Arriva la serrata. Benzinai e imprenditori della logistica dei petroli uniti nella protesta contro il decreto del governo Meloni. Una delle costituency più sicure della destra si sgretola sotto il peso del mancato taglio delle accise.
I gestori dei distributori hanno deciso di chiudere mercoledì 25 e giovedì 26 gennaio in protesta contro i provvedimenti che impongono di esibire il «prezzo medio» e in qualche modo li accusa di speculare sull’aumento dei prezzi dei carburanti. Faib-Confesercenti, Fegica-Cisl e Figisc-Confcommercio annunciano addirittura di scendere in piazza «per porre fine all’ondata di fango contro una categoria di onesti lavoratori e cercare di ristabilire la verità».
La decisione, presa in modo collegiale dalle associazioni dei gestori, prevede lo stato di agitazione della categoria su tutta la rete, oltre all’avvio di una campagna «di controinformazione sugli impianti» e un «presidio sotto Montecitorio» nelle giornate di sciopero.
Ancora più a sorpresa, passano poche ore e arriva l’appoggi del presidente di Assopetroli-Assoenergia, Andrea Rossetti, la confindustria della logistica dei petrolieri. Rossetti lo fa con una lettera in cui dà sostegno alle organizzazioni sindacali dei gestori «in merito alle ragioni che vi hanno determinato a indire lo stato di agitazione per le giornate del 25 e del 26 gennaio».
«Il disagio che esprimete pubblicamente è condiviso dall’intera nostra categoria», scrive Rossetti indirizzando la lettera ai presidenti di Figisc, Faiub e Fegica. «I fatti degli ultimi giorni, le molte improvvide esternazioni di autorevoli esponenti politici e di governo, a seguito della mancata proroga dello sconto accise, hanno destato in tutti noi viva preoccupazione», aggiunge.
«Un’aggressiva campagna di falsificazione e delegittimazione ha additato il settore distributivo quale responsabile del “caro benzina” – scrive Rossetti – sebbene fosse lampante dall’inizio che l’unico responsabile dell’improvviso aumento dei prezzi fosse il fisco. Ma anziché assumersi la responsabilità di aver azzerato lo sconto accise, scelta legittima e difendibile per ragioni di finanza pubblica, il governo ha inizialmente puntato il dito contro i benzinai e la fantomatica speculazione dei distributori. Si è instaurato un clima deprecabile – prosegue la lettera – col corollario minaccioso di Authority, Procure e Guardia di Finanza sguinzagliate a caccia degli untori. Una brutta pagina di cronaca da cancellare e riscrivere rapidamente».
«Nel condividere con voi i sentimenti di frustrazione, rabbia e amarezza per quanto abbiamo visto accadere, desidero esprimervi la nostra incondizionata solidarietà», prosegue Rossetti auspicando che «la sollecitazione corale che tutte le rappresentanze del settore stanno facendo pervenire al governo inducano l’apertura di un confronto urgente sull’emanando decreto legge. E che ciò – conclude – sia il preludio alla riapertura di un tavolo progettuale, di legislatura, sul futuro del downstream petrolifero che, proprio in questi frangenti, si segnala essenziale e strategico per il paese», conclude Rossetti.
L’annuncio sorprendente costringe il governo alla ritirata. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano annuncia in fretta e furia la convocazione delle sigle a Palazzo Chigi per oggi alle 11,30 coi ministri Giancarlo Giorgetti e Adolfo Urso. Giorgia Meloni dagli schermi del Tg1 prova a redimerli. Senza successo.
I benzinai infatti non fanno distinzioni. «Il governo Draghi aveva istituito un tavolo emergenziale: abbiamo fatto una sola riunione con il ministro Cingolani dopodiché è morta li. Basta una sola chiamata per approcciarci a un discorso concreto di programmazione del futuro?», attacca il presidente di Faib Confesercenti, Giuseppe Sperduto.
Dello stesso avviso e il presidente della Federazione italiana gestori impianti stradali carburanti (Figisc), Bruno Bearzi, che sottolinea: «Sconvocare lo sciopero? Se ci saranno le condizioni più che volentieri. Il problema è che governo e associazioni dei consumatori stanno dando adito alla falsità che saremmo dei ladri».
Resta comunque il fatto che gli ultimi provvedimenti adottati dal governo non convincono gli esercenti: «Se una persona si reca dal suo gestore abituale, che differenza fa che abbia il prezzo medio esposto. Noi abbiamo un prezzo fornito dalla società petrolifera, sul quale abbiamo un margine da 3,5 centesimi – aggiunge Bearzi – . Credo che l’esposizione del prezzo medio non sia neanche in linea con le norme antitrust. Il governo sta continuando a darsi botte sui piedi e per aggiustare un errore ne fa altri più pacchiani».
NINA VALOTI
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