La forza dell’arte è anche quella di saper raccontare e descrivere la vita e le tradizioni di popoli lontani. Il cinema, in questo, ha una possibilità in più: quelle vite e quelle tradizioni le può mostrare. Da Robert Joseph Flaherty (Nanook of the North: A Story of Life and Love in the Actual Arctic) a Friedrich Wilhelm Murnau (Tabu: A Story of the South Seas) fino a Raymundo Gleyzer (Ceramiqueros tras las sierras, Ocurrido en HualfÃn, Quilino) molti registi hanno portato sul grande schermo le storie, i volti, la cultura del mondo in quello che spesso viene definito cinema etnografico. Oggi uno dei film più interessanti di questo modo di fare cinema è Soul of the Lands (Anima delle terre, 2020).
Cosa accade quando un nativo americano porta le sue tradizioni in Europa? Viaggio onirico nelle visioni del production designer Fabio Del Percio, che ha disegnato l’aspetto visivo di un piccolo ma unico documentario che unisce spirito a natura, da un’area tra le più remote del pianeta – l’Islanda – e fino ai territori indigeni del nord della California.
Tutto nasce dal popolo Chukchansi che da oltre dodicimila anni abita le pendici della Sierra Nevada e la San Joaquin Valley in California. Una tribù di nativi americani legata alla natura e alla spiritualità , come altre confinata per sopravvivere in una “riserva”, la Picayune Rancheria of Chukchansi Indians, tra attività commerciali e l’immancabile casinò. Ma c’è chi quella spiritualità non la voleva proprio perdere, anzi la voleva condividere. Il suo nome era Harold Max Hammond (13 agosto 1939), per tutti lo sciamano Somp noh noh.
La pratica più importante degli Chukchansi era, ed è, la Sweat Lodge, una capanna sudatoria al cui interno, in una cerimonia collettiva, l’individuo si purifica ed entra in relazione con gli altri e con la natura. Nel 1991 Somp noh noh partì per l’Islanda portando con se i “segreti” di quella pratica. La Sweat Lodge, da allora, è stata adottata dalla comunità degli artisti islandesi come rito per entrare in connessione con la spiritualità e la creatività .
Fabio Del Percio (Varazze, 24 dicembre 1972), production designer ha vissuto prima in Islanda, poi in California. Ha conosciuto quella realtà . E da un’idea di Anna Giudice è nato Soul of the Lands, il secondo lavoro della Cowberry Films dopo il pluripremiato Spirit.
Fabio Del Percio è un production designer, responsabile del concetto visivo di una produzione cinematografica. È colui che identifica uno stile sul set, che crea le location, la grafica, pensa agli oggetti di scena, progetta l’illuminazione, studia le angolazioni della telecamera e i costumi, lavorando a stretto contatto con il regista e il produttore.
Fabio ci accompagna con le sue visioni in un viaggio spirituale tra Islanda e California. Parte dalla comunità di Tofrastadir dove chi partecipò alla prima Sweat Lodge, rievoca l’esperienza analizzandone il valore. Il regista raccoglie le testimonianze degli sciamani Hallur Heiðar Hallsson e Linda Mjöll Stefansdóttir, poi quella di “Goddur” Guðmundur Oddur Magnússon artista islandese e professore presso il Dipartimento di Architettura e Design dell’Accademia Islandese delle Arti. Quindi il percorso si sposta in California nella Picayune Rancheria per ascoltare le parole di Somp noh noh che riprende gli aspetti più importanti della sua esperienza in Islanda e del suo operato di sciamano, sottolinea il significato del rituale, dove lo sciamano è un autentico “maestro di cerimonia” tra massi incandescenti, tamburi e canti, e riflette sulla condivisione culturale. Felice che la sua arte abbia portato benefici in un’altra terra.
Un viaggio tra cultura, arte e spiritualità . Per creare l’atmosfera Del Percio ha cercato di rendere più naturale possibile il tutto, seguendo le orme del suo maestro Werner Herzog. Nessuna fotografia patinata, nessun colore saturato, nessuna luce di scena. Il suono registrato solo con microfoni ambientali. Le interviste curiose, ma discrete.
Solo la semplicità e la naturalezza della storia. Il regista ha osservato, infatti, gli intervistati, messi a loro agio, ripresi nei luoghi più familiari (la casa, lo studio), in una ideale cornice che identifica i protagonisti con il proprio ambiente e atmosfera. Del Percio li ascolta, senza comparire. Le sue stesse domande sono tolte dal montaggio, secondo una tecnica molto usata dai documentaristi. Li lascia liberi di parlare. Riaffiorano, così, i ricordi delle persone che avevano condiviso l’esperienza della prima Sweat Lodge in Islanda e che da allora non si erano più visti (neanche in video). Emerge il significato del rituale, anche grazie alla testimonianza dello sciamano Somp noh noh, gentile e ospitale, purtroppo morto in piena pandemia il 29 marzo 2020 quando il montaggio del film stava per essere completato.
Dello sciamano oltre a Soul of the Lands, rimarrà la pratica della Sweat Lodge e quella voglia di condividere la propria arte. Un tema molto sentito dai nativi americani, la cui cultura è stata repressa e massacrata nei secoli, che il film ci restituisce in maniera realista. Una prova? Il film, oltre a partecipare a numerosi festival, tra questi il ReykjavÃk International Film Festival, è stato selezionato per il Red Nation Film Festival, la più importante rassegna cinematografica dei nativi americani.
Tornando al film, Soul of the Lands, sebbene sia stato realizzato in tempi ristretti, è un racconto fluido, coerente e omogeneo con la natura spirituale e poetica della storia. In un mondo sempre più frenetico e cattivo, avremmo bisogno tutte e tutti di sentire l’anima delle terre.
redazionale
Immagini gentilmente concesse dalla Cowberry Films