Fabbrica della precarietà, un sistema di reclutamento a pezzi, diritto allo studio in ginocchio. La scuola italiana continua a reggersi sui precari. Non è un’eccezione, è la regola. E, cosa peggiore, è accettata da tutti, tranne da chi resta vittima – spesso per anni – di un percorso che sembra «naturale». Le stabilizzazioni non risolvono i problemi. Il precariato rinasce sempre più ampio.

In sette anni i docenti precari sono aumentati del 72%, dai 132 mila supplenti dell’anno del 2017/2018 a 232 mila dello scorso anno, mentre per il prossimo anno scolastico si toccherà quota 250 mila. Saranno assunti fino al 30 giugno 2025. Poi si ricomincia.

Precari sono almeno un terzo dei docenti totali. Tra il 5 e il 16 settembre, la scuola avrà 234.576 insegnanti precari su un totale di 943.680 mila docenti in servizio. Questa è la regola rispettata anche quest’anno dal governo Meloni che ha aggiunto il «merito» al nome del ministero dell’Istruzione.

Bisogna «meritarsi» un’assunzione stabile in condizioni infernali. Risultato: turn-over accentuato degli insegnanti, continuità didattica evanescente, la vita degli studenti e dei docenti è un risiko composto da ore e da cattedre che vanno e vengono, come una corsa del criceto.

La situazione è complicata anche per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle aule e nelle segreterie scolastiche: sono state previste solo 10 mila assunzioni in ruolo (pari ai pensionamenti 2024) a fronte di oltre 30mila posti vacanti.

«Avremo un nuovo record di supplenti – sostiene Gianna Fracassi, segretaria della Flc Cgil – con l’assurda situazione che il ministero ha accantonato 20 mila posti per il concorso di ottobre, ma ancora non si è concluso il concorso 2023 e ci sono idonei nel concorso 2020».

«È paradossale come aumentino i canali di assunzione e diminuiscano i posti, che vengono accantonati per una futura procedura concorsuale non ancora avviata – sostiene Giuseppe D’Aprile, segretario della Uil scuola – Su 63.685 posti vacanti, ne saranno autorizzati solamente 45.124, il 70% del totale. Al prossimo concorso Pnrr ne saranno destinati 18.561. Il non aver autorizzato tutti i posti disponibili, in attesa di una futura procedura concorsuale, in ragione del Pnrr determinerà, in molte regioni, la mancata assunzione in ruolo dei docenti inseriti nelle graduatorie dei concorsi ordinari».

Questa impostazione del governo ha impedito ai «triennalisti» di fare corsi abilitanti e quindi partecipare ai concorsi, e migliaia di famiglie che ancora una volta vedranno negata la continuità didattica. Per non parlare delle cattedre di sostegno che andranno deserte a danno di alunni e alunne che hanno bisogno. Gli Uffici scolastici regionali resteranno impelagati In un’emergenza senza fine.

Vediamo la situazione in alcune regioni. In Emilia Romagna, l’emergenza si ripete e si aggrava. Secondo la Flc Cgil regionale per i docenti sono solo 3.286 i posti autorizzati nelle varie discipline disponibili, anche se la richiesta è di gran lunga superiori.

Il problema è il risultato di una concausa di fattori: i tempi ristretti nella scelta delle province, la stratificazione delle nomine sulle diverse tipologie concorsuali, l’esclusione di coloro che hanno vinto un concorso nel 2020. Le aule resteranno nel caos fino a gennaio prossimo e genereranno vorticosi cambi di personale.

Come in tutte le regioni anche nel Lazio entro il 23 agosto dovranno terminare le procedure della cosiddetta «mini-call» riservata ai ruoli, alla scelta della graduatoria e della provincia. Questi docenti avranno 48 ore per fare armi e bagagli e decidere dove spostare la loro vita. Invece di godersi un meritato riposo. Anche qui l’ufficio scolastico regionale è in affanno.

La situazione rischia di diventare caotica fine mese, quando l’algoritmo dovrebbe assegnare le supplenze. Il numero degli aspiranti iscritti nelle graduatorie provinciali di supplenza è aumentato significativamente. Non sono esclusi ricorsi.

ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto.it

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