Dirigente scolastico marchigiano, elogio della Grande Guerra, del soldato, del Piero che invece di esitare, imbraccia il fucile, spara e spara ancora. Come se non ci fosse un domani. E in effetti in bellum un domani spesso non c’è… L’attimo del presente racchiude tutto l’amore di Patria che si può provare, non regala alcun futuro.
Ma il fucile è ben saldo nelle mani: eroicamente si uccidono i propri simili. Del resto, le differenze a che servirebbero mai se non a provare ad annullarle e venendone premiati con medaglia al petto. Che le metta Diaz o le metta un generale tedesco nella Berlino devastata dai bombardamenti sovietici e ridotta alla fame, poco conta.
Saltate in piedi, giovani pubescenti, virgulti del patriottismo leghista post-secessionismo e proferite a pieni polmoni: “Presente!“.
Presenti al disonore dell’omicidio di massa, del militarismo come ragione di vita, come lavoro. Uccidere può essere una occupazione ben remunerata dagli Stati parassiti del mondo, contro il mondo. Contro l’umanità imbelle che viene derisa, umiliata, tacciata d’essere vile e codarda. Reitta per questo.
Io avrei inviato un’altra lettera ai giovani studenti marchigiani, fatta di due fogli: uno con una poesia nota di Gianni Rodari e un altro col testo del “Déserteur” di Boris Vian, perché la vera patria dell’umanità è la pace, la fratellanza e il riconoscimento dell’eguaglianza tra tutti noi.
Ma questo un leghista non lo potrà mai capire.
(m.s.)
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