Peggio di così non poteva andare. “Al primo tavolo regionale su Stellantis al Mimit, che è partito dalla situazione del sito di Melfi in Basilicata, l’azienda non ha risposto alle garanzie sociali, produttive e occupazionali per i suoi dipendenti e per quelli dell’indotto”. A certificarlo Michele De Palma insieme al segretario nazionale confederale Pino Gesmundo, come a sottolineare che l’intera Cgil condivide sia nel metodo che nel merito la posizione della Fiom, più che critica nei confronti dell’azienda ed anche di un governo Meloni che, parole del ministro Urso, “ha già dato”.

Lo stesso Urso, con virile portamento, ha aggiunto che “ora è Stellantis a dover dare all’Italia”. Solo chiacchiere, visto che si è ben guardato dal seguire il monito lanciato dalla Fiom, pronta a rilevare già giorni fa con Samuele Lodi che “fare incontri stabilimento per stabilimento ha poco senso, serve un accordo quadro nazionale con Stellantis e il governo dovrebbe fare proprio questo, ma non lo fa”.

In aggiunta al Mimit non solo non si è visto l’ad Tavares, che si presenta solo se la convocazione arriva dal governo francese, ma nemmeno altri rappresentanti dell’azienda, che si è giustificata chiamando in causa la “policy aziendale” legata agli incontri nel periodo di campagna elettorale – in Basilicata si voterà e al tavolo c’era il ricandidato governatore Vito Bardi – per giustificare la sua assenza.

Nessuna risposta dunque da parte di un’azienda “socialmente irresponsabile”, così come l’ha ben definita De Palma: “Su Melfi non abbiamo avuto né garanzie rispetto alla messa in produzione dei cinque modelli elettrici previsti – ha aggiunto il segretario generale della Fiom – né tantomeno soluzioni che riguarderanno i lavoratori dell’indotto e della componentistica, che rischiano di perdere la propria occupazione”.

Numeri importanti questi ultimi, come ha ricordato il neo segretario generale della Fim Cisl, Ferdinando Uliano: “Melfi rappresenta un unicumi, in particolare per il sistema dell’indotto che ruota esclusivamente intorno al sito produttivo di Stellantis che complessivamente impiega circa 9mila lavoratori tra diretti, 5.675, e indiretti”. Da Uliano anche la puntualizzazione che lo stabilimento produce oggi solo 170mila auto, circa la metà del 2017, insieme ad un interrogativo non da poco: “Abbiamo la necessità di capire se la proiezione rispetto ai volumi dei cinque modelli full electric previsti dall’azienda sarà capace di saturare gli impianti o gli impatti effettivi sull’occupazione”.

Sarebbero numeri produttivi altisonanti secondo Tavares &c., ben 260mila vetture l’anno. E sul punto è la Uilm con Gianluca Ficco a chiedere “che una parte di queste future produzioni sia ibrida, giacché i full electric stanno facendo molta fatica ad imporsi fra i consumatori, tanto da indurre ad un approccio più equilibrato e gradualista perfino la politica europea”.

Sono comunque tutti conti fatti senza l’oste, tira le somme De Palma guardando già all’odierno tavolo su Mirafiori: “Credo ormai sia chiaro che senza l’ad di Stellantis questa discussione non va da nessuna parte. Tavares deve venire in Italia per il rispetto della dignità di questo paese, dei lavoratori di questo paese e della storia industriale di questo paese”. Una storia al tramonto anche per il comportamento del governo: “Abbiamo chiesto alla premier Meloni di fare non tavoli regionali ma un tavolo unico a Palazzo Chigi – ribadisce De Palma – perché se la Germania decide di investire 55 miliardi in un anno sul settore dell’auto, noi non ce la caviamo solo con qualche incentivo”.

Nei 55 miliardi tedeschi per l’automotive è naturalmente compreso anche il settore della componentistica. Il solo, ha spiegato a Piazza Affari sul Tg3 il prof Mario Calderini del Politecnico di Milano, ancora forte in un’Italia che da molto tempo produce sempre meno auto, e che però necessita di investimenti pubblici sia per la transizione tecnologica che per la formazione degli addetti. Ma il ministro Urso preferisce vagheggiare di produttori stranieri (quali?) pronti ad accorrere da queste parti. E meno male che è già finita in cavalleria la sparata del suo collega Pichetto Fratin sui reattori nucleari a Mirafiori.

RICCARDO CHIARI

da il manifesto.it

foto: screenshot You Tube