Ed è questa la notizia del giorno: basi, caccia e uomini, anche l’Italia si prepara alla campagna aerea in Libia.
Come si può giudicare l’idea di un intervento italiano in appoggio ai bombardamenti USA in Libia: un’iniziativa ridicola o incosciente?
Ancora una volta si pensa di cacciare l’Italia in un’avventura senza senso e ragione, in una crescente idea di bellicismo nazionalista che rappresenta, purtroppo, una delle (logiche) caratteristiche di questo regime.
Le drammatiche notizie che provengono dal fronte nord-africano e medio orientale (Libia e Siria) confermano la prospettiva di un mondo sull’orlo del precipizio di una guerra globale protagoniste le grandi potenze.
Ed è questa la vera priorità dell’agenda politica.
Non c’è nessuna alleanza anti – ISIS o Daesh o che dir si voglia, non tiene nessuna lotta comune al cosiddetto terrorismo islamico.
Il confronto diretto è fra l’imperialismo USA che riafferma la logica che ne ha determinato la politica estera nel secondo dopoguerra e il rinnovo delle ambizioni imperiali della Russia, in un’idea di rinnovato bipolarismo.
Sullo sfondo il regime assoluto saudita che gioca a suo piacimento sul prezzo del petrolio alla Borsa di Londra e si appresta a tirare le fila degli effetti materiali di un’altra stretta energetica (intanto chi ha più sentito parlare dell’OPEC, con il Venezuela sull’orlo di una crisi sociale e politica di enormi dimensioni?) avendo da parte le leve del potere effettivo sulle cose concrete dell’andamento dell’industria e del commercio in molte parti del mondo.
E’ questo il quadro all’interno del quale ci si confronta direttamente in queste ore, il resto di ciò che accade appare funzionale ai due schieramenti per costruire alleanze e retroterra strategici.
Pare questo un quadro plausibile foriero di nuovi, tragici, sviluppi che coglie l’Occidente impreparato e in forte crisi dal punto di vista dell’assetto politico e i cosiddetti paesi in via di sviluppo (Cina, India, Brasile, Sud Africa) in una fase di forte arretramento proprio sul piano della propria capacità d’incidenza sugli equilibri complessivi, ridotti come sono all’esercizio – comunque – di un ruolo di potenze periferiche (i cinesi svolgono una funzione di complemento guardando alla loro economia e all’accumulo di ricchezze dei nuovi mandarini, anche quando acquistano immensi appezzamenti di terreno in Africa, oppure affittano come in Ucraina).
L’Europa appare come mai in altre fasi della storia un vero e proprio “nano politico, industriale e militare”: soggetto inesistente, privo di ruolo e di funzione, condotto da governanti velleitari che considerano le loro tempeste in un bicchier d’acqua quasi fosse un maelstrom oceanico.
Intanto si allarga il divario tecnologico – militare tra le due superpotenze e un resto del mondo che si balocca con l’idea illusoria del ridurre il tutto alla tecnologia dei messaggini.
Chi pensava ad una globalizzazione “temperata” e ad una multipolarità di potenze è, per adesso, servito.
Alcuni dati, tanto per rendere l’idea più realistica: gli Stati Uniti sono pronti a quadruplicare il budget per la Difesa destinato all’Europa. Fonti governative riportate dal New York Times parlano di una somma ingente, che si aggirerebbe attorno ai 3,4 miliardi di dollari per il 2017 – a fronte degli attuali 789 milioni – e che sarebbe finalizzata allo spiegamento di armi pesanti e veicoli corazzati nei paesi Nato dell’Europa centrale e orientale come deterrente nei confronti della Russia.
Il totale del totale del budget che Washington spenderà nel 2017 dovrebbe ammontare a 585 miliardi di dollari, dei quali soltanto 7 saranno destinati alla lotta contro lo Stato islamico.Se confermata, la spesa complessiva per gli armamenti messa in campo dagli Stati Uniti supererebbe la somma di quelle delle 15 più “armate” potenze militari del mondo.
La Russia dal canto suo: impressionante è in particolar modo il budget riservato alle forze armate, che passa dagli oltre 1900 miliardi per l’intero 2014 a oltre 1000 per il solo primo bimestre del 2015. Notevole è anche l’aumento delle cifre destinate all’attività nucleare – circa 36 miliardi nel 2014, 20 nei primi due mesi dell’anno successivo – e a quella di ricerca applicata (che passano da 244 miliardi per l’intero 2014 a 155 per l’inizio del 2015), due settori che nel biennio 2011-12 avevano subito un drastico calo.
Per chi si sta da anni esercitando sul nesso tra globalizzazione, cessione di sovranità dello “Stato – Nazione”, rovesciamento nel rapporto tra la politica e l’economia (con il ritorno in primo piano della geo – politica) arrivano le prime ipotesi di conferma.
Si procede per paradossi apparenti: ripresa dei nazionalismi di tipo imperiale e neo globalizzazione dei conflitti.
Il bilancio del primo ventennio del XXI secolo si presenta così caratterizzato da conflitti e tensioni di varia natura, tra cui l’insoluto conflitto arabo-israeliano, quelli iracheno, afgano, libico, siriano, la minaccia del terrorismo di matrice islamica, i rischi di proliferazione nucleare la ripresa della potenza russa (dopo le difficoltà degli anni ’90) e l’attuale crisi tra Washington e Mosca dovuta alla dislocazione di basi radar e missilistiche ai confini della Russia in relazione al conflitto ucraino e al confronto diretto sullo scacchiere siriano (le due vere novità negative degli ultimi anni)
Un futuro carico d’incognite, un vero e proprio “orlo del precipizio”.
FRANCO ASTENGO
redazionale
3 agosto 2016
foto tratta da Pixabay