Scusandoci con le lettrici e i lettori di questa rubrica (molto apprezzata, a quanto ci dicono i contatori interni del sito) per la pausa breve cui li costringiamo, avendo preferito questo mercoledì trattare di strette questioni di attualità internazionale (gli accadimenti in Siria e nella regione mediorientale), proponiamo, per non lasciarli del tutto privi dell’abitudine a mettere sugli scaffali al mercoledì un nuovo libro, un testo che tratta, per l’appunto della storia di questa tormentata parte della Mezzaluna fertile.
Si tratta di un agile testo scritto dal docente di Storia dell’Islam all’Università “L’Orientale” di Napoli, Lorenzo Declich e pubblicato dalle Edizioni Alegre: “Siria, la rivoluzione rimossa. Dalla rivolta del 2011 alla guerra“. Mi è capitato di leggerlo, dopo averlo scovato tra altri testi ugualmente importanti. La tipicità di questo studio – cronaca è, per l’appunto, il taglio narrativo che sta a metà tra la meticolosa analisi storico-attualistica e il racconto dei fatti a partire dalla ribellione sociale di tredici anni fa.
In quegli anni, la cosiddetta “primavera araba” aveva rimesso in circolo tutta una serie di sommovimenti che erano stati repressi dalla dittatura di Assad. Declich individua proprio nel regime ex baathista (rimane davvero molto, molto poco dell’origine socialisteggiante del partito del presidente e della sua ascendenza di potere) una chiave di volta tanto in positivo (l’origine della ribellione) quanto in negativo (la conseguente repressione) con tutte le contraddizioni intrinseche ad una terra che, ponente e levante al tempo stesso della vecchia Mezzaluna fertile, è divenuta il teatro orrendo di guerre intestine e crocevia di interessi globali tra i poli imperialisti.
Comprendere l’evoluzione veloce dei fatti che, proprio in questi giorni, si sviluppano con un rinfocolarsi della guerra civile siriana, non è facile per la vastità delle sigle che rappresentano la frammentazione sociale, politica, culturale e civile di una nazione che non riesce a riconoscersi in quanto tale: i curdi del PKK a nord-est; le basi russe nel cuore della zona governativa e quelle americane a sud al confine con la Giordania. Per non parlare del Golan, preda di Israele dal 1967.
La Siria è, quindi, per comprendere le guerre mediorientali un elemento chiave che necessita di una storia del presente che si rifaccia, necessariamente, ad un aggancio novecentesco: fin dai primordi degli accordi postbellici, quando le potenze occidentali si spartirono le ex terre ottomane nel mondo arabo, impedendo che si formasse una “nazionalità” comune tra i diversi popoli (spesso tribali). Il testo di Declich è un ottimo punto di partenza per un dipanamento dei recentissimi sviluppi, arrivando, pagina dopo pagina, alla tragedia degli ultimi anni, delle tortuosità politiche che hanno consentito ad Assad di rimanere al potere, di rivendicare una sorta di indipendenza siriana in un Medio Oriente ri-colonizzato.
Ma è poi davvero così? Questo interrogativo si staglia sul fronte ultimo dell’opzione impossibile da scartare secondo molti analisti occidentali: stare con lo Stato islamico o stare con Assad. Una terza via è sempre stata esclusa, aprioristicamente. Anche perché sul campo, sul terreno aspro dei combattimenti, non esisteva se non nella rivolta curda delle milizie dello YPG e della resistenza di Kobane. Declich rende protagonista di questa stagione di tragedia il convitato di pietra: il fattore religioso che, di per sé, è anche fattore sociale e politico.
In mezzo ai principali altri conflitti della regione, la Siria diventa l’esperimento moderno delle potenze mondiali che si affrontano prima nel teatro tragico della dissipazione dello Stato iracheno e poi nel tentativo di egemonizzare anche quello di Damasco. In apparenza, Assad resiste, ma deve sempre più fare i conti con il carattere multipolare di una globalità degli eventi che travalicano quelli che sembrano essere piccoli affarucci di provincia. Ma l’enormità della tragedia si rivela, proprio nell’esaltazione del carattere teocratico del potere, con la costruzione del califfato nero.
La lettura di questo libro permetterà di iniziare un percorso di approfondimento di questioni nazionali ed internazionali che, al di là delle prevenzioni dettate dalle prime difficoltà, si dipaneranno proprio nella storicizzazione dei fatti, nella loro collocazione ancora più attuale rispetto all’anno di pubblicazione (2017). Alla luce delle nuove guerre emerse, dall’Ucraina a Gaza, la questione siriana riprende oggi vigore proprio perché le spinte egemoniche da nord (Turchia) a sud (Israele) da est (Iran) ad ovest (Stati Uniti d’America) intendono giocare una partita cruciale anche in un settore in cui pareva essersi congelato il più vasto conflitto dell’area dai tempi della guerra Iran-Iraq.
Nell’avvicendarsi degli anni, nel mutare degli eventi, pare rimanere sullo sfondo la “rivoluzione” giovanile, della primavera araba del 2011. Sembra un ricordo ormai lontano, sepolto dalle macerie causate dalle tante guerre che si sono sovrapposte nella storia inquietissima della Siria moderna. A quel tentativo di rivalsa delle classi più povere e disagiate, di un proletariato arabo e mediorientale diviso e squadernato, disperso nelle tante particolarizzazioni militari, religiose, tra fanatismi e promesse di rinascita, è dedicato questo lavoro di Declich.
Un lavoro che merita di essere conosciuto maggiormente.
SIRIA, LA RIVOLUZIONE RIMOSSA
DALLA RIVOLTA DEL 2011 ALLA GUERRA
LORENZO DECLICH
EDIZIONI ALEGRE
€ 15,00
MARCO SFERINI
4 dicembre 2024
foto: particolare della copertina del libro
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