È passato quasi un anno dall’insediamento di Giuseppe Valditara, in quota Lega, al ministero dell’Istruzione e del rivendicato “Merito”. Il nome nuovo non ha nascosto parole d’ordine vecchie, nel solco delle riforme della scuola precedenti (targate Moratti e Renzi): aziendalizzazione e digitalizzazione dell’insegnamento alle quali ha aggiunto “ordine e disciplina”, termini cari al partito della presidente del Consiglio.

In più ha determinato un cospicuo finanziamento per le scuole paritarie, a fronte della contrazione della spesa per la scuola pubblica e statale. Al netto delle scelte di carattere ideologico, però, ci sono le questioni storiche su cui il ministro non è riuscito a incidere, nonostante i proclami. Nel corso della settimana, in tutte le regioni, cominceranno le scuole per 7,9 milioni di studenti e studentesse (90 mila in meno rispetto al 2012, causa calo demografico). Al suono della campanella, vediamo qual è il quadro generale.

Voto in condotta: contrariamente a quanto annunciato dal Ministro ad ogni fatto di cronaca che coinvolge minori, quest’anno la scuola partirà con le vecchie norme in materia di condotta.

Il Ddl che avrebbe dovuto cambiare radicalmente il regime delle sospensioni e avviare i lavori socialmente utili per gli studenti non è ancora pronto. Tuttavia rimangono i punti fermi indicati da Valditara al fine di creare una scuola che dia «valore educativo dell’umiliazione», come da sua nota dichiarazione. Poi corretta di recente nel tentativo di darsi una nuova immagine (ora Valditara parla di «educazione alle relazioni»). I contenuti sembrano per ora gli stessi.

Il voto di condotta tornerà a fare media in pagella, già dalle scuole medie e sarà riferito a tutto l’anno scolastico e valutato ai fini della Maturità. Previste poi sospensioni dai due ai 6 giorni con attività extrascolastiche e “sociali”. «Una scuola incentrata sul merito discriminatorio, sulla repressione e sull’aziendalizzazione – ha commentato Bianca Chiesa, coordinatrice dell’Unione degli Studenti – è questa l’istruzione che Valditara immagina e che emerge da tutte le proposte del governo».

Scuole paritarie: il governo Meloni, nel silenzio, ha compiuto un ulteriore passo verso la parità educativa tra scuole statali e scuole paritarie. A partire già dallo scorso dicembre e attraverso più provvedimenti, il ministro dell’Istruzione ha stanziato risorse per le paritarie con un finanziamento medio di 55mila euro a scuola, superando la somma di 550 milioni di euro stanziata dal governo Draghi. Nel 2012 il contributo era di 286 milioni. «Noi riteniamo che non esistano scuole di serie A e di serie B nel sistema pubblico di istruzione che è unitario», aveva dichiarato Valditara qualche mese fa.

Di conseguenza, recentemente ha anche previsto che gli insegnanti delle scuole paritarie, con requisiti specifici, potranno essere equiparati a quelli delle statali per l’abilitazione. Circa 15 mila insegnanti, quindi, potranno conseguire i 30 crediti formativi universitari (Cfu o Cfa) necessari a diventare di ruolo.

Questo nonostante l’emorragia di iscrizioni alle private che, dal 2000 (anno di approvazione della legge 62 sulla parità scolastica) ad oggi, ha portato a un calo del 38,11% degli studenti. E, come scrive la Flc – Cgil, nonostante una «evidente discesa delle risorse dedicate alla scuola, mentre ancora non si vedono gli effetti dei finanziamenti del Pnrr e non è stata avviata la programmazione dei fondi strutturali e europei».

Presidi e precari cattedre vacanti anche quest’anno. Se il Mim stima in 130 mila il numero di supplenze necessarie a coprirle tutte, per i sindacati sono oltre 200 mila i precari che serviranno per avviare le classi. Anche quest’anno il sistema di reclutamento attraverso algoritmo è in affanno e si rilevano gli stessi problemi degli scorsi anni: graduatorie bloccate, precari scavalcati, ritardi nelle assegnazioni.

Al Nord Italia invece non si riescono a coprire i posti a causa del caro alloggi che rende impossibile ai docenti cambiare regione. «Ci ritroviamo ancora una volta con classi senza docenti, un danno per il personale ma soprattutto per la continuità didattica – dice Giuseppe D’Aprile, segretario Uil Scuola – male anche la situazione del personale Ata, il cui precariato ammonta a oltre 50 mila unità».

Anche il sindacato Dirigenti Scuola denuncia: «Un gravissimo vulnus: più di 2mila istituti hanno metà dirigente». Questo comporta ritardi sulla procedura dell’inserimento dei progetti legati al Pnrr che vanno presentati dai presidi entro fine mese. «I dirigenti scolastici si aspettano che su tutto il territorio nazionale sia assegnato un dirigente per ogni istituzione scolastica autonoma e che il fenomeno delle reggenze sia lontano».

Mancano anche i Dsga (direttori dei servizi generali e amministrativi): più di 2500 posti scoperti, secondo i dati forniti da l’Associazione nazionale quadri delle amministrazioni pubbliche.

LUCIANA CIMINO

da il manifesto.it

Foto di Yan Krukau