Strage di operai, tre morti in un giorno

Stritolato dal nastro trasportatore, trafitto da una scheggia, investito da un autoarticolato: così si perde la vita nella penisola. Francesca Re David (Cgil): "Sono tragedie che affondano le loro cause nel risparmio ad ogni costo, nella fretta, nella mancanza di investimenti e di controlli"

La guerra del lavoro insicuro continua a mietere vittime. In poche ore i nomi di Daniel Tafa, 22 anni, Nicola Sicignano, 50 anni, e Umberto Rosito, 38 anni, si sono aggiunti a una lista che si allunga di giorno in giorno e che scuote le coscienze, senza però che, visti i numeri, nulla cambi. “E’ una strage infinita, sono tragedie che affondano le loro cause nel risparmio ad ogni costo, nella fretta, nella mancanza di investimenti e di controlli – annota la segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David – e che non possono essere fermate con interventi più o meno burocratici”.

Il primo a perdere la vita è stato Nicola Sicignano, sposato con due figli, operaio di una ditta di smaltimento rifiuti di Sant’Antonio Abate nel napoletano, rimasto incastrato con il braccio e la testa nel nastro trasportatore della linea di lavoro. Sicignano era nato a Vico Equense e risiedeva a Gragnano, era addetto diretto della Sb Ecology, azienda della Balestrieri Holding, già nota alle cronache perché nel 2019 e nel 2020 si svilupparono due grossi incendi nella sede della ditta.

Aveva soltanto 22 anni invece Daniel Tafa, ucciso in un incidente che si è verificato durante il suo turno di lavoro nell’azienda Stm a Maniago, in provincia di Pordenone. Il ragazzo, nato a San Vito al Tagliamento e residente a Vajont, è morto a causa dell’esplosione di uno stampo d’acciaio, trafitto da una scheggia incandescente che lo ha colpito alla schiena mentre era impegnato su un’altra lavorazione. Anche nel suo caso, come in quello di Sicignano, le indagini della magistratura sono state affidate ai carabinieri.

La terza vittima, Umberto Rosito, originario di Corato, sposato a padre di una bambina di tre anni, aveva appena iniziato a predisporre la segnaletica per un cantiere stradale gestito da una impresa di Orvieto e relativo alle manutenzioni del tratto di autostrada A1 poco oltre lo svincolo della città umbra in direzione Firenze, quando è stato travolto da un autoarticolato ed è morto all’istante.

All’elenco delle vittime va aggiunto un quarto operaio rimasto gravemente ferito mentre stava lavorando nella diga di Cumbidanovu a Orgosolo, nel nuorese, L’uomo è caduto da un’altezza di circa quattro metri mentre stava lavorando imbragato. Soccorso da un’ambulanza del 118, è stato portato all’ospedale di Nuoro in codice rosso per un trauma al rachide, e sottoposto a ulteriori accertamenti.

“La svalorizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori è la vera responsabile di queste morti – osserva ancora Re David – e nessun appello generico alla cultura della sicurezza può essere efficace senza una cultura della centralità della persona sul profitto. Con i referendum sul lavoro dell’8 e del 9 giugno vogliamo invertire questa logica intervenendo sulle responsabilità nella catena degli appalti e sulla precarietà. Perché senza questo cambio di paradigma la strage non si fermerà”. Sulla stessa linea la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese: “Quanto dobbiamo aspettare e quanti lavoratori o lavoratrici dovranno ancora morire perché questa strage venga affrontata come emergenza nazionale? Attendiamo un segnale da palazzo Chigi, noi siamo pronti al confronto”.

“Abbiamo da tempo offerto la nostra disponibilità al governo per agire con efficacia – denuncia sul fronte politico Elly Schlein – ma finora non abbiamo mai avuto riscontri”. Insieme al Pd intervengono anche Avs e M5s, che con Andrea Quartini chiede alla ministra Calderone di riferire in aula, mentre il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, chiama i sindacati “a un tavolo sugli incidenti sul lavoro”.

Nel mentre il procuratore pratese Tescaroli, con una lettera inviata al ministri del Lavoro e dell’Interno, dà conto delle indagini sul disastro al deposito Eni di Calenzano (cinque vittime), segnalando fra l’altro di ripensare le modalità di compilazione del Duvri (il documento di valutazione dei rischi interferenti), perché dalle indagini è emerso che a contribuire al disastro è stato anche l’aver svolto i lavori di manutenzione in contemporanea con le operazioni di rifornimento delle autobotti. Una pratica che secondo la procura è comune in tutti i depositi Eni.

RICCARDO CHIARI

da il manifesto.it

foto: screenshot ed elaborazione propria

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