il governo precedente a quello Draghi. Il governo Draghi ha tentato di porvi rimedio. Ma ormai era troppo tardi» ha detto il vicepremier Antonio Tajani.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha citato Draghi quando accusò il Movimento Cinque Stelle di aver costruito male le norme e, a tale proposito, ha parlato di una «politica scellerata» pensata per ottenere un «consenso politico». Sarebbe costata a «ogni italiano, compresi quelli in culla, duemila euro a testa». «È fondamentale che si riattivi la possibilità da parte degli intermediari finanziari dell’acquisto dei crediti, bloccato per l’incertezza normativa che noi in questo decreto risolviamo».
«Lo voglio dire a tutto il sistema: a questo punto vengono meno gli alibi» ha aggiunto auspicando con le banche “un impegno ad agire di concerto per risolvere questo bubbone che si è formato per una normativa definita con leggerezza». «Il decreto ha un duplice obiettivo: cercare di risolvere il problema che riguarda la categoria delle imprese edili per l’enorme massa di crediti fiscali incagliati e mettere in sicurezza i conti pubblici».
Le imprese erano tutt’altro che tranquillizzate ieri. Ci sono 15 miliardi di crediti fiscali per i bonus edilizi incagliati, 90 mila cantieri in bilico, 25 mila imprese e decine di migliaia di posti di lavoro a rischio. «Perplesso» si è detto Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. «Non c’è nessuna risposta al problema» ha aggiunto il presidente di Confartigianato Marco Granelli.
Lunedì il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano ha convocato le associazioni del settore. Sarà una riunione impegnativa. In Puglia erano state presentate diverse proposte di legge regionale per sbloccare crediti fiscali incagliati derivanti dai bonus edilizi. Cassata dal governo. «Centinaia di imprese rimarrebbero senza liquidità e i cantieri si bloccherebbero del tutto, con gravi conseguenze per migliaia di lavoratori e le loro famiglie» ha sostenuto Nicola Bonerba (Ance Puglia).
La stessa cosa è accaduta alla provincia di Treviso che aveva annunciato un acquisto di crediti dalle banche, o alla Regione Sardegna che ha approvato una norma. Anche il presidente della Liguria Toti, parte della maggioranza al governo, ieri sembrava imbarazzato e ha chiesto una «soluzione alternativa» da trovare nella conferenza Stato-Regioni.
«È un colpo letale all’edilizia, come fa Forza Italia a restare al governo?» ha chiesto Conte (M5S) puntando ai dissidi che sembrano nati tra i berlusconiani. Di «maggioranza in tilt» ha parlato Mariastella Gelmini di Azione-IV. «Il governo sospenda ogni decisione unilaterale e convochi tutte le parti interessate» ha proposto Antonio Misiani (Pd).
ROBERTO CICCARELLI
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