Tempo fa, Silvio Berlusconi, in un accesso di ira di quelli che, per un istante, mostrando ciò che davvero pensa e sente una persona, si scagliò con una violenza linguistica, forse per la prima volta in vita sua non mediata da strategie di mercato, contro le sinistre, non ricordo più per quale motivo, dicendo: “Sarete sempre dei poveri comunisti”. La frase mi ha colpito molto poiché in essa è contenuto sostanzialmente il miglior riassunto dell’odio padronale che può farsi talvolta anche fascismo, oltre che l’implicita condanna senza appello di quella che viene vista come una tara atavica ed insuperabile. Il verbo stesso “sarete”, coniugato al futuro, suona come un misto di profezia e minaccia volto ad inchiodare colui al quale si rivolge in una eterna ed endemica condizione di subalternità evidenziata dall’attributo che precede il sostantivo: “poveri”, dove il tasso di violenza verbale tocca il suo apice.
In questo caso, la povertà viene vista dall’autore della frase non solo e non tanto come categoria economica bensì come categoria morale,facendo trasparire una visione del mondo per la quale la povertà diviene sinonimo di cattiveria, di negatività, di marginalità, lungo un solco di forse inconscio classismo risalente almeno alla teoria ottocentesca delle “classi pericolose” di vittoriana memoria.
Non solo “sarete sempre dei poveri”, dunque, a segnare come il “partorirai con dolore” di biblica memoria chi ne è investito, ma: “sarete sempre dei poveri comunisti”, a collegare la miseria eterna e l’eterna subalternità viste come espressione di bassezza morale di chi ne è vittima ad una scelta politica precisa, la quale, smontando e mettendo in discussione il sistema di valori per cui ricco = buona persona e povero = cattiva persona, cui sostituisce una visione di emancipazione del genere umano a partire all’emancipazione delle classi subalterne, si pone come assoluta alterità rispetto al classismo di chi giustifica la diseguaglianza ed il privilegio con le categorie morali di cui sopra, il cui fine ultimo sta nell’occultare la reale natura economica, politica e culturale che le determina come prodotto storico e non naturale.
“Sarete sempre dei poveri comunisti”, dunque, cioè: “Io e quelli come me, i quali deteniamo le leve del potere economico attraverso l’investimento ci cifre astronomiche in apparati di controllo sociale volti a non far pensare le masse con la propria testa, non permetteremo mai che si sviluppi un movimento di critica dell’esistente e saremo pronti ad intervenire con ogni mezzo, come abbiamo fatto con quello schifoso di Allende e con quelle zecche di Genova nel 2001, al fine di impedire l’avanzata del comunismo, minaccia per la stabilità e per il benessere dell’Occidente di fronte a cui non possiamo stara a guardare”.
“Sarete sempre dei poveri comunisti”. In fondo dobbiamo quasi ringraziarlo, perché per un istante ha mostrato la faccia vera, quella feroce, di quelle classi dirigenti il cui sovversivismo di gramsciana memoria fa sì che esse rifluiscano sempre su posizioni fasciste o autoritarie, qualora l’egemonia mediatica ed il controllo manipolatorio dell’opinione pubblica si rivelasse insufficiente a controllarne la pressione e l’avanzata come soggetto politico pensante. Saremo sempre dei comunisti, dunque, ma non saremo sempre poveri, proprio perché, in quanto comunisti, ci batteremo sino all’ultimo al fine superare la povertà materiale e morale in cui le classi dominanti, di cui la frase vomitata da Berlusconi è espressione, vogliono relegare le grandi masse di popolo, determinando in tutto il Pianeta una diseguaglianza economica ed ecologica tale da mettere in discussione l’esistenza stessa della specie umana, e forse vinceremo.
ENNIO CIRNIGLIARO
redazionale
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