TERZA PARTE
Stalin era alla ricerca costante di supporti storico-culturali funzionali al culto della sua personalità. Anche il cinema doveva adeguarsi esaltando la figura di eroi individuali. Vennero così realizzati Pëtr pervyj (Pietro il Grande, 1937 e 1939) di Vladimir M. Petrov, Šcors (1939) di Dovženko, Minin i Požarskij (Minin e Pogiarski, 1939) e Suvorov (1941) entrambi di Pudovkin, Bogdan Chmel’nickij (1941) di Savčenko, Kutuzov (1943) di Petrov e George Saakadze (1944) di Michail Čiaureli. Lo stesso Aleksandr Nevskij rientrava in questo “nuovo corso” del cinema sovietico. Proprio grazie al successo della pellicola, Ėjzenštejn venne contattato da Andrej Aleksandrovič Ždanov, l’uomo che dettava la linea culturale in URSS e che lo aveva difeso dopo Il prato di Bežin, e da Ivan Grigorievich Bolshakov, Direttore del Consiglio dei commissari del popolo dell’URSS nonché Presidente della commissione per gli affari cinematografici, per la realizzazione di una nuova opera incentrata su una figura storica. La proposta, condivisa da Stalin, fu quella di realizzare una pellicola su Ivan IV, lo “Zar di tutte le Russie”, passato alla storia come Ivan il Terribile. Su questo aggettivo una precisazione è, tuttavia, d’obbligo. Il termine “terribile” ha nella nostra lingua un’accezione negativa, non così in russo. L’originale “Groznyj” porta con se, infatti, un significato positivo ed è più simile al nostro “tonante” ovvero Ivan che proteggeva i deboli e “tuonava” contro i forti.
Ėjzenštejn iniziò a scrivere soggetto e sceneggiatura, ma fu costretto a sospendere presto il lavoro. La Seconda Guerra Mondiale era entrata nel cuore dell’URSS. Dopo la cosiddetta “Operazione Barbarossa”, l’invasione nazista dell’Unione Sovietica iniziata il 22 giugno del 1941, le truppe tedesche erano sempre più vicine alla capitale. Anche il regista si mobilitò partecipando, tra l’altro, al “Comitato antifascista ebraico”. Il 3 luglio divulgò alla radio un messaggio in lingua inglese intitolato “Ai fratelli ebrei di tutto il mondo” in cui esortava all’unità nella lotta contro il Nazismo. Il 25 agosto scrisse per la “Pravda” un analogo appello “Fratelli ebrei di tutto il mondo!”. Ėjzenštejn fece anche parte di un coordinamento per la realizzazione di film di propaganda antinazista e iniziò a lavorare, assieme all’inviato di guerra statunitense Quentin Reynolds, ad un documentario intitolato Moskva soprotivlyayetsya (Mosca resiste). La pellicola, chiamata in fase di lavorazione anche La guerra contro i nazisti o Il vero volto del fascismo, fu interrotta alla fine del 1941 allorché il giornalista americano venne trasferito, insieme ad altri corrispondenti stranieri, da Mosca alla città di Kujbyšev.
L’offensiva nazista portò a enormi perdite e anche il cinema subì pesanti conseguenze. Le riprese di molti altri film, oltre al già citato Mosca resiste, vennero interrotte e tutta la produzione cinematografica e gli archivi (tranne “curiosamente” Il prato di Bežin) furono spostati ad Alma Ata (oggi Almaty) la città più popolosa del Kazakistan (poi sede di importanti accordi e protocolli, non ultimi quelli del 1991 che diedero vita alla Comunità degli Stati Indipendenti, dopo il disfacimento dell’URSS).
Nell’Asia sovietica la produzione fu, come ovvio, limitata. Vennero prevalentemente realizzati cortometraggi, disegni animati, “agitka” (film d’agitazione, intesa come propaganda) e documentari, da segnalare quelli di Dovženko e Bitva za našu Sovetskuju Ukrainu (La battaglia per la nostra Ucraina sovietica o La battaglia per l’Ucraina Sovietica, 1943) diretto dalla moglie Julija Solnceva. Da ricordare anche il più bello e importante film a soggetto dell’epoca: Pir v Žirmunke (Banchetto a Žirmunk, 1941) realizzato da Pudovkin e inserito nella raccolta Boyevoy kinosbornik 6 (Collezione di film per le forze armate 6). Nella pellicola, in parte ispirata da una storia vera, una contadina rimasta sola durante un attacco nazista, prepara ad un gruppo di tedeschi un sontuoso, ma avvelenato banchetto e, per sviare ogni sospetto, la donna mangia e muore insieme ai nemici.
Ėjzenštejn tornò, invece, a riprendere il progetto del film su Ivan il Terribile, solo dopo la Battaglia di Stalingrado, durata dal 17 luglio 1942 al 2 febbraio 1943, che vide i sovietici prevalere sulle forze fasciste e naziste tedesche, italiane (come non ricordare la “gloriosa” Campagna di Russia voluta da Mussolini, che mandò al massacro migliaia di italiani tra morti e dispersi…), rumene ed ungheresi.
La lunga sceneggiatura di Ivan Groznyj, approvata da Stalin in persona, prevedeva la realizzazione di due pellicole. Il cast vantava Nikolaj Čerkasov, quasi irriconoscibile nel ruolo del protagonista, insieme ad altri importanti attori dell’epoca, più volte riconosciuti come “artisti dell’anno”, da Serafima Birman a Pavel Kadochnikov, da Mikhail Zharov a Amvrosy Buchma passando per Lyudmila Tselikovskaya, nel ruolo della zarina. Tra gli attori anche l’eterno “rivale”, teorico e cinematografico, di Ėjzenštejn, Vsevolod Pudovkin, nella parte di un vecchio fanatico di nome Nikolaj. Un lavoro che segnò la “pacificazione” tra due dei massimi registi sovietici di sempre, se non i due più grandi.
La fotografia fu affidata al solito Tissė per gli esterni, mentre gli interni furono curati da Andrei Moskvin (Carskoe Selo, 14 febbraio 1901 – Leningrado, 28 febbraio 1961) noto per il suo lavoro con Grigori Kozintsev e Leonid Trauberg. Le musiche, dopo il successo di Aleksandr Nevskij che aveva portato anche ad una versione cantata della colonna sonora, furono nuovamente composte da Sergej Prokof’ev.
Le riprese iniziarono il 23 aprile del 1943 ad Alma Ata per poi proseguire a Mosca. La lavorazione durò circa un anno, ma mentre Ėjzenštejn stava montando la prima parte del film, lo stesso regista decise di dividere in due la seconda, in modo da comporre una trilogia: la prima parte sull’ascesa al potere di Ivan IV, la seconda sulla lotta contro i nemici interni, la terza sulla vittoria finale. Il vecchio amico Aleksandrov, ormai uomo di regime, lo sconsigliò perché riteneva che nella terza parte si sarebbero mostrati “i panni sporchi di una famiglia”. Anche Tissė abbandonò, nel 1943, la produzione dopo un aspro dissidio col regista. Nonostante gli scontri la prima parte di Ivan Groznyj (Ivan il Terribile) uscì nelle sale il 30 dicembre del 1944 (in Italia, distribuito dalla Orbis, nell’aprile del 1946).
Nel 1547 il granduca di Moscovia Ivan IV (Nikolaj Čerkasov, doppiato da Adolfo Geri) viene incoronato Zar. Colpito dalle condizioni di miseria della sua gente, con l’appoggio del popolo, accentra a se tutti i poteri e abolisce i privilegi delle classi agiate e le autonomie feudali che gli aristocratici Boiardi (Boiari nel primo doppiaggio italiano) vogliono mantenere. Tra questi spicca la figura della boiarina Evfrosinija Starickaja (Serafima Birman), zia dello zar, che vorrebbe sul trono il figlio Vladimir Andreevič (Pavel Kadochnikov), semi pazzo e omosessuale, ma facile da manovrare e che darebbe, quindi, ai Boiardi ogni libertà. Ivan nel frattempo sposa la giovane Cesarina Anastasia (Lyudmila Tselikovskaya, translitterato Zelikovskaja), della quale è innamorato anche il Principe Andrea Kurbsky (Mikhail Nazvanov) che i Boiardi sperano di far diventare un’arma contro il sovrano. Ai nemici interni, si aggiungono quelli esterni: i tartari inviano minacce di guerra. Lo Zar respinge gli ambasciatori, raduna l’esercito, marcia su Kazan, occupata dal nemico e, dopo aver fatto esplodere le mura (“Mine e polvere, fantasia di Zar!”), libera la città. Rientrato a Mosca, Ivan si ammala gravemente, ma quando i Boiardi sono ormai convinti di essersi liberati del sovrano, lo Zar guarisce miracolosamente. La perfida Evfrosinija (talvolta Eufrosinia) non demorde e avvelena la zarina Anastasia che nel frattempo ha dato alla luce un bambino. Rimasto solo, con pochissimi sinceri e fidati amici, Ivan su consiglio del Principe Kurbuski, lascia la capitale e si ritira in un convento, mentre i suoi emissari partono per l’Inghilterra a portarvi proposte di alleanza. Ma da Mosca la popolazione lo acclama muovendosi in una sterminata fila verso il ritiro dello Zar per manifestargli affetto e fiducia. Sovrano e popolo sono ora uniti per affrontare i destini della Russia.
La pellicola fu un successo. Ėjzenštejn, che stava terminando la seconda parte di Ivan il Terribile, si aggiudicò il Premio Stalin nel 1943 e nel 1944. La sera della cerimonia di consegna nel febbraio del 1946, la guerra aveva fatto allungare inevitabilmente i tempi, il regista fu colpito da un infarto, venne ricoverato con urgenza in ospedale e fu costretto ad una lunga degenza. Scrisse: “Sono già morto. I medici affermano che, secondo tutte le regole della scienza, non dovrei essere più vivo […] Me la voglio spassare”. Non se la spassò troppo. Lavrentij Pavlovič Berija, si proprio quel Berija, scoprì, attraverso le sue famigerate e temute intercettazioni, che il regista aveva finito di montare il suo nuovo film. Lo visionò e trovò più di una similitudine tra i massacri dello Zar rievocati nel film e le “purghe staliniane”, con particolare riferimento al cosiddetto “Terrore di Ežov”. Il Comitato Centrale del PCUS iniziò così ad interessarsi a Ivan Groznyj II: Bojarskij zagovor (La congiura dei Boiardi).
Nel 1565 Ivan (Nikolaj Čerkasov, doppiato in questo secondo film da Emilio Cigoli) torna a Mosca, ma viene tradito prima dal principe Kurbski, che aveva tramato con i lituani, poi dal Metropolita di Mosca (Andrei Abrikosov), suo vecchio amico di gioventù ritiratosi dopo l’incoronazione dello Zar e divenuto “Pope”, che gli nega la benedizione. Quest’ultimo diventa complice dei Boiardi nel loro tentativo di screditare ed assassinare Ivan. Lo zar, aiutato dalla sua guardia imperiale (gli Oprichniki), tra i ricordi dell’infanzia e dell’uccisione della madre ad opera dei Boiardi, capisce che la zia Evfrosinija era stata la responsabile della morte della zarina e scopre la congiura ai suoi danni. Così, durante un delirante banchetto, girato in una magnifica sequenza a colori, Ivan mette in scena un fatale “gioco delle parti” che porta il sicario di Evfrosinija ad uccidere il figlio Vladimir, indicato dai Boiardi come successore al trono. Con l’appoggio del popolo Ivan continua così la lotta di contro i nemici.
Le due parti di Ivan il Terribile furono una sublime rievocazione di una vicenda storia, il miglior film storico secondo Chaplin, nonché la sintesi perfetta del cinema di Ėjzenštejn (da molti è, infatti, considerato il suo film migliore) tra centralità del montaggio e l’uso simbolico dello spazio. Da citare gli interni, le linee, le luci e le ombre che derivano da una rilettura dell’arte figurativa bizantina e che rimandano all’Espressionismo tedesco. Allo stesso movimento cinematografico si deve, tra l’altro, la stessa figura di Ivan, ispirato all’interpretazione di Conrad Veidt (indimenticabile “sonnambulo” ne Il gabinetto del dottor Caligari) nel film Das Wachsfigurenkabinett (Il gabinetto delle figure di cera, 1924) diretto da Paul Leni. Ma sono in molti a vedere nell’Ivan di Ėjzenštejn la figura di Mejerchol’d, il padre spirituale del regista.
Ma Ivan il Terribile fu anche, se non soprattutto, una rappresentazione dell’URSS di quegli anni. Da un lato mostrò il patriottismo contro la minaccia nazista, dall’altra, richiamandosi esplicitamente alla figura di Stalin, attaccò il potere e le sue degenerazioni. Nella magnifica scena finale del primo film, viene mostrata la processione del popolo verso l’inaccessibile ritiro di Ivan, un altro chiaro riferimento cinematografico questa volta al film Herr Arnes pengar (Il tesoro di Arne, 1919) di Mauritz Stiller, piccoli punti neri avanzano, con vessilli, insegne, croci, mentre in primo piano si staglia il profilo dello Zar. Eloquente, precisa e grandiosa metafora del potere. Tema che ritornò con maggior vigore ideologico nella seconda parte, in Italia chiamata semplicemente La congiura dei Boiardi, nella famosa sequenza a colori, girata da Moskvin, in cui vengono mostrati gli aspetti oscuri e delittuosi del potere e i dubbi “amletici” di Ivan.
Nell’agosto del 1946, qualche mese dopo l’infarto di Ėjzenštejn, Stalin, dopo aver letto i rapporti di Berija, visionò il film. Si infuriò, anche per la supposta mancanza di “orgoglio russo”, per la lunga barba del protagonista e per i baci di Ivan. La rivista “Sovietskoje Iskusstvo” anticipò il giudizio secondo cui Ivan Groznyj II: Bojarskij zagovor forniva “una prova evidente dei risultati negativi ai quali possono condurre la mancanza di responsabilità, il disprezzo verso lo studio e la narrazione superficiale e arbitraria degli argomenti storici”. Il 4 settembre dello stesso anno arrivò la risoluzione ufficiale del Comitato Centrale: “Il regista S. Ėjzenštejn nella seconda parte del film Ivan il Terribile ha mostrato ignoranza nel rappresentare fatti storici, presentando l’esercito progressista delle guardie dello Zar come una banda di degenerati simile al Ku Klux Klan americano, e Ivan il Terribile non come un uomo dalla forte volontà, ma come un personaggio debole e inerte, simile ad Amleto”. Venne pertanto proibita la distribuzione del film.
Ėjzenštejn fu costretto ad una seconda dolorosa autocritica. Scrisse a Stalin chiedendogli di poter terminare la trilogia, promettendo di correggere la seconda parte. I due si incontrarono alle undici di sera del 25 febbraio del 1947 nel “Piccolo angolo”, lo studio del capo dell’URSS. Da un lato del tavolo il regista accompagnato dall’attore Čerkasov, che come deputato del Soviet Supremo sperava di poter influenzare il giudizio del film, dall’altro Stalin, Molotov e Ždanov. Iniziò il processo.
Stalin: “Voi avete scritto una lettera e la risposta ha un po’ tardato. Subito volevo rispondervi per scritto, poi ho deciso che era meglio parlarci. Ma sono molto occupato, mi manca il tempo e per questo siamo in ritardo. Io ho ricevuto la vostra lettera a novembre…”. Zdanov: “Sì, l’avete ricevuta a Soci”. Stalin: “Avete studiato la storia?” Ėjzenštejn: “Più o meno”. Stalin: “Più o meno? Anch’io conosco un pochino la storia. Voi avete mostrato l’Opritchina in modo scorretto. L’Opritchina è l’armata del re, un esercito regolare, progressista. Nel vostro film, appare invece come una specie di Ku Klux Klan”. Ėjzenštejn: “Quelli sono coperti da cappucci bianchi, mentre nel nostro film i cappucci sono neri”. Zdanov: “Questa differenza non è fondamentale”. Stalin: “Il vostro Zar è indeciso, sembra Amleto. Tutti gli suggeriscono quel che deve fare e lui non prende nessuna decisione. Lo Zar Ivan era un grande sovrano pieno di saggezza, e se lo paragoniamo a Luigi XI lo sorpassa di dieci teste. La saggezza di Ivan consisteva nel fatto che sapeva mantenere un punto di vista nazionale e non lasciava entrare gli stranieri nel suo Paese, proteggendolo contro la penetrazione di influenze estranee. Nella vostra presentazione di Ivan il Terribile sono stati commessi errori e deviazioni, in questo senso. Pietro I è un altro grande sovrano, ma il suo atteggiamento verso gli stranieri è troppo liberale, lui ha aperto troppo la porta e ha permesso la germanizzazione della Russia. Caterina l’ha permesso ancor di più. E dopo, forse che la corte di Alessandro I era una corte russa? E quella di Nicola I? No. Erano corti tedesche. E poi ecco un altro provvedimento notevole di Ivan il Terribile: è stato il primo a introdurre il monopolio del commercio estero. Lui il primo e Lenin il secondo”. Zdanov: “Ivan il Terribile dipinto da Ėjzenštejn è un nevrastenico”. Molotov: “In generale, l accento è messo sulla psicologia, su una presentazione eccessiva delle contraddizioni psicologiche interiori e delle emozioni personali”. Stalin: “Bisogna mostrare le figure storiche correttamente per quanto riguarda lo stile. Così per esempio nel primo episodio non è corretto che Ivan il Terribile si stringa così a lungo con sua moglie. A quell’epoca, non si faceva”. Zdanov: “Questo film presenta una deviazione bizantina. Ma anche là, a Bisanzio, questa pratica non era così corrente”. Molotov: “Il secondo episodio è troppo chiuso nelle cantine, nei sotterranei. Non si sente alcun rumore di Mosca, e il popolo non si vede. Si possono certo mostrare complotti e repressioni, ma non solo quelle”. Stalin: “Ivan il Terribile era estremamente crudele. Si può far vedere che era crudele. Ma bisogna far vedere perché doveva essere crudele. Uno degli errori di Ivan il Terribile sta nel fatto che non ha sterminato fino alla fine cinque grandi famiglie feudali. Se lo avesse fatto, non ci sarebbe stata l’Epoca dei Torbidi. Ma lui ammazzava qualcuno e poi pregava e si pentiva a lungo. Dio era per lui un impaccio in quest’opera. Bisognava essere ancor più risoluti”. Čerkasov: “Posso fumare?” Stalin: Mi sembra che nessuno abbia proibito di fumare. Ma forse bisogna votare?” Molotov: “Gli avvenimenti storici devono essere mostrati sotto una luce corretta. Per esempio, prendiamo il caso della pièce I Prodi: l’autore si burla del battesimo della Russia, che invece era stato un fenomeno progressista per quell’epoca”. Stalin: “Naturalmente noi non siamo dei gran buoni cristiani. Ma non bisogna rinnegare il ruolo progressista del cristianesimo in una certa fase. Questo avvenimento ebbe una grande portata, perché fu la svolta dello Stato russo verso un’unione con l’Occidente […]”. Zdanov: “Comunque nel vostro film si abusa troppo di riti religiosi”. Molotov: “Questo dà una tinta mistica che non bisogna sottolineare troppo”. Čerkasov: “Noi siamo convinti che faremo un buon film. Io lavoro al personaggio di Ivan il Terribile non soltanto al cinema, ma anche al teatro da molto tempo. Amo questo personaggio e penso che il nostro rifacimento della sceneggiatura può rivelarsi corretto e veritiero”. Stalin: “Bene, proviamo”. Čerkasov: “Io sono convinto che il rifacimento riuscirà”. Stalin: “Dio faccia sì che ogni giorno sia un anno nuovo…”. Ėjzenštejn: “Ci saranno delle istruzioni particolari riguardo al film?” Stalin: “Io non vi do istruzioni, io espongo le osservazioni dello spettatore. Ad esempio quegli Oprichniki che ballano sembrano dei cannibali e ricordano i fenici o i babilonesi… Bene, la questione è chiarita. Bisogna dare ai compagni Čerkasov e Ėjzenštejn la possibilità di perfezionare l’idea e il film. Quanto all’interpretazione di Ivan il Terribile, il suo aspetto fisico è corretto, non c’è niente da cambiare. L’aspetto esteriore di Ivan è buono. Čerkasov: “Si può lasciare nel film la scena dell’assassinio?” Stalin: “La si può lasciare: ci sono pur stati degli assassinii”. Čerkasov: “Nella nostra sceneggiatura c è una scena in cui Maluta Skuratov strangola il metropolita Filippo: bisogna conservare questa scena?” Stalin: “Bisogna conservarla. Ciò sarà storicamente corretto”. Molotov: “In generale si possono e si devono mostrare le repressioni, ma bisogna anche mostrare a nome di chi sono state fatte, perché erano necessarie. Per questo bisogna far vedere l’attività di Stato, senza limitarsi a scene nelle cantine, ma mostrando la saggia condotta degli affari di Stato […]”. Cerkassov: “Bisognerà presentare la bozza della nuova sceneggiatura per l’approvazione al Politbjuro? Stalin: “È inutile, sbrogliatevela voi. In genere, è difficile giudicare da una sceneggiatura, è più facile esprimersi su un’opera finita. Voi desiderate leggere questa sceneggiatura?”. Molotov: “No, veramente io faccio un altro mestiere”. Ėjzenštejn: “Sarebbe bene che nessuno spingesse per accelerare la messa in scena del film”. Stalin: “Non fatevi fretta in nessun caso. Noi in genere proibiamo l’uscita di film fatti di corsa. Se occorre un anno e mezzo per la realizzazione del film, o due anni, o anche tre, bisogna impiegare il tempo necessario perché venga bene e sia scultoreo. Ancora una cosa. La Tselikovskaya va meglio per altri ruoli. Lei recita bene, ma è una ballerina”. Ėjzenštejn: “Ma è impossibile convocare un’altra attrice da Mosca ad Alma Ata”. Stalin: “Un regista deve essere inflessibile ed esigere tutto ciò di cui ha bisogno. I nostri cineasti cedono troppo facilmente”. Ėjzenštejn: “Ho dovuto faticare due anni per trovare un’interprete per il ruolo di Anastasia”. Stalin: “L’attore Zharov non ha interpretato correttamente il suo ruolo nell’Ivan. Non è un capo militare serio”. Zdanov: “Non è Maluta Skuratov, ma un pagliaccio”. E voi, Ėjzenštejn, vi appassionate troppo per delle ombre, distraete il pubblico dall’azione del film con la barba dello Zar. Ivan il Terribile solleva troppe volte la testa perché si veda meglio la sua barba. Ėjzenštejn: “Accorcerò la barba allo Zar”. Stalin: “Che Dio vi aiuti”. Insomma, non proprio consigli da spettatore.
Il regista continuò a leggere, a scrivere e a progettare la terza e ultima parte di Ivan Groznyj, previsto interamente a colori, che avrebbe narrato la guerra ai confini, il consolidamento dello Stato e la vittoria finale di Ivan, diventato il Terribile. Vennero girate anche alcune sequenze. Ma nella notte tra il 10 e l’11 febbraio del 1948, Sergej Michajlovič Ėjzenštejn morì a seguito di un secondo, violento attacco cardiaco a cui contribuì probabilmente anche lo stress cui era stato sottoposto dopo le critiche alla seconda parte del film e lo scontro con Stalin.
Aleksandrov, Strauch e Tissė, collaboratori e compagni di sempre, accorsero subito, ma non poterono far altro che ricomporre la salma e coprirla con un arazzo messicano, ricordo del celebre viaggio, raffigurante il Dio della morte azteco. Dopo i solenni funerali a carico della Stato, il corpo di Ėjzenštejn venne cremato il 13 febbraio 1948. Il suo ultimo film Ivan Groznyj II: Bojarskij zagovor (La congiura dei Boiardi) vide la luce solo nell’agosto del 1958, dopo la morte di Stalin e Prokof’ev, avvenuta per entrambi il 5 marzo 1953, e soprattutto dopo il famoso XX Congresso del PCUS in cui Nikita Chruščëv (Krusciov) criticò il culto della personalità di Stalin.
Ėjzenštejn fu uno degli esponenti più geniali e creativi dell’intera storia del cinema nonché un grande teorico. Fu inoltre, tra i registi solo Chaplin come lui, una figura dominante della cultura del XX secolo. Visse appassionatamente la Rivoluzione d’Ottobre, la stagione culturale delle avanguardie che ne seguì e patì le regressioni dell’URSS stalinista. Ma pur non essendosi mai iscritto al PCUS, rimase fedele all’ideologia comunista fino alla sua prematura morte. Fu un comunista libertario, eterodosso, forse omosessuale. Libero. E per questo osteggiato tutt’ora in Russia, basti pensare che Putin chiuse e continua ad ostacolare la casa museo del regista a Mosca.
Nelle sue “Memorie”, scritte prevalentemente durante la lunga convalescenza che fece seguito al primo infarto, affermò: “Biologicamente siamo mortali. Ma immortali diventiamo per i nostri atti sociali, per il piccolo contributo individuale che rechiamo al progresso della società nell’ideale staffetta della storia”.
Il contributo di Ėjzenštejn fu enorme, così come il patrimonio inestimabile, tra film e scritti teorici, pubblicati per la prima volta in sei volumi tra il 1963 e il 1977, che continua ad essere oggetto di studio e di citazioni. Ispirò il cinema, tra gli altri, di Andrej Tarkovskij, Stanley Kubrick, Aleksadr Sokurov, Woody Allen, Ettore Scola, Bernardo Bertolucci, Steven Spielberg (come non ricordare che la bambina di Schindler’s List, ha il cappotto dello stesso rosso della bandiera de La corazzata Potëmkin) e l’artista Zbigniew Rybczyński che, nel sul lavoro Steps (1987), fa entrare nella celebre sequenza della scalinata di Odessa dei turisti americani, generando effetti stranianti.
Ma Ėjzenštejn ha ispirato anche la pubblicità, alcuni disegni di Guido Crepax e la celebre “Prospettiva Nevskij” di Franco Battiato. Un maestro comunista talmente grande da essere omaggiato dalla capitalista Google che, in occasione del centoventesimo anniversario dalla sua nascita, gli ha dedicato uno dei celebri Doodle.
Ėjzenštejn, come molti grandi (basti pensare al Napoleone mancato sia da Chaplin sia da Kubrick), ci ha lasciato l’amaro in bocca per capolavori mai realizzati, basti pensare all’Ulisse di Joyce o al Capitale di Marx, per pellicole non terminate, ¡Que viva México!, o andate perdute, ll prato di Bežin, ma sopratutto ci ha lasciato immagini indimenticabili, su tutte la pluricitata scena della scalinata de La corazzata Potëmkin, che sta al cinema come il sorriso della Gioconda di Leonardo da Vinci sta alla pittura o il monologo di Amleto “Be or not to be” (“Essere o non essere”) di William Shakespeare sta al teatro. Opera immortale di un cineasta immortale.
redazionale
Bibliografia
“Il cinema russo e sovietico” di Giovanni Buttafava – Biblioteca di B&N
“Storie dell’altro cinema” di Ugo Casiraghi – Lindau
“Sergej M. Ėjzenštejn” di Aldo Grasso – Castoro
“Memorie” di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn – SE
“Sergej M. Ėjzenštejn. La corazzata Potëmkin” di Maurizio Del Ministro – Lindau
“Gli uomini di Stalin” di Simon Sebag Montefiore – Rizzoli
“Dizionario del comunismo del XX secolo” a cura di Silvio Pons e Robert Service – Einaudi
“Guida al film” a cura di Guido Aristarco – Frabbri Editori
“Storia del cinema” di Gianni Rondolino – UTET
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2019” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi
Immagini tratte da: immagine in evidenza Screenshot dei film Ivan il Terribile e La congiura dei Boiardi, foto 1, 5, 10, 13 da it.wikipedia.com, foto 2, 3, 4, 6, 7, 8, 11 Screenshot del film riportato in didascalia, foto 9 composizione tra Screenshot del film La congiura dei Boiardi e immagine da it.wikipedia.com, foto 12 da doodle.com