A Cuba il cinema arrivò nel gennaio del 1897 grazie all’infaticabile Gabriel Veyre (Septème, 1 febbraio 1871 – Casablanca, 13 gennaio 1936), rappresentante dei fratelli Lumière che in quell’anno portò “la nuova invenzione” anche in Asia, soprattutto in Giappone. La prima proiezione avvenne all’Avana e il mese successivo fu girato il primo filmato nell’isola, la simulazione dell’intervento dei pompieri in una città.
Nel 1898, dopo la fine della guerra ispano-americana, venne realizzato il primo cortometraggio El brujo desapareciendo opera dell’attore José Esteban Casasús (Caibarién, 26 dicembre 1871 – 21 agosto 1922), cui seguirono le pellicole di Enrique Díaz Quesada (L’Avana, 16 agosto 1882 – 13 maggio 1923), il più significativo cineasta dell’epoca del muto, autore di numerosi documentari e del primo lungometraggio cubano Manuel García, rey de los campos de Cuba (1913). La sua cospicua produzione andò distrutta nel 1923, a causa di un incendio, pochi mesi dopo la sua morte. Notevole fu anche il lavoro di Ramón Peón (L’Avana, 5 giugno 1887 – San Juan, 2 febbraio 1971) autore, tra gli altri, de La virgen de la Caridad (1930). Ma il cinema hollywoodiano monopolizzava il settore della distribuzione, fattore che si accentuò con l’ascesa al potere di Fulgencio Batista che governò ininterrottamente l’isola, protettorato USA, dal 1933 al 1959.
Non casualmente il vero sviluppo del cinema cubano avvenne solo dopo la Rivoluzione guidata da Fidel Castro ed Ernesto “Che” Guevara che avevano mostrato più di un interesse verso la “settima arte” facendo riprendere la loro azione negli anni della rivoluzione da Julio García Espinosa (L’Avana, 5 settembre 1926 – L’Avana, 14 aprile 2016). Nel 1959 venne fondata l’ICAIC (Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematográficos), l’Istituto del cinema di Stato nato per “organizzare, stabilire e sviluppare l’industria cinematografica, e produrre e distribuire i film cubani”. L’istituto, diretto da Alfredo Guevara (L’Avana, 31 dicembre 1925 – L’Avana, 19 aprile 2013), collaborò con cineasti europei (tra cui l’italiano Cesare Zavattini) e sovietici (nel periodo di massima collaborazione tra i due Paesi). Proprio da una di queste collaborazioni nacque il film cubano più importante e noto, Soy Cuba diretto dal sovietico Michail Kalatozov.
Già autore di Letjat zhuravli (Quando volano le cicogne, 1957), Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1958, Michail Konstantinovic Kalatozov (Tbilisi, 28 dicembre 1903 – Mosca, 27 marzo 1973), il meno stalinista tra i registi sovietici, coltivò l’idea di girare un film su Cuba già nel 1961 a seguito del suo primo incontro con il Direttore dell’ICAIC Alfredo Guevara.
Soy Cuba (letteralmente Sono Cuba) prese forma quando Fidel Castro in persona commissionò al regista il film con lo scopo di celebrare i fasti del sistema politico cubano e gli orrori del vecchio regime di Batista. Al progetto lavorarono anche il poeta sovietico Evgenij Aleksandrovic Evtušenko e lo scrittore cubano Enrique Pineda Barnet che curarono la sceneggiatura, Carlos Fariñas che compose le struggenti musiche e Sergey Urusevsky (San Pietroburgo, 23 dicembre 1908 – Mosca, 12 novembre 1974) meticoloso direttore della fotografia che aveva già lavorato con Kalatozov per Quando volano le cicogne. Dopo quattordici mesi di lavoro e la collaborazione della Mosfilm di Mosca, la pellicola uscì nelle sale.
Dopo un breve prologo, presentato dalla “voce di Cuba” (in originale la voce di Raquel Revuelta) che accompagnerà tutto il film, Soy Cuba racconta quattro storie di violenze e abusi ambientate negli ultimi giorni del regime di Batista. Nella prima la giovane Maria (Luz María Collazo) è costretta dalla miseria a prostituirsi con i ricchi americani, tra alcol e night club; nella seconda il povero contadino Pedro (José Gallardo), informato che la terra che coltiva è stata venduta alla United Fruits, da fuoco a tutta a piantagione; nella terza storia, invece, Enrique (Sergio Corrieri, poi membro del Comitato centrale del Partito Comunista Cubano e deputato) rinuncia ad uccidere il capo della polizia, che poi lo ammazza vilmente durante una manifestazione. Nel quarto e ultimo episodio Mariano, che vive nella Sierra con la sua famiglia, si unisce ai barbudos dopo la morte di uno dei quattro figli.
Influenzato dal Cinéma Nôvo brasiliano, dal Neorealismo italiano, dalla Nouvelle Vague francese e dalle immagini di Orson Welles, Kalatozov, concedendosi ampie sfumature artistiche, realizzò un piccolo capolavoro registrando il fervore politico del momento. Il film venne impreziosito dalla tecnica sovietica, dalle inquadrature “obblique”, dai lunghi e “acrobatici” piani sequenza (indimenticabile la ripresa del funerale dello studente che mostra il dolore di un intero Paese) massima espressione artistica del film.
Il regista dichiarò che voleva realizzare “un affresco esaustivo, qualcosa, se non è troppo ambizioso, come i Rougon-Macquart di Emile Zola”, ma la prima e unica co-produzione Cuba-URSS venne aspramente criticata alla sua uscita. I cubani ribattezzarono il film “No soy Cuba” vedendone una rappresentazione stereotipata delle loro abitudini, mentre i sovietici lo trovarono assai poco rivoluzionario. La pellicola fu così ritirata dalla circolazione e bollata come “esperimento di propaganda fallito”.
Soy Cuba, interpretato da attori non professionisti, venne riscoperto trent’anni dopo, nel 1992, al Telluride Film Festival in Colorado alloché due massimi esponenti della New Hollywood, Martin Scorsese e Francis Ford Coppola, lo definirono un capolavoro e riuscirono nel 2005 a farlo distribuire nuovamente nelle sale (in Italia su DVD). I motivi per cui venne attaccato all’epoca, le innovazioni artistiche, divennero gli stessi per la riscoperta.
La storia e la lavorazione e dell’accoglienza del film sono raccontate nel documentario Soy Cuba o mammute siberiano (Soy Cuba, il mammuth siberiano, 2004) diretto dal regista brasiliano Vicente Ferras che raccoglie le testimonianze dei potagonisti dell’epoca oggi stupiti della rivalutazione. Come affermò il critico americano James Hoberman la pellicola è stata “resuscitata da un oblio di decenni proprio come un mammuth riappare dopo millenni nel ghiaccio siberiano”. Da vedere solo se si è visto il film.
Da allora il cinema cubano ha prodotto migliaia di film, tra lungometraggi, documentari, cartoni animati; ha fatto emergere registi di fama internazionale come Tomás Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabío (Fragola e cioccolato), Humberto Solás (Lucía, La cantata de Chile), Fernando Pérez (La vita è un fischio), Daniel Díaz Torres (Alice in Wondertown), ma Soy Cuba, pellicola che ha rischiato di essere cancellata dalle pagine della storia del cinema, rimane uno spaccato di un mondo che non c’è più. Girato in piena guerra fredda, descrisse la dittatura di Batista, sottolineò l’infallibilità di Castro, denunciò il capitalismo. Più semplicemente mostrò quanto può essere bella l’idea stessa di Rivoluzione.
redazionale
Bibliografia
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2017” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi
Immagini tratte da
Immagine in evidenza Screenshot del film Soy Cuba, foto 1 da ecured.cu, foto 2 da it.pinterest.com, foto 3 da mubi.com, foto 4, 5, 6, 7 Screenshot del film Soy Cuba