Se tutto va male, distraiamoci accusando la Germania (e i migranti)

In tempi di nuova recessione economica, cercare il capro espiatorio è quasi ovvio, una sorta di istinto primordiale che si riprende quel poco di terzietà istituzionale che un politico...
Andrea Crippa, vicesegretario della Lega

In tempi di nuova recessione economica, cercare il capro espiatorio è quasi ovvio, una sorta di istinto primordiale che si riprende quel poco di terzietà istituzionale che un politico dovrebbe, in un certo qual modo, incarnare nel momento in cui, oltre a rappresentare legittimamente la sua parte politica, ha il compito anche di fare gli interessi (almeno così dovrebbe essere sulla Carta, propriamente costituzionale) dell’intero popolo italiano.

Succede che, siccome la coperta è corta, i soldi mancano e il governo non vuole trovare le disponibilità finanziarie per dare attuazione ad una manovra di bilancio che salvaguardi la povera gente, mettendo mano nelle tasche dei ricchi e dei grandi speculatori, per dimostare che la colpa sta altrove si tenti più di una operazione di distrazione di massa con frasi iperboliche che sono il massimo della smargiassata nel migliore dei casi, l’iperuranico arrivo nel mondo del vuoto cosmico di cervelli all’ammasso nel peggiore dei casi.

Capita così, in tempi di crisi economica, di guerra, di migrazioni quotidiane che non si fermano e che le destre non possono fermare con i loro metodi sbrigativi e gli slogan da campagna elettorale di un anno fa (e di un passato che mai veramente passa…), qualcuno si lasci scappare frasi che possono dare seguito a veri e propri incidenti diplomatici con altri paesi dell’Unione Europea. In questo caso, la protagonista dell’attacco è la Germania.

Secondo il vicesegretario della Lega Crippa, testuale, «ottant’anni fa il governo tedesco decise di invadere gli stati con l’esercito ma gli andò male, ora finanziano l’invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai social-democratici». Il riferimento è alla decisione del governo del cancelliere Scholz di sostenere l’opera delle Organizzazioni non governative nel Mediterraneo. Per l’esponente del Carroccio si tratta, evidentemente, di una dichiarazione di guerra al nostro Paese, mentre in realtà, non è nulla di nuovo.

Berlino ha in passato, a differenza di altri Stati della UE, aiutato le ONG che hanno pattugliato le acque internazionali per cercare di salvare più migranti possibile dall’orribile fine dell’annegamento. Non c’è dubbio che le contraddizioni esistano e che insistano anche parecchio nella diversificazione degli interessi tra paese e paese, e che tutto ciò riguardi anche fattori legati alla ricerca di una stabilità economica altrimenti difficilmente raggiungibile con la sola mano d’opera autoctona.

Ma non c’è altrettanto dubbio sul fatto che le politiche tedesche e dei paesi del nord Europa si siano, almeno fino a qualche tempo fa, differenziate non poco dal piglio esclusivista, xenofobo e reazionario delle destre visegradiane o di quelle italiane giunte a Palazzo Chigi poco meno di quattrocento giorni or sono.

Affermare che il governo tedesco finanzia una invasione di clandescitini per destabilizzare il piano inclinato del sovranismo italiano e continentale, a tutto vantaggio della socialdemocrazia germanica, è di per sé una enorme baggianata, semplicistica al punto da rasentare la ridicolaggine più insulsa. Ma, se di per sé la teoria di politica migratoria assegnata da Crippa alla Germania non regge nemmeno per un istante, men che meno può reggere il paragone storico. Anzi, antistorico.

Qui non ci troviamo sul terreno dell’imprecisione, della lacuna scolastica che farebbe registrare un bel quattro su un compito in classe o una interrogazione in cui si sentisse dire che la Germania un tempo invadeva gli altri Stati con la Wermacht mentre ora utilizza i migranti africani e mediorientali; qui siamo in presenza di una strumentalizzazione della Storia che, se valutata col metro del revisionismo, va ben oltre lo stesso e apre le porte ad uno sdoganamento delle affermazioni più disparate e incontrollate.

Se è consentito stabilire delle similitudini di questo genere, è evidente che nel dibattito sociale, civile, culturale e politico dell’Italia del governo Meloni, si possono fare mille altre asserzioni prive di qualunque fondamento e che, nemmeno per idea, rispondono alla pur biasimevole ma comprensibile esigenza della mera propaganda elettorale che altera contenuti, fatti e vicende accertate dal metodo di indagine e di descrizione meticolosa degli avvenimenti del passato.

Rileggendo la frase del vicesegretario della Lega, ci si può anche domandare fino a che punto contenga un elemento provocatorio, dove questo abbia termine e dove inizi invece un benché minimo ragionamento politico-sociale. Sembra di poterne scorgere traccia, del secondo, è evidente. Perché la provocazione invece è iperbolica, esageratamente altisonante tanto quanto degradante per un politico che dovrebbe porre attenzione ai paragoni tra azioni di governo e tra diverse epoche della Storia del Vecchio continente.

E’ sufficiente aprire Facebook per rendersi conto di quanto le benevole e malevole chiacchiere da bar di un tempo si siano trasformate in una canea ossessiva e ossessionante di prevenzioni concettuali, di pregiudizi arbitrari, di presunzioni di ogni tipo e, quindi, di una altezzosa mediocrità dei ragionamenti (ammesso che così si possano ancora definire…) che sfocia nel becero disprezzo di chi si ritiene inferiore perché “diverso“. Per cultura, per religione, per colore della pelle e, quindi, per motivi svariati, confusi, diversi e inconciliabili fra loro, diventa una minaccia.

Stiamo tornando ad un tradizionalismo che prova ad emergere sui valori repubblicani di uguaglianza, libertà e fratellanza. Stiamo ripiombando in una stagione di accettazione, almeno da parte di una metà della popolazione italiana, del dogma dell’italianità come predestinazione ancestrale, come fondo culturale di un neonazionalismo che non sa da quale parte andare a parare, che non ha nemmeno le idee chiare su quale sia effettivamente il suo principale nemico.

Se scrivi su Facebook del film di Garrone sui migranti, in poco tempo arrivano tutti gli odiatori del caso a replicarti e a replicarsi nei commenti con frasi che meriterebbero delle denunce per istigazione all’odio razziale. Se parli per strada con un po’ di persone mentre distribuisci volantini sul salario minimo a 10 euro l’ora, troverai molti che faranno spallucce e altri che condivideranno.

Fra quelli che ti manderanno a quel paese ci sono tanti anziani, delusi tanto quanto i giovani: li si può sentire affermare che ormai, vista l’età, a loro non importa più di lottare per salari giusti.

La solidarietà tra le generazioni, dunque, finisce qui? Oppure era già stata dichiarata morta e sepolta dalle politiche che, da tanti anni, hanno contrapposto giovani e meno giovani sui posti di lavoro, nella grande palude della precarietà, nella disperazione crescente di chi ha quaranta, cinquant’anni e non ha alcuna possibilità concreta di trovare una occupazione e di avere una pensione?

Ecco dove si inserisce tutto il vuoto delle frasi di Crippa: in una desertificazion dei diritti del mondo del lavoro, in una irriconoscibile Italia che è passata dall’essere un fiore all’occhielo tra i paesi che avevano costruito un buon livello di stato-sociale nell’Europa che ancora non aveva assunto i tratti del conglomerato liberista che è oggi, all’essere una dependance del peggiore risvolto neocolonialista di una potenza americana che deve scontrarsi con un riemergere del multipolarismo.

La guerra, l’economia di guerra, la povertà che dilaga, la frustrazione popolare e il disagio sociale che ne è conseguenza fanno dire a tante persone, a tanti moderni poveri, ad un neo-proletariato che immiserisce sempre di più dentro questa cornice di devastazione antisociale, che la ricetta delle destre è migliore perché identitarizza i problemi e prova ad escludere soluzioni condivise, a far primeggiare l’italianità come unico elemento rimasto sulla barricata difensiva da ogni invasione immaginabile: dei migranti, delle altre culture, delle altre economie.

Serve un nemico, anzi ne serve più di uno per poter mostrare alla vasta platea che ha finito con il disaffezionarsi alla politica e ai problemi quotidiani che propone, che qualcuno con cui prendersela in fondo c’è. E non deve essere il governo. Le frasi di Crippa hanno un duplice effetto: sparigliano le carte, fecendo saltare il banco e, nello stesso tempo, le rimescolano confusamente per impedire che la partita da giocare sia regolare.

Il governo così ha la sua distrazione di massa quotidiana e può pensare di far passare la manvora di bilancio che cade sotto la mannaia di oltre due miliardi di tagli a servizi e bene, ovviamente, essenziali per le fasce più disagiate e deboli del Paese. La crescita economica rallenta, il PIL, nonostante le previsioni più ottimiste di Roma rispetto a quelle di Bruxelles, è in discesa e l’aggiornamento del documento economico-finanziario approvato dal Consiglio dei Ministri lascia spazio a pochi dubbi: se non austerità si tratta, poco ci manca.

E mentre tutto questo dissesto antisociale scorre paludato sotto il pesante pastrano delle polemiche sulle migrazioni, mentre il dibattito insiste sull’invasione che non esiste, sul buonismo della sinistra a fronte del cattivismo della destra (che è, questo sì, riscontrabile nelle malversazioni concettuali di un vasto elettorato abituato ormai a sentirsi assolto da ogni colpa per il semplice fatto di essere italiano, bianco, cattolico e occidentale). cresce l’indebitamento pubblico dal 3,6% al 4,2% del Prodotto Iterno Lordo programmato.

I conti, insomma, peggiorano e il governo, visto che non vuole prendere i soldi dai ricchissimi e dai grandi capitalisti e finanzieri, cerca di tagliare laddove invece vi sarebbe bisogno di aumentare la spesa sociale e pubblica. E questo sarebbe il governo che fa gli interessi del popolo, delle classi sociali più disagiate, del mondo del lavoro e di chi si suda i magrissimi salari al palo da troppo tempo rispetto a quelli degli altri paesi europei?

Le frasi come quelle di Crippa servono appunto a provare a farci parlare di altro. Invece noi dobbiamo stigmatizzarle e inquadrarle entro questo contesto di disastro complessivo che va dal rifinanziamento delle missioni militari, all’aumento della spesa bellica per volere della NATO, al taglio di importanti capitoli di spesa che andrà ad avere pesanti conseguenze in ogni territorio locale in materia di salute e sanità pubblica, di servizi sociali, di cura del territorio e delle infrastrutture.

La galoppata dell’inflazione, oltre tutto, è inarrestabile e le previsioni della BCE (che non è certamente un agente del bolscevismo di moderna generazione) rimandano alla fine del 2025 una probabile frenata dell’aumento vertiginoso del costo della vita. Una bomba sociale che è difficile disinnescare, ma che il mancato intervento del governo peggiore della storia repubblicana nelle tasche degli evasori fiscali, dei grandi capitali e degli extra-profitti, non fa che aumentare in quanto a potenza esplosiva e a conseguente danno.

Ma noi continuiamo pure a litigare sulla “propaganda comunista” e “buonista” del film di Garrone, oppure sui telefonini, le collanine e le scarpe dei migranti (perché poi dovrebbero essere scalzi, per non essere biasimati di ostentazione di un certo benessere, quando arrivano in Italia… solo Salvini lo sa…). E’ certamente più consolatorio per chi ha votato Fratelli d’Italia, Lega o Forza Italia e oggi vede irrealizzate tutte le promesse del settembre 2022. Non avrebbe dovuto essere una novità… Ma tant’è…

MARCO SFERINI

28 settembre 2023

foto:screenshot ed elaborazione propria


Dall’intervista di “Affari italiani al vicesegretario della Lega Andrea Crippa:

«Stanno cercando di destabilizzare il governo attraverso il finanziamento delle Ong per riempirci di clandestini e far scendere il consenso del centrodestra in Italia. Io sono stato in Moldova qualche mese fa e ho scoperto che il reddito pro capite della Moldova è inferiore a quello di gran parte dei Paesi del Nord Africa.

Perché la Germania o nessuno a sinistra fa qualcosa per favorire l’immigrazione moldava? Evidentemente perché il moldavo, in quanto europeo, è affine alla nostra cultura e quindi non è congeniale al tentativo di mescolare il più possibile per diluire la nostra identità».

«L’immigrato africano è più funzionale al disegno e in più crea una competizione al ribasso nel mondo del lavoro che favorisce la disoccupazione dei giovani italiani creando tensione sociale».

«Ottant’anni fa il governo tedesco decise di invadere gli Stati con l’esercito ma gli andò male, ora finanziano l’invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai social-democratici. Sicuramente in Germania non vogliono né Salvini né Meloni al governo e vorrebbero o un governo tecnico, Monti o Draghi o chicchessia, o di sinistra, Schlein o altri.

Da come si sta comportando il governo tedesco è del tutto evidente che non vuole che in Italia governi il centrodestra, che mette in discussione assetti ed equilibri europei. A Berlino fanno di tutto per mettere in difficoltà il governo italiano nella speranza di farlo cadere. Ma falliranno come fallirono ottant’anni fa».

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