Un governo non può vivere semplicemente fidando sulla paura dell’avversario, a colpi di voti di fiducia e di DPCM. Gli ultimi tre decreti sono passati a Montecitorio con soglie nettamente inferiori al numero legale.
Il Presidente della Repubblica ha firmato la conversione in legge del decreto semplificazioni con una nota molto dura e dettagliata circa le incongruenze rilevate nel testo, prime fra tutte quelle relative al codice stradale.
Il governo intendeva modificare, con un blitz, le norme relative alle nomine dei Servizi: il Copasir ha stoppato l’operazione convocando il Presidente del Consiglio il 22 settembre.
Presidente del Consiglio che non pago delle esibizioni offerte durante il lockdown intendeva addirittura, in piena campagna elettorale e compiendo quindi una rimarchevole scorrettezza, comparire alla domenica pomeriggio sul programma più seguito di RAI 1 per un “messaggio alla nazione” sulla riapertura delle scuole.
Un governo che vive di una maggioranza risicata nella quale, rispetto al Presidente del Consiglio, si parla di quel “virus” che colpisce chiunque vive a Palazzo Chigi, quel senso di vertigine che porta i Presidenti del Consiglio pro tempore a sentirsi inattaccabili.
Va aperta un’ampia riflessione sulle condizioni complessive della nostra democrazia dopo la fase di emergenza sanitaria che ha fatto venire al pettine tutti i vizi inseriti nella nostra identità costituzionale nel corso di decenni di crescita del personalismo, di crisi della forma partito, di brutale inserimento dei meccanismi dell’antipolitica, di passaggio dalla democrazia dei partiti a quella “del pubblico” fino a quella “recitativa” nella quale sembrano essere maestri gli esponenti del partito di maggioranza relativa.
Abbiamo citato la posizione, molto precisa e importante, del Capo dello Stato (non è la prima volta: pensiamo ai rilievi, poi clamorosamente disattesi, sui “decreti sicurezza”) e la vicenda, anch’essa assolutamente esemplificativa, dello scontro aperto in un campo così delicato come quello delle nomine dei responsabili dei servizi.
Si tratta soltanto di due esempi di uno stato di cose di vera e propria “sofferenza democratica” che si verifica in un quadro generale nel quale la situazione sanitaria e quella economica presenta rischi di vera e propria drammaticità.
Siamo alla vigilia del confronto con l’Europa sui contenuti da proporre rispetto al “Recovery Fund”, passaggio decisivo per poter pensare a una effettiva possibilità di almeno un minimo di fronteggiamento della tragedia in atto sul piano economico – sociale.
Non basta tenere in piedi il governo soltanto per paura di una destra pericolosamente estremista, serve individuare una chiave di volta per modificare la situazione ma manca una sinistra all’altezza progettualmente e organizzativamente.
Rischiamo di pagare un prezzo molto caro agli errori del più recente passato: errori dovuti, prima di tutto, alla subalternità culturale e all’assenza di una visione: mancanza quest’ultima che deriva da un deficit d’identità ormai storico.
FRANCO ASTENGO
13 settembre 2020
Foto di Ulrike Mai da Pixabay