Disco verde per Rajoy. Il premier uscente ha avuto la tanto agognata investitura che in questi mesi non era riuscito ad ottenere. E l’ipotesi di nuove elezioni a Natale è scongiurata. Stavolta a dare il via libera al leader dei Popolari è arrivata l’astensione dei socialisti del PSOE, usciti letteralmente distrutti da mesi di trattative che hanno portato, dentro al partito socialista, a scene da tragedia greca.
Pedro Sanchez, deciso fino alla fine a non stringere alcun accordo con Rajoy (ma anche a non aprire ad alcuna alternativa a sinistra), ha dovuto dimettersi dal ruolo di segretario. E lo ha fatto a ragion veduta, perché la fronda contro di lui che pareva solo una ipotesi da “fantapolitica” prima delle scorse elezioni di giugno, si è invece materializzata col passare delle settimane fino a ingrossarsi tanto da diventare egemone. E così due campagne elettorali passate a bersagliare i Popolari e ancor di più il loro leader sono state disattese con un accordo di appoggio al governo.
Come non bastasse però i Socialisti ne sono usciti ulteriormente spaccati. Alla votazione di ieri dapprima Sanchez ha annunciato di rinunciare al suo seggio (probabilmente si ricandiderà al prossimo congresso come portabandiera del no a Rajoy), poi quindici deputati socialisti, compresi i catalani, hanno mostrato il pollice verso e anziché l’astensione hanno preferito il voto contrario. Molti altri deputati invece hanno motivato la loro non entusiastica astensione con la perentoria motivazione: ordini di partito.
Come non bastasse nel suo discorso di investitura Mariano Rajoy ha lanciato subito colpi di sciabola a quella che fino a pochi giorni fa era la gamba mancante della poltrona su cui siederà. «Ho intenzione di governare, non di essere governato» ha puntualizzato ai socialisti, intenzionati a condizionarne il mandato. Una minaccia non di poco conto visto che se si andasse a votare certamente per i popolari sarebbe un trionfo e certamente per i socialisti sarebbe un disastro.
Nel frattempo ieri scendevano in piazza 150mila spagnoli per dire no al nuovo governo. In una manifestazione convocata dopo la svolta a destra dei socialisti a essere preso di mira non era solo il premier, ma anche e soprattutto il PSOE. Una piazza giovane e motivata. Da sinistra le stoccate al PSOE già frantumato sono state pesantissime, ed oltre alle prese di posizione dei leader di Unidos Podemos (coalizione elettorale costituita da Izquierda Unida e Podemos), sono arrivate anche le stoccate dei gruppi indipendentisti e autonomisti. In particolare nella discussione di ieri ha fatto discutere il monologo particolarmente pungente e ficcante alla Moncloa di Gabriel Rufian, giovane portavoce di Esquerra Republicana Catalana (ERC). Rufian ha affibiato ai socialisti il ruolo di traditori e doppiogiochisti. «I fondatori del PSOE si rivoltano nella tomba» ha detto Rufian, che poi ha letto una serie di commenti di cittadini di fede socialista che si sentono traditi dal loro partito. Rufian è stato interrotto per tutto il suo discorso dai deputati socialisti. «Non avete alcuna vergogna di dare il governo ad uno dei partiti più reazionari di Europa» ha rincarato la dose Rufian che poi è andato oltre: «Siete allo stesso tempo socialisti e neoliberisti, siete repubblicani e monarchici, state con gli operai ma anche nei consigli di amministrazione. Siete di sinistra ma date il potere alla destra». Parole che hanno incontrato le simpatie nei social di molti spagnoli, frustrati per la peggiore delle morti che poteva avere il bipartitismo iberico.
Un discorso molto sentito quello del parlamentare catalano, anche perché l’investitura di Rajoy potrebbe essere la tomba al tentativo di processo legale di indipendenza messo in campo dal governo catalano a cui Rajoy sbarrerà la strada. Mentre Rajoy attende il passaggio formale con Felipe VI che avverrà in settimana, il dato certo è che da dieci mesi di stallo politico ad uscirne sconfitti sono i socialisti.
ENRICO BALDIN
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